Pakistan: ancora e sempre intolleranza

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Ancora violenze contro i cristiani nel mondo: non trascorre una giornata senza che si registrino soprusi e violenze contro persone spesso inermi ed incapaci di difendersi. L’ultima storia, in rigoroso ordine di tempo, viene dal Pakistan. Michael Masih, cristiano di 32 anni, marito e padre di due figli, è stato ferito a colpi di pistola per aver osato difendere la sua comunità cristiana, vessata dai figli di un ricco proprietario terriero musulmano. L’uomo ha avuto ‘l’ardire’ di intervenire per cercare di fermare un’aggressione da parte di un gruppo di 35 musulmani ai danni dei cristiani di Paulabad. Dopo l’incidente, la polizia ha minacciato gli aggressori di rinchiuderli dietro le sbarre, se non avessero chiesto perdono ai feriti. I musulmani hanno accettato di chiedere scusa e hanno siglato un accordo “di facciata” con i cristiani. Ma poi sono tornati sui propri passi e hanno deciso di dare una lezione esemplare a Michael, colpendolo all’uscita del lavoro.

Masih ha raccontato la sua storia sperando di essere ascoltato dai media: in questi casi essere nell’occhio delle cronache aiuta a sopravvivere agli attacchi ed al rischio che tali aggressioni possa no ripetersi.

Partiamo con l’evidenziare che Nawazish Dogar, di 30 anni, e Chhada Dogar, di 26, figli di Mustafa Dogar, un proprietario terriero di religione islamica coinvolto nel traffico di droga (cocaina ed eroina) a Paulabad, nella città di Faisalabad, sono sempre stati soliti sbeffeggiare la comunità cristiana per la propria fede. Spesso facevano visita ai cristiani nell’area di Paulabad e usavano contro di loro un linguaggio offensivo e parole di insulto come “Choorah” (termine dispregiativo per indicare i cristiani appartenenti alle classi povere; indica una persona che compie un lavoro sporco ). La maggior parte dei cristiani della zona, poveri e impegnati in lavori giornalieri come braccianti hanno sempre avuto paura dei due ragazzi e non avevano mai osato sfidarli denunciando alla polizia il cattivo comportamento dei fratelli Dogar o i loro traffici illeciti di droga nella zona.

Poi però si sono imbattuti in Masih: i due fratelli con altri 35 teppisti hanno iniziato a molestare i cristiani infastidendo anche le donne e le ragazze. Michael ha deciso di intervenire proibendo a Dogar di portare avanti le molestie. Da lì i due hanno cominciato a scambiarsi insulti ed è nata una colluttazione. Alcuni ragazzi cristiani hanno tentato di sedare la rissa, ma i 35 amici di Chhada Dogar hanno urlato contro di loro e li hanno malmenati. Appena appreso dell’incidente, alcuni amici musulmani di Michael sono accorsi sul luogo e sono riusciti a interrompere il pestaggio, anche se i cristiani erano feriti in modo grave.

Chhada Dogar e i suoi amici sono corsi verso la casa di Michael e si sono accaniti sul padre paralizzato, immobile nel suo letto. Poi la folla di musulmani ha minacciato la comunità cristiana di terribili conseguenze e di dare alle fiamme l’intera area cristiana, così come era avvenuto a Gojra. Da quel momento i cristiani, spaventati da quelle minacce, hanno iniziato a vagabondare tutt’intorno, per evitare tragici incidenti.

La comunità cristiana si è messa in contatto con Lala Robin Daniel, un difensore dei diritti umani dei cristiani, presidente dell’Alleanza nazionale per le minoranze del Pakistan e a capo dell’Aawaz District Forum, e con altri membri del forum per chiedergli di intervenire sul posto. Robin Daniel e il pastore Shahid Paul, un pastore locale, hanno chiesto l’intervento di Khalil Tahir Sindhu, ministro cristiano dei diritti umani e delle minoranze. Il ministro ha preso contatti telefonici con la polizia del luogo e ha chiesto la protezione immediata della comunità cristiana. La polizia ha raggiunto l’area e ha preso in carico la situazione, tentando di riportare la pace nell’area.

