Edward Whymper il conquistatore del Cervino

518

Whymper

Di professione disegnatore ed incisore, nell’estate del 1860, appena ventenne e senza alcuna preparazione alpinistica, Whymper visitò le Alpi francesi della Savoia, più che altro allo scopo di ritrarne alcune vedute paesaggistiche, improvvisandosi alpinista e tentandovi la scalata del Monte Pelvoux, che conquistò l’estate successiva. Instancabile ed eccezionale camminatore, percorse a piedi le Alpi nord-occidentali, scalando anche cime importanti del gruppo del Monte Bianco, finché divenne vittima del fascino del monte Cervino, vetta allora ancora inviolata nonostante numerosi tentativi da parte di altri alpinisti dell’epoca, tra i quali il naturalista ed alpinista John Tyndall.

Negli anni successivi, Whymper tentò per sei volte la scalata alla vetta del Cervino dal versante italiano, alcune volte facendosi accompagnare da Jean-Antoine Carrel, un cacciatore e guida alpina di Valtournenche, finché il 14 luglio 1865, sospettando che il Carrel stesse organizzando (come in effetti stava avvenendo) un tentativo italiano alla vetta (voluto da Quintino Sella), improvvisò una cordata con la guida francese Michel Croz, con cui aveva già avuto occasione di conquistare varie cime tra cui la Barre des Écrins, le guide di Zermatt Taugwalder padre e figlio, e i connazionali Lord Francis Douglas, Douglas Robert Hadow e il reverendo Charles Hudson.

La cordata raggiunse abbastanza facilmente la cima seguendo la cresta dell’Hörnli, ritenuta sino ad allora ben più difficile ma in realtà molto più semplice a causa dell’orientamento delle stratificazioni delle rocce che ne consentono la salita come su per una scala. Gli alpinisti partirono alle 5:35 del 13 luglio da Zermatt, e intorno a mezzogiorno piantarono una tenda alla base della cresta, intorno a 3.352 m (11.000 piedi). Ripartirono prima dell’alba del 14 luglio e proseguirono agevolmente fino a circa 4.267 m (14.000 piedi) dove la cresta diveniva più ripida e difficile e il gruppo fu costretto a salire con maggiore prudenza. Alle 13:40, dopo meno di dieci ore dalla partenza, raggiunsero la vetta. Dopo essersi fermati per un’ora, intrapresero la discesa, questa volta legati. Poco dopo aver iniziato la discesa, nello stesso tratto impegnativo trovato in salita, il più debole ed inesperto Hadow travolse Croz, che era in testa alla cordata. Il peso dei due trascinò nel baratro anche Douglas e Hudson. Whymper e i due Taugwalder riuscirono a resistere ma la corda si spezzò e i quattro precipitarono.[1] “Impossibile” fu l’ultima parola gridata da Croz. La tragedia appannò di lutto la conquista di quella allora considerata la cima più ardua delle Alpi. Seguì un processo a Zermatt nel quale la causa della tragedia venne attribuita alla rottura di una corda. Il fatto, ampiamente riportato dai giornali inglesi dell’epoca, anche perché tre delle vittime erano cittadini inglesi, generò grande attenzione non solo negli ambienti alpinistici. Per esempio ci fu chi, in Inghilterra, arrivò a proporre il bando delle attività alpinistiche perché ritenute oltremodo pericolose.

Ma riviviamo la storia della scalata dei record, quella del Cervino.

