Cinema – Film: “Cuori Puri”, prima regia di Roberto De Paolis

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Cuori Puri – Fra i titoli italiani della sezione Quinzaine Des Résalisateurs del prossimo Festival di Cannes abbiamo trovato “Cuori Puri”, prima regia di Roberto De Paolis con una vera e propria immersione in una periferia romana dove coesistono un campo rom, una comunità religiosa cattolica e una fascia di popolazione disagiata che o lavora onestamente o vive di espedienti.

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”, dice Gesù nel celeberrimo Discorso della Montagna (Vangelo secondo Matteo; 5,1 – 7,28).

Ma “Cuori Puri” è anche il nome di una comunità, nata a Medjugorje il 25 Giugno del 2011, che si fonda sull’iniziativa di vari giovani i quali, o da soli o in coppia, decidono di rispettare Dio scegliendo la castità fino al sacramento del matrimonio. Chiunque richiede l’anello di questo gruppo di fede, dunque, non ha più alcun obbligo verso l’umanità, ma solo verso gli insegnamenti evangelici di Gesù Cristo.
Entrambe le citazioni hanno dato vita all’opera prima di Roberto De Paolis
In questi luoghi ed in questo ambiente si incontrano Stefano e Agnese, anime a loro modo candide che cercano una via di comunicazione fra parcheggi, chiese e strade polverose, quasi sempre ripresi da una macchina a mano. A interpretare questi personaggi sono due volti poco noti: Selene Caramazza e Simone Liberati, che insieme al regista e al resto del cast hanno presentato il film a Roma, contenti di poterlo accompagnare in Costa Azzurra il 23 di maggio.

Da un lato di Agnese, diciottenne pura di cuore che, più per volere di una madre (che passa come bigotta e giudicante), che per propria legittima scelta personale, sta seguendo la strada della castità fino al matrimonio, e dall’altra di Stefano, venticinquenne, puro di cuore anche lui, che, al contrario della protagonista femminile, vive disperatamente, barcamenandosi tra lo sfratto da casa dei genitori, l’assenza di un lavoro che sia degno di questo nome e le cattive compagnie che gli mostrano la via più facile per arrivare ai soldi al caro prezzo del passare sulle spalle dei più deboli.

De Paolis: “Questa storia è capitata nelle nostre mani grazie a una serie di fatti di cronaca, cose realmente accadute in contesti che prima non conoscevamo. Avevamo un materiale difficile su cui lavorare e al principio la strada più semplice ci è sembrata quella di ricorrere alla nostra immaginazione, ma era un atto di superbia, e così ognuno di noi ha cominciato un lungo e dettagliato percorso di ricerca.

L’idea del film è nata da un fatto di cronaca. Da qualcosa che è successo 4 o 5 anni fa a Torino. La storia di una ragazza italiana sedicenne che ha raccontato di essere stata violentata da due rom e il giorno dopo dei ragazzi italiani del quartiere sono andati a vendicarla, aggredendo con delle mazze e delle bombe molotov il campo dove si supponeva abitassero i ragazzi che erano stati incolpati (tra l’altro un ragazzo rom in quell’occasione è anche finito in coma per qualche giorno). Un fatto molto grave. Nei giorni seguenti si è scoperto che la ragazza si era inventata tutto. Era una ragazza molto cattolica e doveva arrivare vergine fino al matrimonio. Proveniva da una comunità molto rigida e dopo aver perso la verginità con un ragazzo italiano di cui era innamorata aveva preferito coprire la cosa dicendo di essere stata violentata. Questo è il fatto di cronaca che ha innescato un po’ il meccanismo di scrittura”.

In una scena chiave del film abbiamo un piano sequenza che descrive il primo rapporto sessuale tra i due giovani…..
“Sicuramente questi due personaggi sono schiacciati, come tutti noi, dai contesti in cui vivono, dalle relazioni che hanno. La ragazza ha un ruolo nella chiesa. Vive di certo un rapporto molto claustrofobico con la madre; ma soprattutto credo che senta il bisogno di soddisfare la madre e riempire un vuoto nella vita di quest’ultima. La figlia è un po’ il terminale di tutte le ansie che la madre ha. Anche Stefano credo sia abbastanza sotto pressione. Lo sfratto dei genitori, il problema di dover trovare e tenersi un lavoro. Diciamo che nella periferia di Roma, in relazione alle mie ricerche, è molto drammatica questa dimensione perché non riuscire a lavorare significa scivolare nella criminalità. Nella criminalità, se si ha un minimo di valori, come penso che il personaggio di Stefano abbia, è molto difficile resistere. Quando alla fine è poi è costretto a vendere la droga al ragazzino, si vede che in qualche modo quello stile di vita va contro i suoi ideali. Quindi per non andare contro se stessi e non scivolare nella delinquenza è necessario cercare un lavoro onesto e una volta trovato mantenere quel lavoro è molto difficile. Il parcheggio del film in cui lavora Stefano esiste davvero a Roma. Il film è tratto da esperienze vere. Io sono stato lì, ho incontrato il guardiano. Questo tipo di professioni sono molto estreme. Questi due personaggi quindi sono senza dubbio schiacciati dal contesto in cui vivono e credo che nel loro incontro, così come nella loro intimità seussuale, trovino in assoluto una sorta di spazio astratto, un luogo di respiro, di diversità, avventura e divertimento, di riposo dalla fatica quotidiana, dal dovere quotidiano e anche dal dramma di dover in qualche modo essere sempre qualcosa sper qualcun altro. Nei loro incontri vengono fuori un po’ più le loro identità vere nella loro autenticità; mentre con i genitori, a lavoro mettono su un po’ delle maschere. Stefano sul lavoro. Agnese con la madre, con l’amica, con la comunità. Quindi credo l’amore, la sessualità, la purezza di questo loro sentimento siano lo specchio della conoscenza di se, lo specchio un contatto più profondo con se stessi”.
Nel film è presente anche la tematica religiosa….

