Nella Grotta Guattari resti di 9 uomini del Neanderthal

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Guattari – Un’indagine portata avanti in quello che da 80 anni è considerato tra i siti più importanti del paleolitico medio. E che oggi si arricchisce di un nuovo eccezionale ritrovamento con i resti ricomposti di 9 individui di Neanderthal e di un incredibile numero di preziosi fossili, animali e vegetali.

E’ un viaggio nel tempo lungo oltre 100 mila anni quello che stanno facendo archeologi, paleontologi, antropologi, archeobotanici che da ottobre 2020 sono impegnati nella Grotta Guattari al Circeo n una nuova campagna di scavo condotta dalla soprintendenza archeologica delle province di Latina e Frosinone in collaborazione con l’Università di Tor Vergata. Grotta Guattari è un importante sito preistorico e paleontologico conosciuto in tutto il mondo. Si apre a cinque metri s.l.m. e a circa duecento metri dalla costa alla base del Colle Morrone, estremità orientale del Monte Circeo. La grotta è rimasta nascosta per circa 50.000 anni da una frana fino a quando il 24 febbraio 1939 alcuni operai che eseguivano lavori di scasso per l’estrazione di pietra calcarea alla base della collina nella proprietà dell’albergo Guattari (oggi Hotel Neandertal) misero in luce l’ingresso di una cavità che si presentava non molto profonda e si articolava in antri secondari. Il piano di calpestio attuale presenta una superficie di poco più di 100 metri quadrati, è formata da un vano principale e da due antri secondari: l’Antro del Laghetto e l’Antro dell’Uomo. Un tuffo in un passato lontanissimo in cui questo lembo di territorio era abitato dagli uomini di Neanderthal, i ‘cugini’ più anziani e poi misteriosamente estinti dell’homo sapiens, e là dove ora si trovano spiagge e terre coltivate si estendevano a perdita d’occhio verdi praterie. Ma anche da animali feroci, iene, rinoceronti, orsi delle caverne. Esemplari grandissimi come lo spropositato megalocervo oppure antichi come l’uro, una razza di bovino poi estinta. Un’indagine delicata portata avanti in quello che da 80 anni è considerato tra i siti più importanti del paleolitico medio. E che oggi si arricchisce di un nuovo eccezionale ritrovamento con i resti ricomposti di 9 individui di Neanderthal e di un incredibile numero di preziosi fossili, animali e vegetali. “Una scoperta straordinaria”, applaude il ministro della Cultura Franceschini sottolineando il lavoro della soprintendenza. Di fatto, spiegano gli esperti che da mesi sono al lavoro tra le rocce e le ossa sparse in questo mondo sotterraneo a due passi dal mare che fu della maga Circe, una sorta di smisurata banca dati che sarà utilissima per ricostruire la storia, ma anche l’ecosistema di queste terre in un arco di tempo lontanissimo, per i non addetti ai lavori persino difficile da immaginare, che va da 125 mila a 50 mila anni fa. Scoperta casualmente nel 1939, la Grotta Guattari, studiata a suo tempo dal paleontologo Alberto Carlo Blanc, deve la sua eccezionalità ad un crollo che circa 60 mila anni fa l’ha sepolta sigillandone l’apertura e facendo sì che tutto si mantenesse così com’era, in pratica una sorta di capsula del tempo. Proprio per questo e per il ritrovamento allora di una calotta cranica straordinariamente ben conservata è stata subito annoverata tra i siti più importanti al mondo per lo studio dell’uomo di Neanderthal. Il nuovo intervento, fatto con l’aiuto di tecnologie e competenze che 80 anni fa non erano neppure immaginabili e allargato ad una zona della grotta che non era mai stata indagata neppure da Blanc, apre ora scenari di enorme interesse per la ricerca, spiega Francesco Di Mario, il funzionario archeologo della soprintendenza che dirige lo scavo. Gli scheletri umani ricomposti, racconta, “appartengono tutti ad individui adulti, fatta eccezione forse solo per uno che potrebbe essere di un giovane”. Tra loro una sola femmina. Ma non si tratta di persone vissute tutte nella stessa epoca: i più vicini a noi sarebbero vissuti tra i 50 mila ed i 68 mila anni fa, il più antico addirittura tra i 100 mila ed i 90 mila anni fa. Adesso tutto questo materiale dovrà essere studiato, fa notare il direttore del servizio di antropologia del Sabab Lazio Mario Rubini, ma già dalle prime indagini sono arrivate tantissime informazioni, “un’analisi sul tartaro dei denti – anticipa – ha mostrato per esempio che la loro dieta era molto variata, mangiavano molti prodotti cerealicolo vegetariani, frutto della raccolta, ed è noto quanto una buona alimentazione sia fondamentale per lo sviluppo dell’encefalo” . Tant’è, con i nuovi ritrovamenti, ribadisce Rubini, il sito del Circeo diventa “assimilabile per importanza a quello di El Sidron in Spagna o a quello di Krapina nell’ex Jugoslavia. La cosa incredibile al momento è che ci ha restituito molti individui, tanti da accendere una luce importante sulla storia del popolamento dell’Italia”. Gli uomini di Neandertal vagavano per vaste regioni scarsamente popolate accampandosi per brevi periodi. Si rifugiavano soprattutto all’ingresso di grotte e sotto rocce sporgenti e potrebbero aver utilizzato pelli di animali e altri materiali per costruire semplici rifugi nelle caverne o all’aperto. Conoscevano il fuoco e furono fra i primi ominidi a seppellire i morti anche se le loro tombe sono estremamente semplici e prive di qualsiasi indizio inequivocabile di riti o cerimonie. Va sottolineato che le strategie di sussistenza dei Neandertaliani erano molto flessibili nello spazio e nel tempo in relazione alle risorse alimentari dei vari ambienti e, presumibilmente, prevedevano attività di sciacallaggio in periodi di abbondanza per gli alimenti di origine vegetale. La speranza adesso è che studiando quest’immensa mole di materiale si possa arrivare a risolvere i tanti misteri che avvolgono questa specie. Uno in particolare, legato proprio alla Grotta laziale, dove tutti i crani ritrovati presentano una larga apertura alla base, come se qualcuno li avesse aperti apposta per mangiarne il cervello. In passato, ricorda l’antropologo, “era stata avanzata l’ipotesi di un rituale di cerebrofagia”, ma l’interrogativo è ancora aperto, dice, “potrebbe essere stato l’uomo ad aprire il foro occipitale e la iena a finire di sgranocchiarlo, potrebbe essere stata la iena stessa ad aprirlo, e potrebbe semplicemente trattarsi di una rottura dovuta al caso”. E’ uno degli enigmi, forse uno dei più inquietanti, che il lavoro dei prossimi mesi potrebbe riuscire a svelare.




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