All’una e quaranta del pomeriggio del 14 luglio 1865, 150 anni fa (quasi 151), l’alpinista inglese Edward Whymper e la guida alpina francese Michel Croz raggiunsero la vetta del Cervino, una delle montagne più alte delle Alpi, e tra le più famose e belle del mondo. Whymper e Croz avevano guidato una spedizione composta da altri tre alpinisti: Douglas Hadow, Lord Francis Douglas e il reverendo Charles Hudson, più due guide svizzere, Peter Taugwalder padre e Peter Taugwalder figlio. Erano partiti il giorno prima dalla cittadina svizzera di Zermatt e avevano raggiunto la vetta scalando la Cresta dell’Hörnli. Nel giro di poche ore quattro dei sette membri della spedizione sarebbero morti, precipitando per oltre mille metri dopo una caduta fortuita di Hadow, il più giovane e inesperto del gruppo. Quella che era stata l’ultima grande impresa dell’epoca della conquista delle Alpi fu anche la prima grande tragedia dell’alpinismo.

Il Cervino – Matterhorn, in tedesco – è una montagna di 4478 metri al confine tra Valle d’Aosta e Svizzera: è la sesta vetta più alta delle Alpi, se non si contano i satelliti del massiccio del Monte Bianco e del Monte Rosa, ed è tra le montagne più riconoscibili e famose del mondo. Per molto tempo fu considerata impossibile da scalare, e gli abitanti dei paesi che la circondavano avevano inventato un gran numero di leggende spaventose sul suo conto. Nella cosiddetta “fase di conquista” dell’alpinismo, quella in cui l’obiettivo era raggiungere per primi una cima mai salita da nessuno, il Cervino fu lasciato per ultimo per via della sua difficoltà. Tra il 1786, data della prima ascensione al Monte Bianco, e il 1865, quando Whymper salì il Cervino, erano state raggiunte le vette di tutti i più importanti quattromila delle Alpi, dal Monte Rosa alle Grandes Jorasses. Ma in quei quasi ottant’anni era cambiata la natura della disciplina: se le prime spedizioni avevano soprattutto obiettivi scientifici, con la conquista del Cervino si affermò definitivamente l’alpinismo fine a se stesso, inteso come atto sportivo.

La Cresta dell'Hörnli, sul versante svizzero del Cervino. (Chris Wallberg/picture-alliance/dpa/AP Images)
La Cresta dell’Hörnli, sul versante svizzero del Cervino. (Chris Wallberg/picture-alliance/dpa/AP Images)

I primi tentativi di salita del Cervino di cui si ha conferma risalgono al 1857 ed ebbero come protagonista Jean-Antoine Carrel, un cacciatore italiano di Avouil, un paese vicino al comune di Valtournenche, proprio sotto il Cervino, che era chiamato dagli abitanti “Grande Becca”. Carrel era soprannominato Bersagliere perché aveva combattuto nelle Guerre d’Indipendenza, e tra gli anni Cinquanta e Sessanta dell’Ottocento, in quanto grande conoscitore delle valli attorno al Cervino, accompagnò i primi avventurieri presi dall’idea di scalare la montagna, tra la diffidenza e l’incredulità degli altri abitanti del luogo.

Fra il 1857 e il 1865 la salita al Cervino dal versante italiano, scalando la cosiddetta Cresta del Leone, fu tentata quindici volte, tutte senza successo. In quel periodo la maggioranza degli alpinisti era composta da ricchi borghesi europei, che si appassionavano alle Alpi e reclutavano guide locali – solitamente cacciatori e pastori del luogo – per farsi accompagnare in cima alle montagne. Tra questi c’era il londinese Edward Whymper, un incisore che si innamorò delle Alpi durante un viaggio in Savoia, e che a partire dal 1861 tentò diverse volte di raggiungere la vetta del Cervino. Nel 1862, durante una di queste spedizioni in cui era partito completamente solo, era caduto in un canalone ed era ritornato all’albergo coperto di sangue. Carrel e Whymper si conoscevano e si rispettavano, e avevano tentato più volte di scalare il Cervino insieme, sempre dal versante italiano – quello sud-ovest – e sempre senza successo.

