Le foibe raccontate da Mario Adinolfi

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Foibe -UN ORRORE RARAMENTE RACCONTATO

di Mario Adinolfi

Il Giorno del Ricordo dedicato ai martiri delle foibe è mediaticamente marginalizzato per motivi politico-ideologici ma occorrerebbe davvero conoscere questa pagina tremenda della nostra storia, ignota ai più. Quando nel 2004 venne istituita la celebrazione nazionale delle vittime italiane nel massacro giuliano-dalmata i comunisti italiani di Marco Rizzo e Rifondazione comunista votarono contro. In sostanza i comunisti consideravano “fascista” la condanna di un crimine di guerra perpetrato dai partigiani jugoslavi spesso in combutta con la resistenza italiana e i massimi dirigenti del Pci. Sarei curioso di chiedere al Marco Rizzo rossobruno di oggi se si riconosce ancora in quel voto contrario al Giorno del Ricordo.

Le storie del massacro degli italiani infoibati sono letteralmente terrificanti. Undicimila nostri connazionali della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia furono uccisi tra il 1943 e il 1945 con la finalità di procedere a una pulizia etnica dei territori che furono poi annessi alla Jugoslavia il 10 febbraio 1947 con il trattato di Parigi, per questo il Giorno del Ricordo si celebra proprio il 10 febbraio. Da quelle zone 350mila persone dovettero migrare per trovare rifugio in quelli che sarebbero stati poi i definitivi confini italiani, stabilizzatisi solo il 4 novembre 1954 con il ritorno di Trieste nel pieno controllo del nostro Paese.

I massacri compiuti dai partigiani comunisti jugoslavi furono davvero incredibilmente crudeli e violenti. Al sacerdote don Angelo Tarticchio fu infilata in testa una corona di filo spinato, tagliati i genitali e ficcati in bocca prima di ucciderlo con una raffica di mitra insieme a trenta suoi parrocchiani e altri dodici italiani della zona. I cadaveri furono poi gettati nella miniera di bauxite di Lindaro. Le uccisioni dei sacerdoti proseguirono anche dopo la fine della guerra. Don Francesco Bonifacio è stato beatificato da Benedetto XVI, venne ucciso a 34 anni dai comunisti jugoslavi l’11 settembre 1946, denudato e preso a sassate, finito a coltellate e gettato in una foiba. Medaglia d’oro al valore civile è stata riconosciuta a Norma Cossetto, studentessa stuprata dai partigiani seguaci del maresciallo Tito e poi gettata nuda, ancora viva, insieme a altre donne e numerosi prigionieri italiani nella foiba di Villa Surini, nella zona di Pola. Il cadavere venne poi ritrovato con un pezzo di legno ficcato nei genitali. Il padre Giuseppe che andava cercando notizie della figlia fu anch’egli accoltellato dai partigiani e infoibato insieme a un altro parente, il 10 dicembre 1943. Nella foiba di Terli, in Istria, furono gettate vive 26 persone tra cui le sorelle Fosca, Caterina e Albina Radecchi di 17, 19 e 21 anni dopo essere state ripetutamente violentate dai loro carcerieri. Albina era incinta.

La foiba più tragicamente nota è la foiba di Basovizza, che si trova nel comune di Trieste nella zona dell’altopiano del Carso. Basovizza rende chiarissimo cosa sia una foiba: una sorta di pozzo usato per estrarre carbone, in questo specifico caso con una bocca di quattro metri per oltre duecentoventicinque metri di profondità. I cadaveri venivano gettati nella foiba con la finalità di occultarli, ma spesso l’odio dei partigiani titini era talmente crudele da far piombare i prigionieri nella cavità ancora vivi. A Basovizza sono stati ritrovati oltre quattrocento corpi infoibati ed oggi quel luogo di assurdo dolore inflitto è monumento nazionale. Sabato 8 febbraio 2025 a Basovizza sono comparse scritte in sloveno per oltraggiare il Giorno del Ricordo italiano. Tra esse “Trieste è nostra” e “Trieste è un pozzo”.

Tenere viva questa tragica pagina di storia significa ricordare che essere italiani è costato la vita a molti. I giovani non hanno idea di tutto questo dolore, causato da odio ideologico che si è trasformato in odio etnico. È bene che invece sappiano, che conoscano questo orrore raramente raccontato.




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