Storie – Rapporto Rsf – Due giornalisti su tre muoiono in zone di pace

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Sono stati 110 i reporter uccisi nel 2015. A documentarlo è l’annuale dossier dell’organizzazione Reporter senza frontiere, che quest’anno sottolinea un dato a sorpresa, rispetto al 2014 e agli altri anni: delle vittime solo una su tre si trovava in zona di confitto. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

Non si muore più solo in guerra, ma anche seduti alla propria scrivania. E’ il sette gennaio quando a Parigi, in un attacco terroristico, vengono uccise nella redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo, dodici persone, sette delle quali giornalisti. A meno di un anno di distanza, Reporter senza frontiere ci dice che a crescere in questi 12 mesi è stato proprio il numero di cronisti uccisi in Paesi formalmente in pace, assassinati in casa per aver condotto scomode inchieste. L’attacco parigino ha portato la Francia a ritrovarsi al terzo posto nella classifica dei Paesi più a rischio, guidata da Iraq, Siria e poi ancora da Yemen, Sud Sudan, India, Messico.

La minaccia principale viene dai cosiddetti gruppi non statuali, un esempio fra tutti, i jihadisti dell’Is. Molti governi però non rispettano i loro obblighi stabiliti dal diritto internazionale. Ecco, quindi, che la risposta a queste morti deve arrivare dalla comunità internazionale che deve farsi carico di tutelare il lavoro del giornalista, un lavoro utile dal punto di vista sociale e dal punto di vista storico.




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