Nell’estate del 1865 Whymper era sulle Alpi: aveva solo 25 anni ma nei cinque anni precedenti aveva già collezionato una serie di ascensioni notevoli, e si era guadagnato la fama di bravissimo alpinista. Il suo compagno di scalate preferito era Michel Croz, la più brava e richiesta guida alpina di Chamonix: quell’anno iniziarono la stagione presto, perché Croz doveva lavorare con altri clienti a luglio. Il 24 giugno Whymper e Croz, insieme alle guide Christian Almer e Franz Biener, salirono per primi le Grandes Jorasses; il 29 giugno, un paio di giorni dopo che Croz aveva abbandonato il gruppo, conquistarono la cima dell’Aguille Verte: i due quattromila del massicio del Monte Bianco erano tra le ultime grandi montagne inviolate delle Alpi. Whymper però voleva assolutamente salire il Cervino e sempre a piedi, attraversando colli e ghiacciai, arrivò in Valtournenche, dove dovette congedare Almer e Biener, perché nonostante fossero guide esperte e coraggiose non credevano fosse possibile salire il Cervino. Whymper fu allora costretto a chiedere di salire con lui a Carrell, che però gli disse di essere impegnato nei giorni seguenti ad accompagnare dei clienti.

Il 10 luglio, mentre si trovava in albergo, Whymper scoprì che Carrell era in realtà partito con una spedizione italiana per cercare di scalare il Cervino: il tentativo era stato organizzato da Quintino Sella, allora ministro delle Finanze del Regno d’Italia e cofondatore del Club Alpino Italiano, che voleva che l’ultima vetta delle Alpi fosse conquistata dagli italiani, dopo che la montagna piemontese più famosa, il Monviso, era stata salita dall’inglese William Mathews nel 1861 (accompagnato, tra gli altri, da Michel Croz).

Whymper si arrabbiò moltissimo quando scoprì di essere stato raggirato, ma guardando con il cannocchiale il gruppo di Carrell e considerando il meteo non ottimale, capì che poteva ancora riuscire a conquistare per primo il Cervino: doveva però tentare la salita dal versante Est, quello svizzero, che aveva percorso solo una volta, qualche settimana prima, in uno dei tanti tentativi falliti. Partì quindi subito per andare a Zermatt e arrivato all’albergo Mont Rose, dove stava cercando una guida locale, incontrò Croz, che era stato abbandonato dal suo cliente che non si era sentito bene. Croz stava a sua volta per partire per una spedizione al Cervino, e Whymper si unì al gruppo: gli altri clienti erano tutti britannici e tra loro c’erano Lord Francis Douglas e il reverendo Charles Hudson, entrambi esperti alpinisti. Ad accompagnarli c’era poi anche la guida svizzera Peter Taugwalder con i suoi due figli. L’unico membro della spedizione di cui Whymper non si fidava era il diciannovenne Douglas Hadow, ma fu rassicurato dal reverendo Hudson, che garantì per lui.

Il 13 luglio gli otto partirono per salire la cresta dell’Hörnli, e nel pomeriggio raggiunsero quota 3350 metri, dove piantarono la tenda. Il giorno dopo uno dei figli di Taugwalder, che servivano da semplici portatori, lasciò il bivacco e tornò a valle, mentre gli altri sette partirono per il tratto finale della salita, quello più impegnativo. L’attrezzatura dell’epoca era composta da scarponi chiodati (i ramponi da ghiaccio non erano stati ancora inventati), corde di canapa, piccozze simili a delle accette e “alpenstock”, dei lunghi bastoni con una punta ferrata. Dopo qualche ora di salita poco difficile, gli alpinisti guidati da Croz arrivarono sotto una sporgenza rocciosa verticale, allora invalicabile. Deviarono sulla destra, spostandosi dalla cresta alla parete nord, e dopo un breve tratto impegnativo, tra roccia e ghiaccio, si riportarono sulla cresta, pochi metri sotto la vetta. Whymper e i suoi compagni temevano che la spedizione italiana, che ormai era partita da quattro giorni, fosse già arrivata in cima: Croz e Whymper si slegarono e corsero fino alla vetta, senza trovare né orme sulla neve né altre tracce: toccarono la punta del Cervino contemporaneamente. «Alle tredici e quaranta il mondo era ai nostri piedi. Hurrà!», scrisse Whymper nel suo resoconto della salita. Si affacciarono sul versante italiano e videro poche centinaia di metri più in basso gli alpinisti italiani: si misero a gridare e provocarono una piccola frana, per avvertire Carrell che li avevano battuti. Rimasero lassù circa un’ora – la spedizione di Carrell invece, delusa e amareggiata, tornò indietro a Valtournenche – durante la quale piantarono il bastone della tenda a cui appesero la giacca di Croz, e si prepararono a tornare a valle.

