Cinema – Film: la casa dei libri

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La casa dei libri – Sta per arrivare nelle sale italiane il film ‘La casa dei libri’, pellicola di Isabel Coixet con Emily Mortimer, Bill Nighy, Hunter Tremayne, Honor Kneafsey, Michael Fitzgerald.
Si tratta di un film drammatico di 113 minuti
Basato sull’omonimo romanzo di Penelope Fitzgerald e ambientato nel 1959, La casa dei libri ruota attorno a Florence Green, una vedova dallo spirito libero, che decide di lasciarsi alle spalle il dolore della perdita del marito e rischia tutto per aprire una libreria – la prima nella sonnolenta cittadina costiera di Hardborough, in Inghilterra. Lottando contro l’umidità, il freddo e l’apatia degli abitanti del luogo, stenta ad affermarsi, ma presto le cose volgeranno al meglio. Apre gli occhi ai gretti abitanti del luogo esponendoli alla migliore letteratura dell’epoca, incluso il libro scandalo del momento, Lolita di Nabokov, nonché Fahrenheit 451 di Ray Bradbury. La cittadina, che per secoli è rimasta uguale a se stessa, conosce così un risveglio culturale. Grazie alle sue attività, trova uno spirito affine, nonché un alleato, nel sig. Brundish, anch’egli stanco dell’atmosfera stagnante della cittadina. Ma con la sua mini rivoluzione sociale si crea ben presto degli acerrimi nemici: si scontra con l’ostilità dei negozianti meno fortunati di lei, nonché con la fiera opposizione della signora Gamart, inacidita e vendicativa donna alfa di Hardborough, aspirante patronessa delle arti e doyenne della scena artistica locale. Quando Florence rifiuta di piegarsi alla volontà della signora Gamart, tra le due ha inizio uno scontro di piegarsi alla volontà della signora Gamart, tra le due ha inizio uno scontro per il possesso della libreria e del cuore e dell’anima della piccola città.
Isabel Coixet parlando del suo film evidenzia la nascita del suo interesse dal libro da cui è tratto il film. “Lessi il romanzo di Penelope Fitzgerald quasi dieci anni fa, nelle Isole Britanniche, durante un’estate particolarmente fredda. Quel libro fu per me un’autentica rivelazione: mi sentii trasportata di peso nel 1959 e credetti veramente di essere l’ingenua, dolce e idealista protagonista, Florence Green. In realtà, lo sono. Sento una connessione profonda con questo personaggio, non mi ero mai sentita altrettanto in sintonia con le protagoniste dei miei film precedenti. Tutti noi ci mettiamo in gioco, quotidianamente. Si colgono grandi opportunità o piccole opportunità, e si corrono dei rischi: e la maggior parte di ciò che facciamo passa inosservato. Ma cosa succede quando NON passa inosservato? E che impatto ha ciò che facciamo sul mondo in cui noi tutti viviamo?
C’è qualcosa di eroico nel personaggio di Florence Green, qualcosa di essenziale e familiare. Si mette in gioco. Unico motivo: il desiderio di aprire una libreria. Non si cura del sostegno di chi le sta intorno, né lo cerca. Semplicemente, si rimbocca le maniche e punta dritta verso l’obiettivo. Di conseguenza, Florence Green non passa inosservata. È qui che le cose si fanno interessanti. Questa donna tranquilla, in un paese tranquillo, in una immota Inghilterra postbellica, è un invito a crescere, ad assumersi la responsabilità di rendere la vita migliore per noi tutti. È un’allegoria dell’oppresso, quando ancora non vi è nessuno che lo sostenga o faccia in modo che creda in se stesso. Florence non è una leader, altre persone ricoprono quel ruolo, che non vogliono vedersi usurpato. Le azioni di Florence, che evidenziano la sua passività come leader nell’ambito del gruppo sociale, innescano la loro collera. Ma Florence mostra la sua grinta: non molla, nonostante i numerosi moniti. La protagonista rappresenta molti dei mondi che ho interesse a esplorare drammaturgicamente: è una donna lungimirante al contrario della maggior parte degli abitanti del luogo. Sta facendo qualcosa di nuovo. Intravede un’opportunità per colmare un vuoto. Nella cittadina dove vive non c’è una libreria. La sua hýbris è essere convinta che la cittadina ne desideri fortemente una. Decide di rischiare e alcuni dei residenti saranno disposti a tutto pur di ridimensionarla. Senza nemmeno rendersene conto, Florence sfida una potente élite sociale. Ottiene il sostegno della Vecchia Guardia, ovvero della “vera” leadership della sua cittadina, ma sarà sufficiente? Florence mi ricorda la prima apparizione dell’auto elettrica. Lei è una piccola voce con un’idea enorme. Mentre i poteri che avversano Florence sono paragonabili a quei conducenti prepotenti che, in autostrada, spingono fuori carreggiata chi viaggia più piano; i suoi trionfi rappresentano quei magnifici pomeriggi in cui siamo testimoni del loro arresto. Il testo originale fa continuamente riferimento al potere del mare e a quanto la casa sia umida e malsana, nonché al fatto che, in genere, uno spazio interno, per essere desiderabile, dovrebbe avere la caratteristica di mantenersi asciutto. Il che corrisponde perfettamente alla rappresentazione dello stato d’animo dei nostri personaggi. Amo la sfida di rappresentare Florence come una raffica di aria fresca che mette in discussione le idee ammuffite della sua cittadina. La sua rivale in quella piccola società, la signora Gamart, è la regina delle muffe – usa l’ammuffita amministrazione pubblica, sommersa dalle scartoffie, per