Spettacolo – Cinema: Museo – Folle Rapina a Città del Messico

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Museo – Folle Rapina a Città del Messico è un film di Alonso Ruizpalacios, con Gael García Bernal, Leonardo Ortizgris, Alfredo Castro, Simon Russell Beale, Lisa Owen.
128 minuti nei quali il regista appare voler inviare un messaggio con il quale far capire a tutti, ma specialmente ai giovani che arriva il momento nella vita di fare delle scelte, le scelte giuste.

A trent’anni compiuti, Juan Nuñez e Benjamín Wilson non sembrano intenzionati a finire la scuola di veterinaria o lasciare la casa dei loro genitori. Al contrario, si crogiolano in quel confortevole limbo che è il distretto di Satelite, la versione messicana della periferia americana. In una fatale Vigilia di Natale, tuttavia, decidono che il momento di agire è arrivato, e progettano quella che sarà ricordata come la più famigerata rapina di reperti nella storia del Messico. Liberandosi dalla tradizionale cena in famiglia e approfittando dell’assenza della sicurezza per le feste natalizie, Juan e Benjamín saccheggiano l’iconico Museo Nazionale di Antropologia del Messico dei suoi reperti più preziosi per intraprendere una (dis)avventura che cambierà per sempre le loro vite. L’entità della rapina supera le aspettative dei due giovani ladri dilettanti che, il mattino seguente, realizzano (anche se ormai è troppo tardi) la portata e le implicazioni del loro gesto. Esitanti sui passi da percorrere a seguito del loro piano male organizzato, si lasciano tutto alle spalle e partono per un viaggio che li porterà dalle rovine Maya di Palenque al mondo sotterraneo decadente di Acapulco Bay in un inutile tentativo di ricettare quei tesori talmente preziosi e riconoscibili che nessuno osa acquistare. Ispirato da eventi realmente accaduti e girato in location messicane mai riprese prima d’ora, Museo è un racconto beffardo che trae ispirazione dal proverbio: “non sai mai quello che hai finché non lo perdi”. Museo è il secondo lungometraggio di Alonso Ruizpalacios dopo Gueros, film che ha conquistato premi in molti festival.

Un film divertente adatto a a tutti coloro che cercano un divertimento semplice ma intelligente. Gael Garcia Bernal dà una performance esilarante come attore affiancato da un ottimo Leonardo Ortizigris. Anche Simon Russell Beale era bravo nella sua breve apparizione. La sceneggiatura è molto variegata e ricca di arguzia. La regia è molto curata ed attenta alle ambientazioni, tutte molto interessanti. La storia non è particolarmente originale, ma i personaggi sono bizzarri e divertenti.
La trama offre il pretesto per soppesare il vero valore di persone, gesti o semplici cose. In buona sostanza nessuno conosce davvero il valore di ciò che possiede finché non lo perde. Un teorema efficace in qualsiasi senso lo si esamini. Nella fattispecie, i conservatori del museo comprendono l’importanza dei pezzi esposti solo una volta che sono stati sottratti. Il pubblico ne comprende l’immenso pregio storico-artistico al punto da affollarsi davanti alle vetrine spoglie. Insomma è qui l’epicentro di un film che tocca anche altri tasti delicati come quello della verità e della legalità, mettendo in parallelo il gesto dei ladri con quello di chi ha allestito il museo, a sua volta saccheggiando qua e là gli oggetti, destinati poi all’esposizione.
Museo è la “replica” della rapina al Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico recita un cartello nero sullo schermo. Il fatto di cronaca, veramente accaduto nella notte della vigilia di Natale del 1985, tratta di quando furono rubati alcuni dei capolavori più preziosi dalla collezione d’arte Maya, in barba ai vigilanti presi a festeggiare la natività cristiana.
La visione del film e le scene non sono mai casuali. L’intento del regista è esplicitamente quello di suggestionare lo spettatore tra preziosi esemplari archeologici, meraviglie naturali messicane, i due ragazzi sperduti inseguono un miraggio di ricchezza che non diverrà realtà (il collezionista inglese li mette di fronte alla realtà: “sono pezzi inestimabili che non valgono nulla: nessuno comprerà mai la refurtiva”). Piano piano Juan comprende l’inutilità della sua azione, il naufragio della costruzione macchinosa del colpo perfetto, la vacuità di aver immaginato tale piano. Dopo ricerche, viaggi on the road, ubriacature con la spogliarellista danzatrice del ventre, tutto riporterà i due ladruncoli al punto di partenza. “Il perché si fa una cosa lo conosce solo chi la fa”, un fuori campo che scandisce la pellicola diventa il senso intero della storia: i due protagonisti non sanno perché hanno compiuto l’azione criminosa, non lo hanno mai saputo, mai lo sapranno. Eppure l’hanno fatta. Hanno rubato in un museo dove andava meno gente di quando le opere da vedere erano assenti: hanno avuto un merito e invece dovranno pagare. Lo stile in questo film è tutto: l’uso della musica, della voce fuori campo, del montaggio, dei movimenti di macchina tendono a costruire una storia che ha del fantastico, del surreale, dell’onirico eppure è realistica, addirittura ispirata a un fatto realmente accaduto.. Museo distrae e rallegra, emoziona senza turbamento, fa empatizzare lo spettatore con personaggi non edificanti, non malvagi, non costruttivi: ragazzi sperduti che, come Peter Pan, non vogliono, o non hanno mai imparato, a crescere e questo sarà la loro condanna.




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