Referendum Svizzera: vescovi contrari a diagnosi pre-impianto

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Urne aperte, ieri, in Svizzera, dove i cittadini sono stati chiamati ad esprimersi su diversi quesiti referendari. Uno di essi, in particolare, riguardava la modifica della legge sulla medicina della procreazione che autorizza la diagnosi reimpianto. Secondo i primi dati dello spoglio, il 62% dei cittadini ha votato sì e quindi d’ora in poi, gli embrioni ottenuti con una fecondazione artificiale potranno essere sottoposti a un esame genetico, prima che vengano impiantati nell’utero, per verificarne eventuali patologie o handicap.
Immediata la reazione della Conferenza episcopale elvetica (Ces) che già in passato si era opposta a questa proposta normativa. “Il sì a questa legge – scrive in una nota mons. Charles Morerod, presidente della Ces – ha conseguenze negative sulla protezione della vita umana”, perché “mina la piena tutela della persona umana dall’inizio alla fine, ovvero dal concepimento e fino alla morte naturale”. “In molti casi – sottolinea il presule – gli embrioni portatori di una patologia verranno eliminati, invece di prendersi cura della loro vita”.
Di qui, il richiamo della Ces al fatto che “la ricerca medica è chiamata ad essere creativa ed innovativa al fine di trovare il modo migliore per accogliere la vita e curare le malattie”, e non il contrario. Infine, il presule ribadisce che “i disabili hanno piena dignità” e che tale riconoscimento “è indispensabile per una società giusta, come afferma anche il preambolo della Costituzione federale svizzera: la forza di una comunità si misura con il benessere del più debole dei suoi membri”.

Un altro quesito referendario votato ieri riguardava la nuova legge sul diritto d’asilo, mirata ad istituire procedure più rapide per l’esame delle domande dei richiedenti. Anche in questi caso ha vinto il sì, con oltre il 66% dei voti. In questo caso, il parere dei vescovi è stato espresso dalla Commissione Giustizia e pace la quale, in una nota, si dice soddisfatta del risultato, anche se solo in parte. “I presuli svizzeri dicono ‘sì, ma’ – si legge – perché dal punto di vita etico, l’elaborazione di procedure di asilo più veloci deve essere accompagnate dalla garanzia di consulenze legali gratuite” e “di un giusto processo” per i richiedenti. “L’attuazione pratica di tale requisiti – prosegue la nota – dimostrerà quanto sia importate rispettare il diritto d’asilo come diritto fondamentale”.

In molti luoghi del mondo – continua la Commissione episcopale – si vivono “sfide rappresentate da guerre, espulsioni, immigrazioni”, che non possono essere affrontate “con saggezza dalla comunità internazionale se non con uno spirito di collaborazione”. Per questo, il rifiuto di alcuni Paesi “non è una soluzione accettabile”, perché “tale atteggiamento non rispetta il diritto fondamentale all’asilo e provoca un enorme peso su altre nazioni”. Dal suo canto, Giustizia e Pace afferma di “impegnarsi per una procedura d’asilo che rispetti i principi costituzionali”.

 




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