Raffaello Sanzio “re di Spagna”

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Raffaello – Sua Maestà la Regina Letizia ha inaugurato presso il Palazzo Reale di Madrid l’esposizione “Rafael en palacio. Tapices para Felipe II” che, organizzata dal Patrimonio Nacional, va ad aggiungersi agli eventi che nel corso del 2020 hanno celebrato in tutto il mondo il V Centenario della morte di Raffaello Sanzio (1483 – 1520). La mostra è inoltre la prima esposizione temporanea che l’Istituzione ha aperto al termine delle restrizioni dovute all’emergenza sanitaria.
“Rafael en palacio. Tapices para Felipe II” è allestita nella Galleria del Palazzo Reale di Madrid, uno spazio coerente con la monumentalità e la struttura architettonica dell’arazzo “Gli echi degli Apostoli” di Raffaello, in cui si presenter° per la prima volta la sequenza completa della serie apostolica della collezione di Felipe II e i passaggi narrativi che la integrano: il ciclo di San Pietro, principe degli apostoli e vicario di Cristo, e quello dedicado a San Paolo, l’apostolo dei gentili.
La Regina Letizia, al suo arrivo al Palazzo Reale, è stata ricevuta dal presidente del Consiglio di Amministrazione del Patrimonio Nacional, Llanos Castellanos, dal ministro della Cultura e dello Sport, José Manuel Rodríguez Uribes, dal Nunzio Apostolico della Santa Sede, Bernardito Auza, dall’ambasciatore della Repubblica Italiana in Spagna, Riccardo Guariglia, e dall’ambasciatore del Regno del Belgio in Spagna, Gerard Cocks.
È quindi iniziata la visita alla mostra, che si compone di nove pannelli ed è una riedizione di quella già esposta al Vaticano, commissionata da Leone X, detto anche “Principe dei pittori” nel 1514 per la Cappella Sistina.
Gli arazzi in mostra furono tessuti a Bruxelles intorno al 1550 e successivamente acquistati da Filippo II e costituiscono oggi la serie meglio conservata, poiché quelli di altri monarchi come Francesco I di Francia o Enrico VIII d’Inghilterra non sono sopravvissuti al passare del tempo.
La mostra rimarrà aperta al pubblico, con ingresso libero, sino al mese di aprile 2021.


In occasione della mostra, il Patrimonio Nacional ha pubblicato una monografia dal titolo “Tapices de Rafael para la Corona de España”, ovvero “Arazzi di Raffaello per la Corona di Spagna”, in cui vengono approfondite le serie di arazzi di Raffaello conservati nelle Collezioni Reali, offrendo anche un’ottima documentazione grafica degli stessi. Il volume è stato realizzato con l’ambizione di diventare l’opera di riferimento sugli arazzi di Raffaello conservati dal Patrimonio Nacional, andando olterl’idea del catalogo di una mostra temporanea.
La Collezione reale di arazzi spagnola, gestita e amministrata dal Patrimonio Nacional, è considerata unica al mondo per il numero di pezzi che raccoglie: più di 500 esempi eccezionali di eccellente produzione manifatturiera fiamminga rinascimentale e barocca e più di 800 tessuti della significativa manifattura spagnola del XVIII secolo.
Il Patrimonio Nacional offre la possibilità di visitare virtualmente la mostra attraverso il proprio sito web, mettendo a disposizione degli utenti diversi strumenti multimediali. Nel microsito progettato appositamente per l’esposizione di Raffaello è possibile scoprire attraverso un video i passaggi che hanno portato il Patrimonio Nacional all’organizzazione della mostra: dal trasferimento degli arazzi dal magazzino alla Galleria passando per la loro installazione e i dettagli che ogni arazzo nasconde. È stata anche prodotta un’audioguida virtuale con la quale i visitatori potranno conoscere le storie dietro ciascuna deelle opere della serie e i personaggi che ne sono protagonisti. Infine, il sito ospita uno spazio con guida didattica dedicato alle scuole, in modo che queste possano lavorare con i loro studenti sul colore e sulla prospettiva, due degli elementi su cui Raffaello si è basato per comporre ciascuno degli arazzi in mostra.

