Amianto grave minaccia per gli italiani

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Amianto – L’Italia è un Paese in cui si continua a morire di amianto. La conferma è giunta dal settimo Rapporto del registro nazionale dei mesoteliomi (Renam). Il dossier, realizzato dall’Inail incrociando i risultati dell’attività di sorveglianza epidemiologica svolta dai centri operativi regionali, ha preso in esame oltre 31.572 casi di mesotelioma maligno diagnosticati tra il 1993 e il 2018. Dall’analisi è emerso che la malattia, correlata nell’80% dei casi all’esposizione alle fibre di amianto disperse nell’aria, sta registrando la sua maggiore incidenza proprio in questi anni. Nonostante i primi segnali di riduzione del ritmo di crescita della neoplasia, vale a dire la crescita incontrollata di cellule anomale nei soggetti interessati, la media annua dei casi diagnosticati resta infatti alta, fra i 1.500 e i 1.800. Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna sono le regioni più colpite, concentrando da sole oltre il 56% dei casi.

Degli oltre 30.000 casi indagati, il rapporto ha ricostruito le modalità di esposizione per 24.864. Di questi, circa il 70% è collegato direttamente alle condizioni negli ambienti di lavoro. Il settore più coinvolto è l’edilizia (16,2% del totale), seguono metalmeccanica (8,8%) e cantieri navali (7,4%). Situazioni di esposizione sono però state riscontrate anche in settori non tradizionalmente considerati a rischio, dove però permangono latenti tracce di amianto: non solo impianti di raffinazione e petrolchimici, ma anche zuccherifici. Ci sono poi casi documentati di esposizione ad amianto tra i lavoratori dello spettacolo, in agricoltura per la presenza di manufatti in cemento-amianto, fra i meccanici di automobili per via di parti in amianto negli impianti frenanti di vecchia generazione. Come ha segnalato recentemente l’Osservatorio nazionale amianto, la situazione è critica anche nelle scuole, con 121 casi di mesotelioma riscontrati nel personale docente e non docente (dati Renam), 2.292 istituti interessati (dati 2021) e 356.900 studenti potenzialmente esposti. A questi vanno aggiunte altre 50.000 persone che lavorano negli edifici scolastici.

Proprio nel 2022 cadono i trent’anni dal varo, il 27 marzo del 1992, della legge 257 che ha introdotto il divieto di estrazione, importazione, commercializzazione e produzione di amianto e prodotti che contengono il materiale fibroso. La legge ha introdotto un programma di dismissione da portare a termine entro il 28 aprile del 1994, e predisposto parallelamente nell’articolo 10 dei Piani regionali amianto per la valutazione dei rischi, la gestione dei manufatti coinvolti e l’individuazione delle tipologie di interventi per le bonifiche. Negli anni questo impianto normativo è stato integrato, in particolare con l’indicazione di nuove regole per lo smaltimento e per definire una mappatura sempre più capillare e precisa dei siti contaminati. Su quest’ultimo aspetto è intervenuta, nella fattispecie, la legge 93 del 2001, che ha affidato al ministero dell’Ambiente il compito di coordinare la realizzazione del Piano nazionale amianto, stabilendo per le Regioni e le Province autonome l’obbligo di trasmettere al dicastero i propri dati entro il 30 giugno di ogni anno. Questo iter orientato alla condivisione dei dati è però andato incontro a vari ostacoli. Con il risultato che oggi esistono numeri relativamente aggiornati sulla presenza di amianto nel Paese, ma non si ha la certezza che siano reali. Dall’ultimo censimento della Banca dati amianto dell’Inail, aggiornato al 31 dicembre 2020, risultano 108.000 siti interessati, con 7.905 siti bonificati e 4.300 siti parzialmente bonificati. I Sin (siti di interesse nazionale) sensibili a questo rischio sono Broni- Fibronit (Pv), Priolo-Eternit Siciliana (Sr), Casale Monferrato-Eternit, Balangero-Cava Monte S. Vittore (To), Napoli Bagnoli-Eternit, Tito-ex Li-quichimica (Po), Bari-Fibronit, Biancavilla-Cave Monte Calvario (Ct), Emarese-Cave di Pietra (Ao), Officina grande riparazione Etr di Bologna.

Da sottolineare che l’’amianto è un minerale che, se respirato, provoca delle patologie alle vie respiratorie cancerogene. Ma se portato ad altissime temperature con dei processi chimici il minerale collassa, vetrifica e diventa completamente inerte con nessun impatto sulla salute.

Sul rischio amianto è tornato a richiamare l’attenzione nei mesi scorsi anche il Parlamento europeo raccomandando alla Commissione, attraverso una risoluzione del 20 ottobre 2021, di avviare iniziative mirate alla protezione dei lavoratori esposti alla fibra killer. Eppure, in Italia la questione non sembra prioritaria per il governo, che nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) all’argomento ha dedicato un solo accenno in riferimento agli investimenti nel parco agrisolare. La mission fissata dal Piano consiste nell’incentivare “l’installazione di pannelli a energia solare su di una superficie complessiva senza consumo di suolo pari a 4,3 milioni di m2, con una potenza installata di circa 0,43GW”, rimuovendo l’eternit dai tetti. È inoltre previsto un investimento di 500 milioni di euro da destinare alla bonifica dei siti orfani con l’obiettivo di riqualificarli. Misure a dir poco residuali al cospetto dell’emergenza che abbiamo di fronte.




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