Cultura – I 600 ANNI DELLA CUPOLA DI BRUNELLESCHI

537

Cupola Brunelleschi –  600 anni fa, il 7 agosto 1420, l’Opera di Santa Maria del Fiore dà inizio alla costruzione della Cupola del Duomo di Firenze su progetto di Filippo Brunelleschi. Un’impresa considerata impossibile che sarà realizzata grazie al genio del grande architetto.

La Cupola di Brunelleschi, ancora oggi la più grande in muratura mai realizzata, è uno dei monumenti più celebri al mondo, visitato da circa un milione di persone all’anno di tutte le nazionalità.

Per celebrare questa importante ricorrenza, l’Opera di Santa Maria del Fiore ha predisposto un programma di iniziative per l’anno 2020 che comprende concerti e spettacoli, proiezioni notturne in video mapping 3D sull’esterno della Cupola, convegni, edizioni di libri e tour virtuali.

 

Ad aprire le Celebrazioni sarà il concerto La Cupola armonica il 16 aprile (ore 21.15) nel Duomo di Firenze con l’esecuzione in prima assoluta del Sognatore di cupole per coro, voci bianche e strumenti, appositamente composto da Salvatore Sciarrino su commissione dell’Opera di Santa Maria del Fiore. Il concerto è affidato alle Voci Bianche e al Coro del Maggio Musicale Fiorentino, istruiti da Lorenzo Fratini, e a un nutrito gruppo di rinomati strumentisti, tutti sotto la bacchetta dello statunitense Gary Graden. A caratterizzare la particolarissima serata – realizzata con la direzione artistica di Gabriele Giacomelli e inserita nel programma della rassegna O flos colende – sarà la riproposta, per la prima volta dopo secoli, dell’antica prassi di cantare e suonare dentro la Cupola, che prevede una disposizione dei musicisti non soltanto sul pavimento ma anche sugli alti ballatoi che corrono lungo tutto il perimetro delle absidi e della cupola stessa.

L’8 ottobre sarà la volta dello spettacolo teatrale Con il cielo dentro in Cattedrale di Santa Maria del Fiore (ore 21.15) da un’opera inedita di Davide Rondoni che Giancarlo Cauteruccio mette in scena per le Celebrazioni, in prima assoluta. Dopo circa vent’anni dall’intensa collaborazione con Mario Luzi per l’indimenticabile Opus Florentinum, Cauteruccio torna a lavorare in compagnia di un poeta e a confrontarsi con una delle architetture fondamentali della storia e della bellezza.

Sarà il dramma in musica Oltre l’azzurro. Il sogno di Brunelleschi, con musica di Silvia Colasanti e testo di Maria Grazia Calandrone, a chiudere le Celebrazioni il 20 novembre sempre presso la Cattedrale di Santa Maria del Fiore (ore 21.15). In prima esecuzione assoluta, la nuova partitura è stata appositamente commissionata dall’Opera di Santa Maria del Fiore, secondo il progetto ideato e realizzato con la direzione artistica di Francesco Ermini Polacci. L’esecuzione è affidata all’Orchestra Giovanile Italiana della Scuola di Musica di Fiesole e al direttore francese Pierre-André Valade, già apprezzati interpreti di altre partiture di Silvia Colasanti, affiancati dalle voci miste della Cappella Musicale della Cattedrale di Santa Maria del Fiore e da quelle bianche dei Pueri Cantores sotto la guida di Michele Manganelli, maestro di cappella della Cattedrale.

A settembre 2020, per la prima volta nella storia, saranno realizzate delle spettacolari proiezioni notturne in movimento, in video mapping 3D, su alcune delle vele della Cupola di Brunelleschi che racconteranno, mediante elaborazioni grafiche tridimensionali, gli aspetti più significativi della costruzione del monumento più celebre di Firenze. Il progetto, degli architetti Roberto Corazzi e Samuele Caciagli, s’intitola “La macchina impossibile”. Grazie alla tecnologia fornita da Stark, azienda leader nelle grandi proiezioni architetturali e video mapping 3D, le proiezioni saranno visibili dalla parte sud della città di Firenze e in particolare da Piazzale Michelangelo, punto di vista privilegiato per la più grande Cupola in muratura al mondo.