Raffaello Sanzio (1483-1520), formato nella bottega del padre Giovanni Santi, cresce a Urbino nel fervido clima culturale della corte dei Montefeltro.
Dopo le premature morti dei genitori, Raffaello entra in contatto con Perugino, lavora a Città di Castello e a soli quindici anni dimostra piena padronanza nella gestione della bottega paterna. A inizio ‘500, il giovane è già tra gli artisti più richiesti in Umbria; dopo brevi soggiorni a Firenze e Roma, raggiunge Pinturicchio (1454-1513) a Siena e realizza per l’amico alcuni cartoni destinati agli affreschi della Libreria Piccolomini. Nel 1504, anno del celebre Sposalizio della Vergine, si trasferisce a Firenze, la vicinanza di Leonardo e Michelangelo è visibile nelle straordinarie opere di devozione privata e nei ritratti per ricchi borghesi. Nel 1507, realizza la Deposizione Baglioni, altra svolta repentina verso i futuri esiti degli anni romani.
Dalla fine del 1508, Giulio II lo chiama a Roma e qui, Raffaello, con una scelta squadra di collaboratori, crea i celeberrimi capolavori fra cui le Stanze e le Logge Vaticane, la Loggia di Psiche a Villa Chigi, nonché cicli di arazzi per papa Leone X. Dopo la morte dell’amico Bramante, nel 1514, il pittore eredita l’incarico di architetto capo per la fabbrica di San Pietro, progetta la Cappella Chigi (Santa Maria del Popolo) e Villa Madama. Con atteggiamento da archeologo, Raffaello si occupa anche degli scavi dell’antica Roma, iniziando a censire il patrimonio sotterrato. Tra le ultime opere, il ritratto della sua amata, la Fornarina e la Trasfigurazione, una grande pala d’altare terminata dal suo aiuto più fidato, il pittore Giulio Romano (1499-1546). Alla sua morte, come ricorda il Vasari, l’opera fu portata dai suoi allievi davanti al letto. Per suo volere, Raffaello fu sepolto al Pantheon di Roma.

Il rigore prospettico e l’armonia mentale dei dipinti di Piero della Francesca, la minuziosa attenzione alla realtà dell’arte fiamminga, l’architettura complessa e calibrata di Luciano Laurana, che ad Urbino dà forma, insieme a Francesco di Giorgio Martini, al Palazzo Ducale, con il suo cortile d’onore definito da Cesare Brandi “una delle espressioni più compiute del Rinascimento, dove si respira un’aura così vicina all’idea di divenire essa stessa idea”. La corte di Federico da Montefeltro (1422-1482) e del suo successore Guidobaldo (1472–1508), ricca di bellezza, esempio di buon governo, è il luogo dove si compenetrano tendenze artistiche diverse e alcune di queste correnti, sono tra le più feconde della cultura italiana della seconda metà del ‘400. E’ in questo contesto di città ideale, centro propulsore della cultura matematica del tempo, che si forma la visione artistica di Raffaello, un’eredità sempre sottesa e percepibile nell’universo espressivo del divin pittore anche quando il suo stile evolverà verso la maniera moderna.
La documentazione notarile conservata nell’Archivio di Stato di Urbino ha consentito di ricostruire i contatti che Raffaello mantenne con la città natale anche quando era ormai impegnato altrove. Alcuni atti, in particolare, dimostrano la viva attenzione che l’artista mantenne nei confronti della casa e della bottega artistica avviata da Giovanni Santi. Con un decreto del 1873, la dimora rinascimentale diventa sede dell’Accademia Raffaello, un’istituzione sorta per tutelare la memoria della casa nativa e per custodire le innumerevoli testimonianze del mito che in varie epoche ha accompagnato la figura di Raffaello.

