Vatileaks2 – Condanna per monsignor Vallejo e Chaouqui

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Dopo 21 udienze e otto mesi si è chiuso il primo grado del processo in Vaticano per appropriazione e divulgazione di documenti riservati. Il Tribunale ha prosciolto i due giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, assolto Nicola Maio e condannati monsignor Angel Lucio Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaouqui.
E’ il presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano Giuseppe Dalla Torre a leggere il dispositivo per il processo iniziato a fine novembre 2015. I cinque imputati sono attentissimi, Nicola Maio tiene la mani serrate sul viso. Il Tribunale “rileva” “il difetto di giurisdizione”, ovvero non può giudicare, per quanto riguarda gli imputati Gianluigi Nuzzi e Emiliano Fittipaldi. La sentenza, perciò, non entra nel merito se ci siano state pressioni o meno da parte dei giornalisti per avere i documenti riservati. I giornalisti sono prosciolti e si lanciano uno sguardo che pesa di emozione.

Assolto dai capi d’accusa l’ex segretario esecutivo di Cosea, Nicola Maio. La condanna a 18 mesi di carcere è per mons. Angel Lucio Vallejo Balda, ex segretario della Commissione incaricata di studiare e raccogliere dati sugli enti vaticani e della Santa Sede. Secondo i magistrati ha dunque sottratto e consegnato ai giornalisti i documenti riservati. Il prelato resterà in semilibertà entro i confini vaticani. Condannata, per “concorso” Francesca Immacolata Chaouqui a 10 mesi di detenzione, con il beneficio della sospensione condizionale della pena.

“Un grande giorno per questo Stato”, commenta Nuzzi, che dopo la lettura del dispositivo abbraccia il collega Fittipaldi. La stessa cosa fa Maio con il legale che l’ha difeso per otto lunghi mesi. Più defilati Francesca Immacolata Chaouqui e mons. Vallejo Balda. Centrale anche la parte della sentenza relativa alla “libertà di stampa e manifestazione del pensiero” in Vaticano dove si precisa che “sono radicati e garantiti dal Diritto Divino”. Per tutti gli imputati è caduta l’accusa di associazione criminosa. L’Ufficio del promotore di Giustizia e gli imputati hanno 3 giorni di tempo per un eventuale ricorso.


Sul processo Vatileaks2 ha rilasciato un commento il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi:

Si doveva fare? E’ stato fatto correttamente? Con quali conclusioni? Si doveva fare. Perché c’è una Legge, per di più una Legge recente (2013) e promulgata per contrastare le fughe di notizie. Negli anni recenti è stato sviluppato il sistema giuridico e penale vaticano per renderlo più completo e metterlo all’altezza delle esigenze odierne di contrasto dell’illegalità in diversi campi. Non si possono dichiarare intenzioni e stabilire norme e non essere coerenti nel metterle in pratica, perseguendo chi non osserva le leggi.

Si doveva fare, per dimostrare la volontà di combattere con decisione le manifestazioni e le conseguenze scorrette delle tensioni e polemiche interne vaticane, che da un certo tempo si riflettono troppo frequentemente anche all’esterno tramite indiscrezioni o filtrazioni di documenti ai media, creando un circolo e un contesto ambiguo e negativo di interazioni fra discussioni interne e rilanci esterni tramite le comunicazioni sociali, con conseguenze negative anche nell’opinione pubblica, che ha diritto a una informazione obiettiva e serena. Questa è una “malattia”, come direbbe Papa Francesco, da combattere con determinazione.

Per conoscere e valutare i diversi aspetti di questa situazione era giusto affrontare coraggiosamente anche la dimensione del ruolo e della responsabilità effettiva o meno dei giornalisti nella vicenda, nonostante le prevedibili polemiche a proposito della tutela della libertà di stampa. Questa va certamente tutelata, ma la professione giornalistica può avere anch’essa dei limiti da rispettare se vi sono in concorrenza altri beni importanti da tutelare, ed è giusto verificare se questo è avvenuto o no. Come è stato ribadito più volte, questo non era in alcun modo un processo contro la libertà di stampa.

Anche Benedetto XVI, pur non essendovi ancora la legge attuale, aveva ritenuto giusto che la giustizia “umana” facesse il suo corso nei confronti del suo maggiordomo fino alla sentenza. Analogamente ora, anche se la responsabilità della divulgazione risaliva chiaramente a un ecclesiastico importante, non sarebbe stato giusto usare per questo motivo un trattamento diverso.

Il processo si è fatto con la piena volontà di rispettare le leggi e procedure previste, le esigenze del diritto e della difesa degli imputati. Con giudici e avvocati competenti e con dibattimento pubblico trasparente. Sono state ascoltate testimonianze assai autorevoli, come quella più volte ricordata – nel dibattimento e fuori – del Dr Paolo Mieli. Il tempo complessivo del processo è stato contenuto, anzi breve, se si tiene anche conto dei circa due mesi impiegati per la perizia informatica che era stata richiesta dalla difesa. (Primi arresti 31.10 e 1.11.2015, Rinvio a giudizio 24.11, Udienze in totale 21).

La sentenza è stata formulata dal Collegio giudicante in piena autonomia, con atteggiamento di giustizia e di clemenza insieme, secondo lo spirito del rinnovamento della legislazione penale voluto da Paolo VI nel 1969. Come tutti coloro che hanno seguito il processo hanno facilmente compreso, il dibattimento ha avuto un ruolo fondamentale nella formazione del giudizio del Collegio, che non si è mosso sulla base di posizioni preconcette, giungendo infine a sentenze di assoluzione di cui non ci si può che rallegrare.

Le motivazioni della sentenza verranno depositate nelle prossime settimane e potranno essere conosciute. Vi sono ora tre giorni di tempo perché gli imputati possano proporre appello.

Ci si augura che, nonostante la tristezza che ogni reato e la conseguente vicenda processuale necessariamente causano, se ne possano trarre le conclusioni e le riflessioni utili per prevenire in futuro il ripetersi di situazioni e vicende simili.




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