In uno dei più bei film di montagna degli ultimi anni, La morte sospesa, che racconta di un incidente alpinistico accaduto nel 1985 sul Siula Grande, una vetta delle Ande, il protagonista Joe Simpson dice che «l’ottanta per cento degli incidenti avviene durante la discesa». Il gruppo di Whymper decise che il primo a scendere sarebbe stato l’esperto Croz, seguito da Hadow – quello che aveva incontrato più difficoltà in salita, e il più stanco – e poi da Hudson, da Douglas e da Taugwalder padre: a quei tempi ci si legava l’uno con l’altro – alla vita, non esistevano gli imbraghi – e si procedeva “in conserva”, tutti allo stesso passo.

Per il primo tratto della discesa Whymper e Taugwalder figlio si legarono tra di loro, staccati dagli altri, ma dopo poco tempo Douglas chiese che Whymper si legasse al vecchio Taugwlader, preoccupato che in caso di caduta non sarebbe riuscito a tenere gli altri. Il gruppo procedeva lentamente e Croz doveva continuamente sistemare i piedi a Hadow, esausto e insicuro, cercando di aiutarlo. Mancavano pochi metri all’uscita dal tratto più difficile, quando Croz si fermò, si girò ad aiutare Hadow a posizionarsi e si voltò nuovamente per riprendere la discesa. All’improvviso, senza avvisaglie, Hadow scivolò da fermo all’indietro, colpendo con i piedi Croz nella schiena. I due caddero in avanti, senza riuscire ad aggrapparsi alla roccia o alla piccozza, tirandosi dietro Hudson e Douglas. La visuale di Whymper e dei due Taugwalder era coperta da un roccione, ma quando sentirono le urla dei loro compagni si aggrapparono alle rocce: la corda tra Taugwalder padre e Douglas si tese fino a spezzarsi e i quattro precipitarono nel vuoto per oltre mille metri, schiantandosi contro le rocce e fermandosi solo nel ghiacciaio alla base della montagna.

Un’incisione di Gustave Doré del momento della caduta.

Whymper e i due Taugwalder rimasero traumatizzati: ci volle loro mezz’ora per riprendere lucidità e ricominciare la discesa. I corpi di Croz, Hadow e Hudson furono recuperati nei giorni seguenti, mentre quello di Lord Douglas non fu mai ritrovato. La tragedia del Cervino attirò moltissime attenzioni in Europa e della storia si parlò sui giornali inglesi per molto tempo: la regina Vittoria considerò l’ipotesi di proibire l’alpinismo, mentre lo scrittore Charles Dickens disse che l’alpinismo era un’attività «più folle del gioco d’azzardo». Fu aperta un’inchiesta sull’incidente: Whymper e i due Taugwalder furono accusati di negligenza, e addirittura di aver tagliato la corda. Con il tempo si appurò che questa si spezzò perché era vecchia e logora, ed era stata portata come corda di riserva. Dopo l’incidente Whymper continuò con l’alpinismo, ma lasciò le Alpi per esplorare la Groenlandia e le Ande, dove fece salite notevoli, alcune delle quali con Carrell, con cui era rimasto amico nonostante la rivalità.

 

 

 




Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *