Cinema – Film – “Non ci resta che vincere” un film veramente speciale

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Non ci resta che vincere – “Non ci resta che vincere” è una commedia francese tutta da guardare. La pellicola, per la regia di Javier Fesser narra la storia di Marco è allenatore di una squadra di basket professionista di alto livello. Sorpreso alla guida in stato di ebbrezza viene condannato a una pena d’interesse generale. Per ordine del giudice deve quindi organizzare una squadra di basket composta da persone con un deficit mentale. Ciò che era cominciato come una pena si trasforma in una lezione di vita sui pregiudizi sulla normalità. Tutti i giocatori della squadra di basket sono interpretati da attori disabili.

Ed è proprio il regista a raccontarci il suo film ed a sciogliere alcune curiosità sulla pellicola.
Dove ha trovato questa storia?
“È piuttosto la storia ad aver trovato me. Ho letto la sceneggiatura originale e mi sono innamorato dei personaggi. È stato soprattutto per il mio desiderio di vedere questo film il cui soggetto mi toccava profondamente che mi sono deciso a realizzarlo. Tutti i personaggi hanno una tal capacità di provocare l’emozione e il riso che non vedevo altra maniera di colpire il pubblico che facendolo ridere emozionandolo. E se in più gli spettatori escono dal cinema col cuore in gola… Ho creduto sempre di più alla forza dei personaggi oltre che a quella della storia, ed é per questo motivo che ho deciso di approfondirle entrambe mettendo in valore le loro differenze e le loro particolarità.
Nel 2000, durante i giochi paraolimpici di Sidney, la squadra di basket spagnola di sport paralimpico è stata condannata per aver fatto partecipare giocatori senza disabilità”.

Era a conoscenza di questa storia?
“Certamente. Ed è senza dubbio una delle ragioni che mi ha spinto a fare il film. Questa storia mi ha colpito enormemente tanto che mi è subito venuta in mente quando ho ricevuto la sceneggiatura di Non ci resta che vincere. Da ciò è dipesa la mia decisione di fare un film autentico, quindi girato
interamente con attori con disabilità reali”.

Questo film tenta di « normalizzare » delle situazioni ingiuste di cui non siamo sempre coscienti.
“Nella nostra società purtroppo capitano delle cose spiacevoli a causa dell’ignoranza, della paura o anche solo per una conoscenza superficiale. Una delle grandi ingiustizie provocate dall’ignoranza è
proprio il cattivo trattamento inflitto ad alcune persone per paura della loro differenza. Penso che questo film dia delle indicazioni per sapere come comportarsi con delle persone differenti”.

Non ha avuto paura di lavorare con una squadra composta per la maggior parte da persone che erano alla loro prima esperienza d’attori?
“Era in effetti uno degli aspetti più imprevedibili del progetto : poter contare su delle persone con degli handicap mentali e che in più non avevano mai messo piede su un set.
Contare su degli attori principianti per recitare il ruolo di protagonisti non è mai facile. Tanto più che nella maggior parte delle scene sono presenti contemporaneamente.
Tuttavia in alcun caso il loro handicap ha influito sul lavoro di scena. Al contrario. È stato un vantaggio poter vedere il loro entusiasmo nel sentire che era « il loro film ».
Ancora non mi capacito della facilità con cui si sono adattati al set.

Come si é svolto il casting degli attori ?
“Abbiamo ricevuto il sostegno di numerose associazioni che ci hanno aiutato a preselezionare 500 candidati, con cui abbiamo fatto dei provini. Un’equipe mobile ha realizzato delle riprese impiegando una strategia di selezione semplicissima. Era infatti complicato selezionare delle persone che potessero lasciare il loro domicilio per quattro mesi di riprese, soprattutto a causa dei loro rispettivi handicap. Sui 500 candidati che hanno partecipato al casting, ne ho richiamato qualcuno innazitutto per conoscerlo meglio, ma anche per affinare i dialoghi attraverso le mie conversazioni con loro. Questa strategia ci ha fornito un approccio unico che ha enormemente arricchito la storia.

Javier Gutiérrez ha dato un grande contributo d’autenticità…
“E non è un caso se in Spagna un sacco di registi se lo contendono. Io avevo lavorato con lui due anni fa per un cortometraggio e gli avevo già parlato del progetto. Ho dovuto essere convincente perché si è subito innamorato di Non ci resta che vincere e mi ha assicurato che non avrebbe
mai abbandonato il progetto. La sua collaborazione è stata fondamentale da un punto di vista personale e professionale”.

Altri registi avrebbero fatto a meno dello humour, invece lei ha scelto di sfruttarlo. Ha dovuto prendere delle precauzioni?
“Ogni inquadratura è stata sconvolgente, talmente era forte la capacità di queste persone di suscitare emozioni, restando allo stesso tempo sincere e autentiche. Penso che tutti noi vorremo essere cosi’, ma per qualche motivo che non conosco ci ostiniamo a dissimulare ciò che siamo nel più profondo di noi stessi. Questa tenerezza nei loro confronti è ciò che mi ha risparmiato da ogni goffaggine”.

Come vi siete organizzati per girare le scene delle partite?
“Avevo riflettuto e lavorato molto a queste scene. Ma non avrei mai creduto che mi avrebbero causato tanti problemi durante le riprese come in fase di montaggio. Una volta terminate, la magia del cinema si è messa in moto e tutto sembra reale”.




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