intralciare Florence, e continua a infiltrare l’ammuffito e vischioso personaggio di Milo North tra le compagnie di Florence. Egli le si appiccica addosso, ma non riesce a impregnare tutto, almeno non finché arriverà a trovare una “falla” nella struttura dell’edificio della libreria. L’equilibrio di questo film sta nella stratificazione delle varie scaramucce che Florence deve superare nella sua piccola società. Scaramucce che condurranno alle battaglie, le quali, a loro volta, condurranno alla guerra. Mentre assistiamo alla sua affermazione e alle decisioni che Florence assume per procedere lungo il suo cammino, siamo anche testimoni dell’effetto onda di quel sasso gettato nello stagno, del suo impatto sulle persone intorno a lei. E, anche se alla fine non vince la guerra, Florence lascia un segno in un piccolo gruppo di persone, che, forse, potrebbero a loro volta essere stimolate, nel loro futuro, a prendere iniziative di forte impatto. Alla fine non resta che il dolore sordo, per quanto dolce, dell’ineluttabilità. I fuochi della resistenza hanno bisogno di ossigeno per sopravvivere. L’acqua continua a fluire e, mano a mano che la muffa trova il modo di appropriarsi di una struttura, la demolisce, spazzando via la storia. Ogni parte dovrà mantenere un occhio vigile se vorrà preservarsi. Gli effetti della guerra contro Florence non sono poi così devastanti. Ancora una volta, siamo tutti degli esseri umani, pieni “di strepito e di furore, che non significa nulla.” Florence perde la sua battaglia, ma è stata di ispirazione per Ia futura generazione di combattenti? La mia missione è quella di dimostrare che Florence è invero riuscita a insegnare a tutti noi a lottare per una buona causa”.
La storia ha una forte valenza culturale in quanto la trama è essenzialmente una parabola dei pericoli e delle difficoltà che incombono oggigiorno sul mondo della letteratura e sulla parola scritta, nel momento in cui affronta una società ignorante e gretta, appesantita dalla burocrazia e trainata dal denaro e dalla rivalità. Se la parola scritta, così come noi la conosciamo, dovesse scomparire, tutti i valori culturali e sociali, tutti i valori della conoscenza, scomparirebbero con essa. Siamo stati tutti testimoni della scomparsa, nelle nostre città, di antiche librerie, divorate dai meccanismi di una società che sembra poter fare a meno dei libri. Il film mette in luce questo silenzioso, incessante e definitivo processo di estinzione, le cui conseguenze non sono meno gravi e catastrofiche della distruzione della Biblioteca reale di Alessandria d’Egitto. Il film fa inoltre appello alla libertà di espressione ed è un attacco diretto alle molte forme di ignoranza e censura. La pubblicazione di un’edizione del famoso romanzo di Nabokov, Lolita, fornirà la scusa perfetta per eliminare la libreria di Florence, rivelando l’inequivocabile ipocrisia di una morale che demonizza e condanna qualsiasi discorso incapace di confermare la tiritera del suo falso e dittatoriale codice deontologico. In breve, il film rende anche omaggio alla libertà di espressione e alla pluralità di opinioni e prospettive. Insieme a questi valori, il film racconta anche la lotta personale di Florence. È una specie di Fenice, che cerca di ricostruire se stessa dopo la morte del marito. Un personaggio femminile forte, intelligente, maturo, che si fa guidare dalle proprie emozioni, un personaggio che mette tutta se stessa, tutto ciò che ha per costruire un’impresa culturale intesa come atto d’amore per il suo defunto compagno. Un personaggio che non si aspetta nulla in cambio se non conforto spirituale. I suoi antagonisti, in compenso, vorranno strapparle via il progetto, per crearne un altro, migliore del suo, per ottenere fama e denaro. Questa lotta incarna un fenomeno al quale troppo spesso assistiamo oggi, secondo il quale la cultura non promuove i lavori artistici intrinsecamente più meritevoli, bensì quelli che hanno una natura opportunistica o spettacolare che promette redditività, disprezzando, così, le possibilità curative, rigenerative, formative e incommensurabili offerte dalla cultura e dall’arte. Il film trasuda amore per i libri e per la letteratura da tutti i pori. Un amore puro ed eterno per la lettura, che dovrebbe essere trasmesso di generazione in generazione. Ecco perché la nostra protagonista, nonostante il fallimento finale, è comunque in grado di trasmettere quella passione a Christine, una bambina che rappresenta il futuro di un mondo che non deve voltare le spalle ai libri. Dopo tutto, chi meglio delle nuove generazioni è in grado di preservare l’esistenza di una letteratura, che non è per essi portatrice di interesse aprioristico? La letteratura e il romanzo sono affidati ai giovani d’oggi e a noi è affidato il compito di educarli, di formarli, affinché non abbandonino la parola scritta. Il film si conclude perciò con una nota di ottimismo, che riflette tale sentimento attraverso una sequenza rigenerativa in cui, in fin dei conti, vi è trasmissione di cultura da una generazione a quella successiva, contribuendo così alla costruzione di un mondo migliore e, al contempo, legittimando il ruolo di voce narrante di Christine. È lei che, appellandosi ai membri più giovani del pubblico, trasmette quei valori alla nuova generazione.




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