Antonio Forcellino, scrittore, architetto e restauratore, è uno studioso del Rinascimento di fama europea. Ha inoltre seguito il restauro di opere complesse come il Mosé di Michelangelo e l’Arco di Traiano. In questi ultimi anni, ha pubblicato la trilogia Il secolo dei giganti dedicata ai grandi nomi del Rinascimento: da Leonardo (Il cavallo di bronzo, HarperCollins, 2018), a Michelangelo (Il colosso di marmo, HarperCollins, 2019), fino a Raffaello (Il fermaglio di perla. La grazia di Raffaello, HarperCollins, 2020), raccontato nei suoi anni di soggiorno a Roma. Dalla sua opera emergono alcun curiosità su Raffaello tutte da narrare.

L’infanzia di Raffaello è anomala per l’epoca in cui è vissuto, non solo perché nasce da una famiglia agiata, ma soprattutto perché riceve dei genitori amorevoli attenzioni. Qui, Forcellino racconta i primi legami affettivi del piccolo Raffaello; lo speciale rapporto con la madre, Maria di Battista di Nicola Ciarla, segnerà profondamente le future relazioni dell’artista con le donne. Infatti, seguendo gli insegnamenti innovativi del pedagogo Vittorino da Feltre, la signora allatterà il bambino fino all’età di due anni, in un’epoca in cui nella media borghesia italiana i piccoli erano affidati alle balie. La presenza attiva e gli stimoli del padre Giovanni Santi, inoltre, critico d’arte e pittore piuttosto affermato, sono quotidiani nella bottega che affaccia nel cortile di casa, dove Raffaello apprenderà i primi rudimenti dell’arte. L’infanzia felice fu presto stroncata: a otto anni perdeva tragicamente la madre e a undici, subiva la dipartita del padre.

Acuto osservatore, fin da giovanissimo, cattura le novità dai grandi maestri a lui contemporanei, ne studia e apprende le tecniche migliorandone, a volte, i risultati come nello Sposalizio della Vergine (1504). Durante il soggiorno a Firenze (1504-1508), Raffaello appaga la ricca clientela del mercato fiorentino con opere devozionali. Nel 1508, chiamato a Roma da Giulio II (1503-1513) dopo i primi saggi artistici, convince il pontefice che può fare da solo, ma non licenzia nessuno come fa Michelangelo nella Cappella Sistina, anzi, coinvolge e istruisce una squadra. Con l’elezione del papa Medici, Leone X (1513-1521), Raffaello deve gestire una grande quantità di commesse, ma grazie allo sguardo selettivo ereditato dal padre, ingaggia artisti specializzati e formati in qualità di collaboratori, per soddisfare tutti i clienti con la stessa raffinata particolarità della sua arte.

Molte fonti, in primis quella autorevole del Vasari, sostengono che l’apprendistato di Raffaello ebbe luogo nella bottega di Pietro di Cristoforo Vannucci, noto come Perugino (1448-1523). Negli ultimi anni, un importante confronto tra storici dell’arte e studiosi come Forcellino, ha restituito alla figura del padre Giovanni Santi maggior rilievo. Alcuni documenti infatti, dimostrano che Raffaello a diciassette anni era in grado di dirigere una bottega, occupandosi anche di aspetti legali e amministrativi. Secondo Forcellino, Raffaello frequentò Perugino con il solo scopo di studiarne le tecniche e poi superarle, dimostrando così ai suoi committenti di essere un pittore ben più valente. Un esempio eclatante, fu la commissione dello Sposalizio della Vergine (1504); Raffaello fece esplicito riferimento allo stesso soggetto del Perugino, riproponendo lo spazio e la struttura compositiva, ma cambiò e migliorò ogni singolo dettaglio.