Il 25 e 26 settembre all’Antica Canonica di San Giovanni si terrà il convegno internazionale “Attorno alla Cupola di Brunelleschi: cantieri di cattedrali a Confronto (Italia, Francia, Spagna)”, organizzato dall’Opera in collaborazione con la Deputazione di storia patria per la Toscana. Il convegno intende mettere a confronto l’organizzazione del lavoro dell’impresa brunelleschiana con quella di alcune grandi cattedrali dell’Occidente medievale. Il 19 e 20 novembre, sempre in Antica Canonica di San Giovanni, sarà la volta del convegno “L’Uovo di Filippo. La Cupola di Brunelleschi fra storia, fortuna e conservazione” che affronterà i temi nati dalla presenza della cupola nel profilo paesistico di Firenze. Si parlerà della Cupola a partire dal contesto storico alla sua fortuna nella letteratura e nell’iconografia, dalla storia della sua architettura, al restauro e conservazione del monumento. È in corso, fino al 19 maggio, il ciclo di conferenze Ricorrenze di Brunelleschi e Raffaello a cura di Antonio Natali, Sergio Givone e Vincenzo Vaccaro.

Il 14 maggio al Teatro Niccolini (ore 17.00) sarà presentato per la prima volta in Italia il volume dedicato alla Cupola di Brunelleschi e agli affreschi di Vasari e Zuccari a cura di Scripta Maneant editore, con le immagini esclusive della nuova campagna fotografica con riproduzioni in scala 1:1.

Il 4 giugno, sempre al Niccolini (ore 17.00) sarà la volta di una lettura teatrale dal libro “Fra terra e Cielo. La vera storia della Cupola di Brunelleschi” di Sergio Givone, edizioni Solferino. A seicento anni dall’inizio dei lavori di costruzione della Cupola, Givone fa rivivere le voci, i gesti, i personaggi e i retroscena di una saga drammatica ed eroica, scoprendo il sogno di un artista visionario che sfidò le leggi della fisica e lo scetticismo dei contemporanei. Infine, l’Opera di Santa Maria del Fiore darà alle stampe una nuova edizione del volume “Vita di Filippo Brunelleschi” di Antonio Manetti, a cura di Giuseppe Giari con la presentazione di Antonio Natali, edizioni Mandragora.

Dal 4 maggio, sarà possibile partecipare al tour “Una visione olografica della cupola. Tra realtà fisica e virtuale nel Museo dell’Opera del Duomo”, la cui applicazione è stata realizzata da Witapp. Grazie ad un occhiale immersivo, il visitatore potrà navigare alla scoperta di contenuti olografici e vivere un’esperienza del tutto innovativa all’interno della Galleria della Cupola dove sono stati mappati sei punti d’interesse che l’utente potrà scoprire ricevendo dei contenuti virtuali (testi, audio e immagini) su Brunelleschi e la costruzione della Cupola. Infine un concorso rivolto agli Istituti d’arte a Firenze, i cui studenti saranno chiamati a realizzare una creazione artistica che prenda ispirazione dal capolavoro di Brunelleschi. Una giuria di esperti sceglierà tre lavori fra quelli ricevuti che saranno premiati il 30 ottobre ed esposti, dal primo al 20 novembre, nello spazio all’ingresso del Museo dell’Opera del Duomo.

Al momento della sua costruzione, la Cupola del Brunelleschi era la più grande del mondo: rimane ancora oggi la più grande in muratura mai costruita. «Chi mai sì duro o sì invido non lodasse Pippo architetto vedendo qui struttura sì grande, erta sopra e’ cieli, ampla da coprire con sua ombra tutti e’ popoli toscani, fatta sanza alcuno aiuto di travamenti o di copia di legname, quale artificio certo, se io ben iudico, come a questi tempi era incredibile potersi, così forse appresso gli antichi fu non saputo né conosciuto?». Sono parole di Leon Battista Alberti, grandissimo architetto rinascimentale, che al celebrato maestro Brunelleschi volle rendere questo rispettoso omaggio. Tanto grande da coprire con la sua ombra tutti i popoli toscani: una grandezza non solo fisica, dunque, quella di una cupola che mortificava ogni altra costruzione, per quanto ardita, passata e presente, e proiettava il suo autore, e tutta Firenze, nell’Olimpo dell’Arte.

