TAVOLA IMBANDITA (per Roberto e Lucia) di Fabio Annovazzi

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Annivszzi – La tavolata si rimpiccioliva man mano che la stagione estiva volgeva al termine. Non c’era bisogno di scrutare il calendario per intuire che settembre era alle porte, bastava osservare il diminuire lento ma inesorabile dei commensali sotto le fresche frasche del maestoso noce per rendersene conto. Molteplici famiglie in vacanza si riunivano per pranzo o cena condividendo in allegria le varie pietanze cucinate. Un brulichio incredibile e festoso, nei paraggi di un gigantesco e datato casone, sembra passato un secolo ma sono trascorsi solo pochi decenni. Dalla porta di quello che era considerato il Castello del paese uscivano in continuazione persone armate di sedie, tavoli, tovaglie, stoviglie, pentole e piatti; un via vai incredibile, una processione che sembrava non aver mai fine. Poi, giunti al termine dei vocianti pasti e riordinato il tutto, le sdraio prendevano il posto delle cadreghe: chi ronfava beatamente – pancia piena chiama riposo- chi leggeva i quotidiani e riviste, qualcuno azzardava persino una piccola tintarella sotto i raggi solari. Verso pomeriggio inoltrato giungeva il momento opportuno per una combattuta partita a scala 40, annotando rigorosamente i punti sul taccuino; e alla sera, mentre i fanciulli si sfidavano in epiche partite di nascondino, il chiacchiericcio effervescente si protraeva sino allo scoccare delle undici. Pochi andavano oltre l’orario canonico, i più ritornavano lesti nelle proprie stanze per il riposo notturno. Non so quale capienza umana massima si sia ottenuta in questa specie di casa colonica, so di per certo che da quel portone sono entrate e uscite centinaia di persone: diversamente giovani, bambini, ragazzi, famiglie. Per la maggior parte bergamaschi, ma con una nutrita presenza anche dal resto d’Italia, Roma compresa. Nell’epoca d’oro del paesello i residenti estivi del Castello riuscivano ad allestire persino una combattente (e vincente) squadra di calcio; coppe e trofei facevano bella mostra di se in una stanza in fondo a destra dove noi marmocchi giocavamo a Subbuteo. Ma questo film in presa diretta (ben riuscito) non sarebbe stato possibile senza un grande regista. Anzi due registi. Roberto e Lucia gestivano con maestria le danze umane interne ed esterne all’abitazione; estrosi quanto basta, erano capaci di fare da collante creando nel casolare un clima comunitario e armonico. Mai sentito una lamentela o uno screzio tra gli ospiti, anzi sono nate grandissime amicizie, e ciò fondamentalmente grazie alle innate capacità “unitive” di loro due. Badavano al sodo, all’essenza più che all’apparenza. L’alpino Robi era un vulcano di idee, integerrimo organizzatore di epiche passeggiate/giochi/eventi, scherzoso senza essere mai volgare, grande speaker con la battuta pronta nelle feste estive. Lucia, che ha per altro origini averaresi, lo seguiva a ruota: tranquilla, ma decisa, grazie alla sua risata contagiosa e coinvolgente sapeva districare i piccoli nodi che inevitabilmente si creavano ogni tanto tra turisti col carattere differente. Inseriti perfettamente nell’ambiente umano del paesello erano, e sono, benvoluti da tutti. Da qualche anno il Castello si è svuotato di bipedi pensanti, l’immobile è stato venduto alla mia azienda e Roberto e Lucia si sono trasferiti appena sopra, nella frazione Costa. Quello che fu un glorioso agglomerato pullulante di vita è divenuto solo un semplice e triste magazzino. Entrandovi sporadicamente mi sembra ancora di percepire in modo chiaro tutta l’umanità qui transitata. La cosa che lascia più stupefatti è che vi erano solo due bagni (e poche docce vicino alle cantine) a disposizione dei tantissimi utenti, una cosa impensabile per le esigenze del turismo mordi e fuggi odierno. Un mondo in bianco e nero sicuramente più povero, certamente più vero; e meno spocchioso. Fuori non ci sono più tavoli apparecchiati, solo una volta in agosto l’amica Sara fa spostare le auto e raduna ancora dei commensali sotto il glorioso noce per un riuscito pranzo in compagnia. Avverrà così anche nel corrente 2025. Quest’anno però non ci saranno i due primi registi di un tempo, sono rimasti nel loro quartiere in città: Lucia sta combattendo con tutte le sue forze contro un orrendo male, e Roberto, anche lui coi suoi acciacchi, l’assiste premuroso. La loro mancanza si fa sentire, nel paese questa ennesima assenza emette un silenzio assordante e malinconico in grado di spaccarti il cuore a metà. I vuoti non si riempiono più, il testimone generazionale sta cadendo per terra anche a livello di villeggiatura, e la tavola imbandita rimane solo uno sbiadito flashback del passato prossimo. Almeno non facciamoci rubare dall’incalzare del tempo questi ricordi, teniamoli stretti al cuore, sono sicuro che prima o poi dall’Alto riusciranno a scrivere dritto anche in queste sbiadite righe storte. Spes non confundit.




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