Papa Francesco interviene contro la pedofilia

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I vescovi che sono stati negligenti riguardo ad abusi sessuali compiuti su minori saranno rimossi dal loro incarico. Questa la decisione del Papa che ha creato innumerevoli reazione in tuttala cultura occidentale. Ormai per i tanti detrattori della Chiesa l’attacco ai sacerdoti è una costante che sta superando i limiti della decenza. Molti, troppi, sono soliti attaccare i religiosi addossando loro colpe che riguardano soltanto una piccola parte dei consacrati. Intendiamoci: la pedofilia è un male da debellare ed una delle forme di malattia umana che porta a commettere reati e gravi ad andare contro natura ma non deve essere un’occasione per generalizzare ed attaccare la Chiesa.

Convinto di questo ma anche della necessità di mettere innanzi alle proprie responsabilità chi sbaglia è giunto puntuale l’intervento di Papa Francesco con il “motu proprio” di queste ore. E’ evidente l’intento di Bergoglio di mettere i peccatori e chi copre o ha coperto atti di molestie senza intervenire. Da oggi non sarà più così: ci saranno sacerdoti che dovranno abbandonare la tonaca dopo inchieste rapide ed inconfutabili.

Ecco quanto stabilito dal Vescovo di Roma.

Come una madre amorevole la Chiesa ama tutti i suoi figli, ma cura e protegge con un affetto particolarissimo quelli più piccoli e indifesi: si tratta di un compito che Cristo stesso affida a tutta la Comunità cristiana nel suo insieme. Consapevole di ciò, la Chiesa dedica una cura vigilante alla protezione dei bambini e degli adulti vulnerabili.

Tale compito di protezione e di cura spetta alla Chiesa tutta, ma è specialmente attraverso i suoi Pastori che esso deve essere esercitato. Pertanto i Vescovi diocesani, gli Eparchi e coloro che hanno la responsabilità di una Chiesa particolare, devono impiegare una particolare diligenza nel proteggere coloro che sono i più deboli tra le persone loro affidate.

Il Diritto canonico già prevede la possibilità della rimozione dall’ufficio ecclesiastico “per cause gravi”: ciò riguarda anche i Vescovi diocesani, gli Eparchi e coloro che ad essi sono equiparati dal diritto (cfr can. 193 §1 CIC; can. 975 §1 CCEO). Con la presente Lettera intendo precisare che tra le dette “cause gravi” è compresa la negligenza dei Vescovi nell’esercizio del loro ufficio, in particolare relativamente ai casi di abusi sessuali compiuti su minori ed adulti vulnerabili, previsti dal MP Sacramentorum Sanctitatis Tutela promulgato da San Giovanni Paolo II ed emendato dal mio amato predecessore Benedetto XVI. In tali casi si osserverà la seguente procedura.

Art. 1 : § 1. Il Vescovo diocesano o l’Eparca, o colui che, anche se a titolo temporaneo, ha la responsabilità di una Chiesa particolare, o di un’altra comunità di fedeli ad essa equiparata ai sensi del can. 368 CIC e del can. 313 CCEO, può essere legittimamente rimosso dal suo incarico, se abbia, per negligenza, posto od omesso atti che abbiano provocato un danno grave ad altri, sia che si tratti di persone fisiche, sia che si tratti di una comunità nel suo insieme. Il danno può essere fisico, morale, spirituale o patrimoniale.

  • 2. Il Vescovo diocesano o l’Eparca può essere rimosso solamente se egli abbia oggettivamente mancato in maniera molto grave alla diligenza che gli è richiesta dal suo ufficio pastorale, anche senza grave colpa morale da parte sua.
  • 3. Nel caso si tratti di abusi su minori o su adulti vulnerabili è sufficiente che la mancanza di diligenza sia grave.
  • 4. Al Vescovo diocesano e all’Eparca sono equiparati i Superiori Maggiori degli Istituti religiosi e delle Società di vita apostolica di diritto pontificio.

Articolo 2

  • 1. In tutti i casi nei quali appaiano seri indizi di quanto previsto dall’articolo precedente, la competente Congregazione della Curia romana può iniziare un’indagine in merito, dandone notizia all’interessato e dandogli la possibilità di produrre documenti e testimonianze.
  • 2. Al Vescovo sarà data la possibilità di difendersi, cosa che egli potrà fare con i mezzi previsti dal diritto. Tutti i passaggi dell’inchiesta gli saranno comunicati e gli sarà sempre data la possibilità di incontrare i Superiori della Congregazione. Detto incontro, se il Vescovo non ne prende l’iniziativa, sarà proposto dal Dicastero stesso.
  • 3. In seguito agli argomenti presentati dal Vescovo la Congregazione può decidere un’indagine supplementare.

Articolo 3

  • 1. Prima di prendere la propria decisione la Congregazione potrà incontrare, secondo l’opportunità, altri Vescovi o Eparchi appartenenti alla Conferenza episcopale, o al Sinodo dei Vescovi della Chiesa sui iuris, della quale fa parte il Vescovo o l’Eparca interessato, al fine di discutere sul caso.
  • 2. La Congregazione assume le sue determinazioni riunita in Sessione ordinaria.