Questo capolavoro architettonico ha una storia interessante tutta da raccontare.

Fu nel 1418 che la corporazione dell’Arte della Lana bandì il concorso per la realizzazione della cupola del Duomo di Firenze, dedicato a Santa Maria del Fiore. La grandiosa architettura di questo sacro edificio era stata progettata oltre cento anni prima dall’architetto e scultore Arnolfo di Cambio, che aveva posto la prima pietra nel 1296. Nel suo progetto, Arnolfo aveva previsto una copertura a cupola; questo lo sappiamo con ragionevole certezza, non perché si siano conservati i disegni di Arnolfo ma grazie a un affresco della seconda metà del Trecento: la Chiesa militante, dipinto dal fiorentino Andrea Bonaiuti nella Basilica di Santa Maria Novella, prima che la chiesa fosse ultimata. Il dipinto ci mostra, quindi, quale aspetto avrebbe dovuto assumere la nuova cattedrale, così come Arnolfo l’aveva progettata: un corpo longitudinale innestato a un vano ottagonale aperto da tre nicchioni, coronato da cappelle e coperto a cupola. Osserviamo, nell’affresco, che la cupola (certamente pensata in pietra) è priva di tamburo, dunque più bassa di quella che poi sarà realizzata nel XV secolo, eppure vi riconosciamo senza difficoltà il prototipo della copertura che ancora oggi ammiriamo.

Arnolfo morì a lavori iniziati; il cantiere venne quindi diretto da altri architetti dopo di lui: Giotto, assistito da Andrea Pisano, dal 1334; Francesco Talenti, dal 1349, e altri, tra cui Lapo Ghini, che vi lavorò dal 1357. Giotto progettò il campanile; Talenti ampliò la pianta; Ghini, invece, alzò l’imposta della cupola di tredici metri sopra la copertura delle navate, costruendo il bel tamburo ottagonale aperto dalle grandi finestre circolari. La generale concezione arnolfiana venne tuttavia rispettata. All’inizio del XV secolo, l’edificio era quasi completamente ultimato; mancavano la facciata (che poi sarebbe stata realizzata nell’Ottocento) e, appunto, la cupola, e questo non era un problema da poco.

Dobbiamo considerare che il Duomo di Firenze è un edificio enorme, che giganteggia nella città: lungo 153 metri, progettato per contenere 30.000 persone, è oggi la quinta chiesa d’Europa per grandezza, dopo la Basilica di San Pietro a Roma, la Basilica di San Paolo a Londra, la Cattedrale di Siviglia e il Duomo di Milano. Il diametro della cupola è largo, da solo, 43 metri verso l’interno (il diametro totale è di 54,8 metri): un vero e proprio cratere che si apriva sul tetto del Duomo ad un’altezza di circa 60 metri e che, in qualche modo, si doveva coprire. Ma come? Arnolfo non aveva lasciato indicazioni, ammesso poi che davvero sapesse come fare, giacché non si può escludere che si fosse limitato a concepire una grande idea lasciando che i suoi continuatori trovassero il modo di metterla in pratica.

Costruire una copertura di quelle dimensioni era un’impresa non da poco, e anche l’esempio della cupola del Pantheon a Roma, ancora meravigliosamente intatta, non aiutava: gli antichi romani l’avevano realizzata in calcestruzzo, una tecnica che nessuno conosceva più. La cupola del duomo fiorentino doveva per forza essere costruita in pietra o in mattoni, come le volte delle cattedrali gotiche. Ma la realizzazione di un’armatura in legname (centina) che partisse da terra innalzandosi per novantatre e più metri di altezza (stiamo parlando dell’equivalente di un edificio di 31 piani), era considerata impossibile oltre che troppo costosa. Inoltre, nessuna varietà di legno avrebbe potuto reggere il peso di una copertura così ampia e pesante fino al suo completamento.

Il concorso del 1418 richiedeva proprio la risoluzione a questo problema: non “se” fare la cupola o meno, ma “come” farla. Si presentarono diciassette architetti, fra cui Filippo Brunelleschi (1377-1446), che fu l’unico ad arrivare in fondo alle selezioni. La sua idea era semplice e geniale insieme: realizzare una cupola “autoportante”, costruita senza centine e capace di sostenersi da sé in ogni fase della sua costruzione. Predispose un modello e simulò la costruzione della cupola (ovviamente in scala) nella Chiesa di San Jacopo Soprarno.

