COLOSSAL BIOSCIENCES OBIETTIVO RIPORTARE IN VITA DODO

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DODO – Povero dodo. Alla fine del diciassettesimo secolo i coloni olandesi con il loro seguito di cani, gatti e ratti spazzarono via gli uccelli dalle Mauritius, la loro terra d’origine. Nei secoli a venire, diverse generazioni successive hanno poi trasformato questo animale in carne e incapace di volare in una barzelletta. Nel tempo l’uccello ciondolante è diventato sinonimo di goffaggine e obsolescenza. Bastava guardarlo d’altronde: in fondo, era destino che si estinguesse.

Ovviamente non è così: è stata tutta colpa nostra. Il dodo si era adattato perfettamente al suo ambiente. Sono stati gli esseri umani a rovinare tutto con la caccia, gli stermini e i saccheggi. Ora però una startup di biotecnologie chiamata Colossal biosciences sta cercando di porre rimedio ai peccati di cui l’umanità si è macchiata passato. Il suo nuovo obiettivo è quello di de-estinguere il dodo.

Se la creazione di un dodo funzionale valga effettivamente come de-estinzione è un tema oggetto di dibattito. Ciononostante il progetto ha comunque suscitato l’interesse degli investitori. In concomitanza dell’annuncio sul dodo, Colossal ha reso noto di aver ottenuto un round di finanziamenti da 150 milioni di dollari, che portano il totale dei fondi a disposizione della startup a 225 milioni di dollari. Si tratta di una cifra importante nel settore della conservazione, soprattutto per una startup di biotecnologie con appena 83 dipendenti. Per fare un paragone, Sierra Club, un’organizzazione no-profit statunitense che si occupa di conservazione, ha raccolto circa 100 milioni di dollari in donazioni nel 2021.

Lo scheletro di un dodo

Ad ogni modo, la de-estinzione del dodo non avverrà da un giorno all’altro. Nel 2021 George Church ha dichiarato a Stat News che il progetto di Colossal per resuscitare il mammut potrebbe richiedere sei anni solo per “produrre” un vitello, e altri 10-12 anni affinché l’animale raggiunga la maturità sessuale. Dal momento che la resurrezione del dodo presenta tutta un’altra serie di sfide – che approfondiremo più avanti – è plausibile immaginare che anche questo progetto abbia bisogno di diverso tempo. Nonostante possa contare su un sostegno significativo da parte dei suoi finanziatori, Colossal dovrà anche trovare altri altri modi per generare profitti. Ed è qui che l’azienda inizia ad assomigliare molto meno a un’impresa votata a un’idea folle e molto più a una tradizionale startup biotecnologica.

Attività collaterali

Il cofondatore di Colossal Ben Lamm sostiene che l’obiettivo della startup non è solo la de-estinzione. Nei piani c’è anche la creazione di altre startup e tecnologie che possano contribuire a finanziare le attività dell’azienda, e magari a raccogliere profitti. Nel settembre 2022, Colossal ha dato vita alla sua prima startup, Form Bio, che è stata lanciata con un finanziamento da 30 milioni di dollari. Form Bio sta sviluppando una piattaforma software progettata per aiutare gli scienziati a gestire set di dati grandi e complicati, che potrebbe essere utile per la scoperta di nuovi farmaci, la terapia genica e la ricerca accademica.

Lamm sottolinea che non è detto che Colossal fondi una nuova società ogni anno, e che uno degli obiettivi della startup è capire come la sua tecnologia possa essere utilizzata anche per scopi diversi dalla de-estinzione. Colossal ha un team dedicato allo sviluppo del prodotto e si riunisce due volte al mese con i suoi biologi per cercare di capire quali elementi del lavoro dell’azienda potrebbero essere trasformati in nuove società o piattaforme tecnologiche.

È un’idea sensata. La de-estinzione di un’intera specie richiederà progressi in tutti i settori: editing e sequenziamento dei geni, uteri artificiali e così via. L’obiettivo di Lamm è che ogni tecnologia sviluppata da Colossal abbia potenziali applicazioni – e clienti paganti – anche nel mondo della sanità umana: “È fondamentale per la nostra strategia tecnologica“, spiega.

Di sicuro le nuove aziende che potrebbero nascere da Colossal spiegano almeno in parte l’entusiasmo dei venture capitalist nei confronti della de-estinzione. Il flusso di investimenti verso le biotecnologie, tuttavia, potrebbe cambiare in modo sottile il modo in cui pensiamo alla conservazione: dovremmo lasciare le specie in pace oppure modificarle come intende fare Colossal, in modo che possano sopravvivere in un mondo creato dall’uomo? Secondo Ronald Sandler, professore di filosofia e direttore dell’Ethics Institute della Northeastern University di Boston, il flusso di risorse nel settore potrebbe modificare le pratiche di conservazione.

C’è una nuova serie di potenziali strumenti, possibilità e opportunità“, afferma Sandler. Quello che ancora non è chiaro è se questi nuovi mezzi affrontino effettivamente le cause che ci hanno portato a ritrovarci nel bel mezzo di un evento di estinzione di massa, o se invece si limitino a proporre una panacea tecnologica per risolvere il problema (che, ricordiamo, è il consumo eccessivo di risorse da parte degli esseri umani). “C’è il rischio di perdere di vista il vero problema“, dice Sandler.

Oltre alle spinose questioni filosofiche, Colossal deve fare i conti anche con la sfida scientifica di resuscitare una specie di uccelli estinta. La de-estinzione degli uccelli comporta alcune complessità particolari, in quanto accedere alle informazioni genetiche contenute all’interno degli embrioni di uccelli è molto più difficile. Colossal però punta a modificare le cellule che si trasformano in ovociti o spermatozoi, per poi impiantarle in embrioni di uccelli in fase di sviluppo. Il nuovo uccello crescerà con cellule uovo o spermatozoi che racchiudono la ricetta genetica di un dodo funzionale, o perlomeno di un animale che gli si avvicini. Gli scienziati possono quindi allevare questi uccelli con la speranza di “produrre” un esemplare che assomigli al dodo.

Il lavoro della startup sui dodo si basa sulla ricerca di Beth Shapiro, paleogenetista capo di Colossal e docente alla UC Santa Cruz. Nel 2022 Shapiro è riuscito a produrre il primo genoma completo del dodo: “Giusto o sbagliato che sia, il dodo è il simbolo dell’estinzione causata dall’uomo“, afferma. Per resuscitarlo sarà necessario lavorare sul suo parente più stretto, il piccione delle Nicobare, che vive su isole e coste nel sud-est asiatico.

È possibile. Ma c’è anche il rischio che la tecnologia di de-estinzione si riveli soltanto la versione moderna di uno dei problemi più annosi nel settore della conservazione: il fatto che alcune specie carismatiche vengano salvate mentre il resto della natura brucia. Non deve essere per forza così. Il sequenziamento genetico è uno strumento potente che può venire in soccorso degli esperti di conservazione, in un momento in cui il mondo ha un disperato bisogno di capire meglio il regno animale. Magari saranno le parti del lavoro di Colossal che fanno meno notizia quelle che finiranno per avere l’impatto maggiore.