Ma il conflitto non era terminato: dopo poche ore mentre Michael Masih era a far compere in una latteria Chhada Dogar lo ha raggiunto e ha iniziato a picchiarlo. Nel frattempo circa 20 persone armate di asce, bastoni e pistole si sono recate a casa sua, hanno sparato proiettili in aria e malmenato alcune persone presenti. La folla poi si è scagliata verso Michael ma Malik Jafar, un suo amico musulmano, è riuscito a caricarlo in macchina e a portarlo in salvo in un luogo sicuro: la chiesa del pastore Shahid Paul.

Al sicuro nella chiesa del pastore, Michael ha telefonato a p. Younas OP. Così il parroco e i leader della comunità cristiana sono giunti all’ufficio di polizia di Faisalabad e hanno chiesto la protezione della comunità. Le autorità hanno accolto la richiesta di protezione e incaricato Farooq Hundal, il sovrintendente, di garantire la piena sicurezza per i cristiani.

Alla domanda del sovrintendente di indicare le loro richieste, Daniel ha risposto che essi volevano prima di tutto sicurezza e protezione. Infatti se i cristiani avessero sporto denuncia, avrebbero continuato a vivere nella paura e nel timore. L’attivista ha inoltre riferito che se i musulmani avessero chiesto perdono per le loro azioni illegali e disumane, e avessero promesso di non ripetere mai più atti così crudeli, allora i cristiani li avrebbero perdonati per il bene della pace e della tolleranza. Il sovrintendente ha rimproverato il gruppo musulmano, minacciandoli di rinchiuderli dietro le sbarre per molto tempo. Così i musulmani hanno chiesto perdono e promesso che non avrebbero pronunciato mai più parole offensive contro i cristiani.

La sera stessa, circa 100 persone tra cristiani e musulmani si sono riuniti alla Christ Assemblies Church, e di nuovo i Dogar hanno chiesto scusa alla presenza del capo dell’ufficio di polizia. Robin Daniel, presidente dell’Aawaz District Forum ha detto: “Nessuno oserà più umiliare un povero, se sa che dovrà subire le conseguenze. Vogliamo una società pacifica, nella quale tutte le persone, anche di religione e classi diverse, possano vivere in pace e in cui se qualcuno infrange le leggi, verrà messo dietro le sbarre”.

Michael e Chhada Dogar si sono stretti in un abbraccio e tutti i presenti hanno applaudito per la nuova intesa stipulata con l’obiettivo di evitare inconvenienti in futuro. Circa 5mila persone hanno potuto beneficiare di questa riappacificazione, e circa 200 famiglie cristiane possono vivere senza paura.

Michael Masih però ha bisogno di aiuto: “sono stato costretto ad abbandonare il mio lavoro perché godevo di buona salute ed eseguivo il mio lavoro con più entusiasmo, cosa che aveva fatto scattare la gelosia e il pregiudizio da parte dei miei colleghi musulmani poi ho iniziato a lavorare in una palestra di body building come istruttore. L’altra sera tornando a casa ho sentito qualcuno che chiamava il mio nome. Essi hanno aperto il fuoco contro di me, hanno sparato due colpi, uno dei quali mi ha colpito alle costole. Sono caduto per terra e ho perso conoscenza. Gli aggressori sono fuggiti. Qualcuno mi ha portato in ospedale, dove sono stato operato. Sono serviti 17 punti di sutura, e il proiettile è ancora dentro il mio corpo. Ringrazio Gesù Cristo per avermi salvato” ha aggiunto il malcapitato. “Ora a causa del proiettile, non posso correre e questo mi impedisce di lavorare. Ho iniziato a servire in chiesa e mi sono stretto ancora di più alla mia fede cattolica. Ho ancora un buon fisico, per questo alcuni musulmani (i Dogar) sono gelosi di me. Essi mi hanno malmenato diverse volte prima di questo incidente ma io ho sempre evitato di denunciarli. Ma questa volta, quando hanno insultato i cristiani per la loro fede, non ho saputo trattenermi e mi sono azzuffato con loro. Anche se adesso la situazione è arrivata ad un compromesso, io vivo ancora nella paura. Non voglio vivere in questo luogo, la mia famiglia non è al sicuro a Paulabad, andrò ovunque troverò un nuovo lavoro”.




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