Bangladesh: cresce la paura dopo gli attentati

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Un commando dell’Isis ha preso di mira un popolare caffé nella zona diplomatica della capitale Dacca, prendendo decine di ostaggi, soprattutto stranieri, tra i quali nostri connazionali.

Le forze di sicurezza hanno compiuto un blitz nel locale uccidendo 6 terroristi e arrestando un settimo ma ci sono 20 morti tra gli ostaggi, tutti stranieri. “Ne abbiamo potuti salvare solo 13”, spiegano le autorità di Dacca secondo le quali “la maggior parte delle vittime sono italiane o giapponesi”.

I sopravvissuti, tra i quali almeno due giapponesi e un cittadino dello Sri Lanka, raccontano che il commando ha torturato e poi ucciso le persone che ammettevano di non conoscere il Corano usando anche dei machete.

“Molti dei civili all’interno del caffè di Dacca sono stati uccisi dagli assalitori con lame affilate”, sottolinea l’esercito bengalese.

“Chi sapeva recitare versi del Corano è stato risparmiato dai jihadisti, gli altri sono stati torturati”, ha raccontato uno dei 13 ostaggi tratto in salvo dal locale. A riferirlo è stato Rezaul Karim, padre di Hasnat Karim, tenuto in ostaggio dentro l’Holey Artisan Bakery per oltre dieci ore.

“Gli assalitori non si sono comportati male con i connazionali del Bangladesh – ha continuato Rezaul Karim – controllavano la religione, chiedevano a ognuno di recitare versi del Corano. Quelli che sapevano recitarli venivano risparmiati, gli altri torturati”.

Dopo l’attentato di Dacca, siamo molto preoccupati per la crescita del terrorismo. Questi atti terroristici sono un danno per il paese e per la sua immagine all’estero. La situazione che viviamo è davvero difficile”: lo dice all’Agenzia Fides p. Dilip Costa, Direttore del Pontificie Opere Missionarie in Bangladesh, commentando l’ultimo episodio che ha scosso il paese: le forze speciali hanno fatto irruzione mettendo fine con un blitz all’azione di un gruppo terroristico che teneva in ostaggio diversi stranieri in un ristorante di Dacca. Il bilancio è di almeno 20 morti e diversi feriti.
P. Costa, impegnato come docente al Seminario di Dacca e collaboratore di una parrocchia locale, descrive a Fides l’atmosfera nel paese:” E’ vero che la maggior parte dei musulmani condanna atti come questo e che i gruppi radicali sono minoritari. Ma i pericoli ci sono e anche noi cristiani li avvertiamo, dato che vi sono stati attacchi anche contro luoghi cristiani e missionari. Il governo dice di fare del suo meglio, ma evidentemente non è abbastanza per fermarli. Non sappiamo quanto diretto e concreto sia il legame dei gruppi radicali e violenti locali con lo Stato Islamico in Medio Oriente, ma certo questo è un rischio che corriamo”, aggiunge il Direttore.
Le istituzioni cristiani sonio protette dalla polizia ma “tutte le minoranze vivono ino stato di paura e non sappiamo dove questa precaria situazione condurrà la nazione. Come cristiani preghiamo e continuiamo la nostra missione soprattutto con le opere sociali”, conclude




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