Ventidue dei venticinque Paesi con la popolazione più anziana del mondo sono oggi nella nostra cara Europa sempre più allo sbando. E’ quanto emerge dal rapporto “An Aging World: 2015” secondo il quale per la prima volta nella storia umana le persone sopra i sessantacinque anni sono più numerose dei bambini sotto i cinque anni.
Il documento commissionato dai National Institutes of Health e prodotto dal Census Bureau Usa, indica che l’Italia è attualmente il terzo paese più vecchio al mondo, dopo Giappone e Germania, per popolazione sopra i sessantacinque anni.
Nel giro di trent’anni è stato ribaltato l’assunto della bomba demografica e dell’aumento della popolazione. Infatti nel 2060 l’Europa raggiungerà i 517 milioni di abitanti, di poco superiore ai 502 milioni del 2010, e un terzo degli europei avrà sessantacinque anni o più di età. Le culle vuote attualmente si traducono con un tasso medio di fertilità che in Europa si attesta a 1,6 figli per coppia, ben al di sotto della soglia di sostituzione.
In cima alla lista dei “paesi sterili” troviamo dunque la cosiddetta locomotiva d’Europa, la Germania, che ha perfino sorpassato il Giappone e detiene così il record mondiale della denatalità. In territorio teutonico il tasso di fecondità totale è di circa 1,4 figli per donna e dal 1972 non si è visto un solo anno in cui il numero dei neonati abbia superato il numero dei morti.
In Europa c’è però chi sta cercando di cambiare radicalmente la rotta con piani di investimento su infanzia e famiglia che stanno dando evidenti risultati. Stiamo parlando dell’Ungheria del premier Victor Orban.
Il governo magiaro ha stanziato 32mila euro e un prestito dello stesso importo per le famiglie che mettano al mondo il terzo figlio, dove i genitori lavorino a tempo pieno, appena il bambino abbia compiuto sei mesi. Inoltre, nei centri abitanti in cui almeno cinque famiglie ne facciano richiesta, saranno attivati servizi all’infanzia, come gli asili nido, entro un anno dalla richiesta. Insomma non stiamo parlando delle briciole del bonus bebè lanciato dal governo italiano.
L’esecutivo del premier Orban ha inoltre inserito nella Costituzione la protezione della vita, dal concepimento alla morte, un’iniziativa che ha suscitato le reazioni scomposte della stampa Occidentale ormai appiattita sul pensiero unico dominante.
Fatto sta che grazie alle misure di Orban in Ungheria il numero dei matrimoni è aumentato del 10 percento negli ultimi due anni, il numero dei divorzi è diminuito del 20 percento, così come il numero degli aborti. Il tutto in un contestuale miglioramento dell’economia con percentuali in positivo del Pil che pochissimi altri Paesi europei possono vantare.
Riprendere a far figli è infatti il primo e più importante fattore che può consentire un rilancio dell’economia. I Paesi che invecchiano vedono aumentare i costi fissi per sanità e pensioni, e quindi le tasse, e vedono diminuire la fascia di popolazione attiva che partecipa alla creazione del prodotto interno lordo. Ma purtroppo l’Ungheria può essere considerata un’eccezione nel panorama di quei Paesi che annoverano un solido welfare pro-family. Le culle sono sempre più vuote anche in quei Paesi del Nord Europa che offrono sussidi, servizi e strutture di ogni genere alle coppie che mettono al mondo nuovi cittadini e quindi futuri contribuenti. In Danimarca hanno persino regalato dei voucher vacanza per invogliare le giovani coppie ad “unirsi” a scopo riproduttivo senza raggiungere i risultati sperati.