Potrebbe non bastare il semplice “accettati così come sei e vivi la tua vita!”
Non è bastato a un giovane ragazzo che credeva di essere gay fino a quando, vincendo il timore di andare a fondo di sé stesso, è riuscito a mettere ordine nella sua vita e a ritrovare la sua vera identità.
E ciò che ha vissuto è troppo prezioso per non desiderare di condividerlo con qualcun altro che potrebbe ritrovarsi nelle stesse dinamiche.
Anche per questo, con lo pseudonimo di Joseph Marlin, ha aperto un blog.
Oggi fa lo psicologo e lavora anche su tematiche legate all’identità di genere.
Joseph tra non molto sposerà la sua ragazza.
Su queste pagine, di tanto in tanto accogliamo i suoi pensieri:
“L’altro giorno, per una banale discussione con mio padre, ho avuto uno scatto di rabbia molto forte. La discussione era banale, il mio vissuto no. Ho sentito dentro me un profondo senso di impotenza, una vergogna profonda, nel sentire quanto l’appoggio di mio padre fosse limitato, quanto lui non potesse soddisfare i bisogni che sottostavano quella banale discussione. Allora ho gridato, ho gridato forte. Ho gridato il mio dolore, anni di sofferenza. Ho gridato perché quel divario che per anni ho sentito era riemerso nella sua interezza e rischiava di lacerarmi dentro se non lo facevo uscire tutto. Ho gridato perché quando ti senti bastonato e non sai perché è normale farlo. E io mi sentivo così. Non mi sto giustificando. Sto spiegando come mi sentivo dentro. Oggi sono grande. Avrei potuto trovare altri modi per gestire quel vissuto, forse più utili. Ma no, non sempre ci riesco. Poi, gli ho gridato cose brutte, su quanto il suo modo di fare mi avesse annientato nella vita, su quanto lui non valesse niente. Poi sono uscito. Mi sentivo terribilmente in colpa. Sentivo di aver fatto un danno irreparabile. Di aver sbagliato. Che io non mi devo permettere. Che lui fa il meglio che può e che molte volte fa bene. Pensavo, però, allo stesso tempo, che nonostante avesse sbagliato, non dovevo permettere a me stesso di negare il bisogno, il vissuto, che aveva generato quella reazione. Ho pianto, pianto tanto. Poi l’ho chiamato, gli ho chiesto scusa, e diversamente da come facevo di solito non pensavo dentro di me “non ci parlerò mai più, è impossibile”, ma gli ho detto “ti prego, però papà, superato tutto questo, parliamone mettiamoci a tavolino, voglio spiegarti perché ho fatto così, mi piacerebbe che anche tu lo facessi, non lasciamo correre anche stavolta.” Poi sono tornato a casa. Lui era sul divano. Mi ha detto: “vieni qua”. E io mi sono messo lì, mi è venuto spontaneo abbracciarlo, poggiare la mia testa sulla sua pancia. Non so quanto tempo siamo stati lì. Ero tornato bambino, mi cullava. Mancava solo la ninna nanna. Mi ha accarezzato i capelli, ci toccavamo le mani, sentivo il suo cuore nel mio orecchio, toccavo il suo petto, ogni tanto ci stringevamo forte. Mi ha detto: “Sei prezioso.” Allora ho pianto, quanto mi è mancato tutto questo, quanto mi mancherà, papà. So che non volevi. Stringimi più forte. No non c’era più bisogno di parlare, non ora. Eravamo cosi vicini. A un certo punto ci siamo alzati e siamo rimasti a guardarci negli occhi. Tentavamo di fare dei gesti sincroni. Anche nella mimica facciale. Io imitavo lui, lui imitava me. Poi ci veniva da ridere e abbiamo riso insieme, tanto. A un certo punto, mentre ci guardavamo negli occhi, è come se un velo si fosse tolto. Si fosse tolta la paura, la diffidenza, anni di ferite. A un certo punto l’ho visto. Papà, sai che ci somigliamo? Giuro, forse lo sapevo a un livello superficiale, ma non lo avevo mai sentito. Non so come andranno le cose per me, se certe cose poi che si sono frantumate in modo cosi impetuoso, possano tornare com’erano prima. So però che sono fiero del mio percorso, se non lo avessi fatto, non sarei qui oggi. Non avrei sentito che mio padre, in fondo, mi somiglia. Che ho i suoi occhi, il suo sorriso. Forse in tutti questi anni, anche mio padre, alla fine si è lasciato coinvolgere. Ha saputo mettersi in discussione e oggi siamo riusciti a vederci e a sentirci, reciprocamente. Non so se tutti avranno questa fortuna, quello che, però, voglio dire è che, spesso, dietro le attrazioni per lo stesso sesso, si nascondono desideri profondi e legittimi. Giusti. La mia speranza, è che quelli che vi si trovano e riconoscono questo, possano intraprendere un percorso che li porti a conoscere sempre di più questi desideri e a riuscire a soddisfarli. Ognuno con i suoi modi, le sue modalità. La ricchezza che c’è in questo lungo ritorno a casa, nel ritrovare cose che ci spettavano di diritto ma che, per un motivo o per un altro, ci sono state negate, è qualcosa per cui ritengo le parole non possano bastare per descriverlo. Bè oggi te lo sei meritato papà. Forse avrei voluto che tutto questo avvenisse prima, avvenisse più spesso. Però, grazie. Non conta prima. Conta oggi. Oggi so che mi somigli. Ti voglio bene.”