Antonio Forcellino racconta come Raffaello seppe cogliere l’essenza femminile, più di ogni altro pittore a lui contemporaneo. Nei ritratti rinascimentali, la donna è quasi sempre oggetto del desiderio dell’uomo; per Raffaello invece, essa manifesta una propria intelligenza e consapevolezza che risuona nell’eros dell’immagine. In quest’ottica, le figure femminili dell’artista sono le prime donne moderne del mondo occidentale. Spesso, le donne che Raffaello ha ritratto sono figure importanti che provengono dalle corti, luoghi dove era loro permesso l’accesso alla cultura, alla lingua italiana, latina e spesso anche greca. Nei ritratti di Raffaello quindi, si impone una femminilità nuova, quasi ribelle, che sprigiona il valore e la virtù profonda che proviene dall’essere donna.

Un personaggio chiave per capire il successo di Raffaello è Agostino Chigi (1466-1520). Ricco banchiere di Siena, borghese scaltro e intelligente, Chigi finanzia sanguinose imprese belliche, presta soldi ai papa Alessandro VI, Giulio II e Leone X, ma è anche uomo di lettere e capisce l’arte. Il banchiere fece costruire Villa Chigi (oggi Farnesina), una residenza suburbana nel cuore di Trastevere, da uno dei più affermati architetti del momento, il toscano Baldassarre Peruzzi (1481-1536), e affidava la decorazione a grandi artisti fra cui lo stesso Peruzzi e Raffaello, autore della Galatea (1511-12) nella loggia di Amore e Psiche. A Villa Chigi lavorarono Sebastiano del Piombo (1485-1547), Giovanni da Udine (1487-1561), Giulio Romano (1499-1546), il Sodoma (1477-1549) e Giovan Francesco Penni (1488-1528). Raffaello inoltre, riceve da Chigi il suo primo incarico da architetto per edificare le stalle accanto alla villa. Nella Cappella Chigi, della Basilica di Santa Maria della Pace, infine, Raffaello dipinse le Sibille (1515), un ciclo di affreschi ai vertici della pittura Rinascimentale.

Figura fondamentale per lo sviluppo dall’arte del Rinascimento, Giuliano della Rovere eletto papa Giulio II che, nel 1508, chiamava Raffaello a Roma. Michelangelo (1475-1564) era già impegnato negli affreschi della Cappella Sistina, mentre Bramante, era il primo architetto di Giulio II. Appena Raffaello mostra le sue doti pittoriche, diventa l’artista prediletto del papa che gli affida le Stanze Vaticane. Nel 1514, alla morte di Bramante, papa Leone X sostituisce l’architetto nominando Raffaello alla fabbrica di San Pietro e contemporaneamente, gli affida l’incarico di ricostruire la pianta dell’antica Roma imperiale. La città in quegli anni si rinnova, pullula di artisti e commesse e la politica fa la sua parte. Quando, Agostino Chigi chiede a Raffaello di occuparsi della sua villa a Trastevere, era già all’opera Sebastiano del Piombo che, messo da parte, inizia un confronto di accesa rivalità con l’urbinate.

L’architetto Donato Bramante (1444-1514) riveste un ruolo importantissimo per Raffaello. Nato 39 anni prima del nostro pittore, vicino a Urbino, entrambi si formano in uno dei maggiori centri della cultura italiana del XV secolo. Giunto a Roma da Milano nel 1499, secondo Giorgio Vasari, fu Bramante a suggerire a papa Giulio II il nome di Raffaello e da quel momento, fino alla sua morte, l’architetto agirà come mentore del giovane. Tra i due la collaborazione è immediata, non solo Bramante gli insegna i rudimenti dell’architettura, ma alla sua morte sarà lui a designare Raffaello successore del non finito progetto per San Pietro. Fra le molte opere di Bramante a Roma, il Cortile di Belvedere in Vaticano, il Chiostro di Santa Maria della Pace e intorno al 1510, Palazzo Caprini (distrutto nel XVII secolo), per anni detto il Palazzo di Raffaello, o meglio, la casa perché questa fu l’ultima residenza dell’artista dove morì.




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