Articolo 4

Qualora ritenga opportuna la rimozione del Vescovo, la Congregazione stabilirà, in base alle circostanze del caso, se:

1°. dare, nel più breve tempo possibile, il decreto di rimozione;

 

2°. esortare fraternamente il Vescovo a presentare la sua rinuncia in un termine di 15 giorni. Se il Vescovo non dà la sua risposta nel termine previsto, la Congregazione potrà emettere il decreto di rimozione.

Articolo 5

La decisione della Congregazione di cui agli artt. 3-4 deve essere sottomessa all’approvazione specifica del Romano Pontefice, il Quale, prima di assumere una decisione definitiva, si farà assistere da un apposito Collegio di giuristi, all’uopo designati.

Tutto ciò che ho deliberato con questa Lettera Apostolica data Motu Proprio, ordino che sia osservato in tutte le sue parti, nonostante qualsiasi cosa contraria, anche se degna di particolare menzione, e stabilisco che venga pubblicato nel commentario officiale Acta Apostolicae Sedis e promulgato sul quotidiano “L’Osservatore Romano” entrando in vigore il giorno 5 settembre 2016.

 

Motu proprio “Come una madre amorevole” di Papa Francesco che rafforza l’impegno della Chiesa a tutela dei minori. Il Pontefice stabilisce che, tra le “cause gravi” che il Diritto Canonico già prevede per la rimozione dall’ufficio ecclesiastico (di vescovi, eparchi o superiori maggiori), va compresa anche la negligenza rispetto ai casi di abusi sessuali. Nel testo, composto di 5 articoli, si prevede che – qualora gli indizi appaiano seri – la competente Congregazione della Curia può iniziare un’indagine che può concludersi con il decreto di rimozione. La decisione deve comunque sempre essere sottomessa all’approvazione del Pontefice.

Va sottolineato che qualora gli indizi siano “seri”, la Congregazione della Curia Romana (Vescovi, Evangelizzazione dei Popoli, Chiese Orientali, Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica) può “iniziare un’indagine in merito” dando notizia all’interessato che ha “la possibilità di difendersi” con i “mezzi previsti dal diritto”. In seguito agli argomenti presentati dal vescovo, la Congregazione può “decidere un’indagine supplementare”. Negli articoli 3, 4 e 5 il Motu Proprio norma dunque la procedura con la quale si decide l’eventuale rimozione dall’incarico. La Congregazione che assume tale decisione, in Sessione ordinaria, può stabilire se dare “nel più breve tempo possibile, il decreto di rimozione” o esortare il vescovo “a presentare la sua rinuncia in un termine di 15 giorni”, concluso il quale il Dicastero potrà “emettere il decreto”.

In una nota, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha sottolineato che nella procedura a cui si riferisce il Motu Proprio “non è chiamata in causa la Congregazione per la Dottrina della Fede, perché non si tratta di delitti di abuso, ma di negligenza nell’ufficio”. Non si tratta dunque di “procedimento penale”, precisa padre Lombardi, perché non si tratta di un “delitto compiuto, ma di casi di negligenza”. Trattandosi di decisioni importanti sui Vescovi, prosegue il portavoce vaticano, “l’approvazione specifica dipende dal Santo Padre”. Questa non rappresenta una novità, mentre “lo è la costituzione di un apposito Collegio di giuristi che assisterà il Papa prima che assuma una decisione definitiva”. Si può prevedere, conclude la nota di padre Lombardi, che tale Collegio “sia costituito da cardinali e vescovi”.

Don Fortunato Di Noto, da anni in prima linea contro la pedofilia ha commentato positivamente quanto stabilito dal pontefice: “è un segnale importante, un segnale forte, un segnale che va al di là della burocratizzazione dell’abuso. Qui stiamo parlando di comportamenti morali: cosa vale di più, il diritto o la morale? Allora è un segnale chiaro, molto forte: una Chiesa amorevole, una Chiesa che accoglie, una Chiesa che protegge e quindi i pastori, gli ordinari che sono nelle varie diocesi non possono fare altro che i pastori. Dobbiamo smetterla di salvaguardare l’istituzione e magari penalizzare le persone che hanno subito abusi da parte di sacerdoti o da parte di religiosi o da parte anche – io aggiungerei – di catechisti. Certo, sono responsabilità personali, per carità di Dio, non è che qui stiamo dicendo che la struttura abbia responsabilità, ma ha responsabilità nella misura in cui però favoreggia, nasconde, sottovaluta. Ecco, io credo che oggi con il Motu proprio, con questa nuova aggiunta che già era presente nel Diritto canonico riguardo agli abusi che possono compiere i pastori, credo che questo dia un’aggiunta in più in una lotta chiara, determinata. Ci sono state diocesi che hanno venduto tutto per risarcire i danni… Capisco la manipolazione, capisco le eventuali possibili questioni legate al business di alcuni avvocati o vittime, però stiamo parlando sempre di vittime.

A dover di cronaca va comunque segnalato che In Italia, la maggior parte degli abusi sui minori, quasi il 70 per cento, avviene tra le mura domestiche, e solo il 2 per cento è da imputare a persone estranee alla famiglia. Così risulta dal Rapporto annuale del “114 emergenza infanzia” di Telefono Azzurro, attivo 24 ore su 24, 365 giorni all’anno. 2210 i casi gestiti nel periodo gennaio 2015/2016




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