“Il motivo per cui nel film esiste la chiesa è legato al fatto di cronaca che è alla base del film. Avendo deciso di fare un film su una ragazza cattolica era inevitabile tenere questo contesto. Rispettare il fatto di cronaca e l’ispirazione iniziale. Tra l’altro per me che sono ateo è stato molto interessante e forte vivere e fare una ricerca del genere. Frequentare la chiesa, conoscere tutte queste persone, molte delle quali vivono completamente immerse nella relazione con Dio: membri attivi della comunità, la dimensione del volontariato. La chiesa mi è sembrata tra l’altro l’unico centro e punto di riferimento nel quartiere di periferia dove abbiamo girato il film. Ho scoperto tante cose che non sapevo. Alcune delle quali molto positive. Ho letto il vangelo e la bibbia. Ho scoperto la figura di Gesù anche come filosofo, che purtroppo spesso viene un po’ esclusa dagli studi e dagli interessi di noi europei perchè lo si considera solo il fulcro della religione cattolica, ma al livello filosofico Gesù rimane una mente molto illuminata. E’ stato un viaggio dentro questo mondo che all’inizio è stato un po’ un ostacolo perché non lo conoscevo bene, ma poi dopo è diventata una grande risorsa. All’inizio c’era l’idea di far un film più contro la chiesa, magari contro un prete più oppressivo, però poi col tempo e attraverso tutti questi incontri ho anche conosciuto dei preti, come quello del film, più emancipati, più aperti, anche più filosofi, più contemporanei come attitudine. Mi è sembrata anche una bella sfida: cercare di fare un film un po’ più dal punto di vista di Agnese e quindi raccontare come lei percepisce la chiesa e quindi come luogo di aggregazione, un luogo dove forse lei è cresciuta, dove si sente comunque a casa, anche se poi inizia a diventare un po’ una prigione. Comunque è un luogo che lei apprezza e in cui lei si trova bene, come devo dire mi sono trovato bene io negli anni di ricerca” ha aggiunto il regista.

Selene Caramazza, alla sua prima esperienza dietro alla macchina da presa, si è avvicinata ad Agnese con un discreto anticipo rispetto al primo ciak: “In Cuori Puri c’è tantissimo di me. Ho dato un po’ di Selene ad Agnese. Il mio è stato un percorso abbastanza lungo in cui Roberto mi ha molto aiutato. Ho ripreso in mano la Bibbia e il Vangelo, sono entrata in una comunità evangelica e ho seguito un cammino di fede perché non desideravo simulare l’amore per Gesù. Mi sono presa il mio tempo e i miei momenti di preghiera”.
Barbora Bobulova è la madre di Agnese: “L’incontro con Marta è stato conflittuale, è una donna molto distante da me, per questo a metà riprese sono entrata in crisi: io non mi sarei mai comportata come lei. Però per me Cuori Puri è stato un lavoro nuovo, anche bello in un certo senso, perché ha rappresentato un percorso interessante. Mentre giravamo, si è creata un’atmosfera magica, autentica”.
Sul set, oltre al gruppo degli attori, c’era un’altra comunità quella dei rom, che si sono ben mescolati a De Paolis e alla sua troupe ispirando persino qualche cambiamento alla sceneggiatura: “I rom sono sempre sullo sfondo nel film. Sono andato nel campo di Via Salviato e sono diventato anche un po’ amico di alcuni di loro. I ragazzi che recitano in Cuori Puri sono persone che abbiamo conosciuto là. Sono stato bene accolto, ogni tanto qualcuno mi spillava 20 euro, ma tutti avevano voglia di condividere dei momenti con noi, il che è stato utile per il copione, perché ci ha fatto capire il rapporto fra la loro comunità e Stefano, che sviluppa una paura sempre crescente di diventare come gli zingari” ha concluso il regista.




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