Ottenuto l’incarico, Brunelleschi costruì una struttura a doppia calotta, ossia due cupole distinte, una dentro l’altra, connesse da ventiquattro speroni (legati da archi orizzontali d’irrigidimento) che irrobustiscono quella interna e scompongono in tre parti le facce molto larghe di quella esterna.

L’aggetto costante di questi speroni garantisce il parallelismo delle due calotte, all’interno delle quali fu realizzata una scala che porta fino in cima alla struttura.

La cupola fu costruita in pietra nella parte inferiore, sino a quando la curva delle pareti lo consentì; poi si usarono i mattoni, disposti non per ricorsi paralleli concentrici, com’era usuale, ma con un sistema di incastro detto a “spina di pesce”, che consisteva nel disporre i ricorsi di mattoni verticalmente, di seguito ad altri collocati di piatto.

Per ragioni di ordine statico, Brunelleschi fu obbligatorio realizzare una struttura di forma ogivale, ossia non semicircolare ma con una punta, come i tipici archi gotici. Nelle rifiniture, l’architetto dette grande prova delle sue capacità progettuali. Scartando ogni soluzione mirata a legare visivamente la sua costruzione alle preesistenti strutture trecentesche, egli determinò l’immagine della cupola attraverso un semplice ma efficacissimo effetto cromatico, ben percepibile anche a molti chilometri di distanza; la superficie della struttura infatti fu ricoperta con tegole rosse e spartita con otto creste di marmo bianco, poste in corrispondenza dei costoloni angolari. Tali creste, la cui raggiera è conclusa dalla lanterna, non hanno alcuna funzione portante, eppure sembrano costituire uno scheletro leggero, simile a quello di un ombrello, che fa apparire le pareti come fossero membrane tese.

La cupola, «magnifica e gonfiante» secondo il biografo quattrocentesco di Brunelleschi, Antonio Manetti, appare dunque sospesa sulla città, oltre i profili dei tetti, senza però risultare incorporea, grazie al suo congegno geometrico che ne garantisce la necessaria consistenza tridimensionale. Il nitido profilo della sua sagoma le conferisce un valore paesaggistico eccezionale, obbligato punto visivo di riferimento per l’intero territorio, tenuto conto che la cupola è visibile da 70 km di distanza.

Completata la costruzione della cupola, molti anni dopo la sua progettazione, Brunelleschi iniziò a realizzare anche la Lanterna (1438-60) e le quattro edicole semicircolari note come “tribune morte” (1438-70). La Lanterna, concepita come un vero e proprio tempietto a pianta centrale, conclude magistralmente la struttura della copertura, raccordando le otto creste di marmo bianco con le volute dei propri contrafforti. Il suo valore urbanistico è evidente; le straordinarie dimensioni (la sola sfera bronzea di coronamento ha oltre 2 m di diametro) le consentono di spiccare sul panorama fiorentino.

Alla base del tamburo, le Tribune morte furono realizzate con funzione di contenimento statico, dunque in sostituzione degli archi rampanti gotici, per puntellare i quattro lati dell’ottagono non rinforzati dalle volte delle tre absidi. Aperte da grandi nicchie adorne di grosse conchiglie, esse presentano una delle forme più pure fra quelle concepite dall’architetto.

Brunelleschi è descritto dai suoi contemporanei come un tecnico geniale e un inventore versatile, un giudizio del tutto condivisibile. Come ha osservato un celebre storico dell’architettura, Leonardo Benevolo, egli intervenne nel cantiere aperto del duomo raggiungendo «una virtuosistica combinazione fra la fedeltà al tema da portare a termine e la libera scelta dei mezzi». Brunelleschi, insomma, riuscì a dare forma ad una nuova figura professionale di architetto: quella di un progettista in grado di riassumere e fare propri tutti gli strumenti della tradizione oltre che di garantire, con la sua personale responsabilità, l’intero processo esecutivo, inclusa la realizzazione dei particolari. Non fu una conquista né facile né indolore. Ma qualunque architetto contemporaneo, oggi, dovrebbe essere consapevole di quanto è grande il debito di riconoscenza che ogni professionista dell’architettura deve a questo genio.




Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *