Libano paese dimenticato

341

Anche in Libano la vita dei cristiani risulta essere più difficile ogni giorno che passa. Mentre nella vicina Siria ormai la situazione appare invivibile tra il silenzio generale (alle truppe invasori interessa soltanto spartirsi il territorio e non salvare la popolazione allo stremo), in Libano la vita è complicata da decenni ma nel silenzio totale. Più volte abbiamo raccolto notizie allarmanti da fonti locali, amici ma anche religiosi che trascorrono la vita tra il Libano e l’Italia. Le novità odierne vengono invece da una delle poche agenzie che ci racconta di queste martoriate terre la Fides che ha raccolto una testimonianza inconfutabile del patriarca Bechara Boutros Rai. La crisi degli istituti scolastici privati innescata dalla disposizione governativa di nuove “griglie salariali” per i lavoratori del settore pubblico, sta cominciando ad avere effetti difficilmente reversibili: il Patriarca maronita Bechara Boutros Rai ha reso noto che alla sede patriarcale di Bkerkè cominciano a giungere a ritmo sempre più frequente messaggi che comunicano la chiusura di scuole private nelle aree rurali e nelle periferie urbane. Altri istituti scolastici – ha aggiunto il Patriarca maronita durante l’omelia della messa celebrata domenica 18 marzo – hanno giù comunicato alle famiglie dei propri studenti l’impossibilità di proseguire la propria missione educativa se non ci saranno entro breve interventi governativi volti a affrontare l’emergenza, e se nel bilancio preventivo nazionale per l’anno 2018 non verrà inserito l’emendamento che dovrebbe riservare alle scuole private i fondi necessari per finanziare l’adeguamento degli stipendi dei dipendenti alle nuove griglie salariali.
Durante l’omelia, il Primate della Chiesa maronita ha sottolineato che anche le scuole non statali svolgono un servizio pubblico, e l’adeguamento dei salari del personale docente e amministrativo alle nuove griglie salariali non può essere caricato sulle spalle delle famiglie, se non si vuole trasformare la rete di scuole private in altrettante “scuole per soli ricchi”, contraddicendo radicalmente la fisionomia e lo spirito con cui sono nate la gran parte di esse. Il Patriarca ha anche sottolineato che le richieste di sostegno rivolte al governo vengono sostenute da istituti scolastici d’ispirazione sia cristiana che islamica, riuniti sotto la bandiera della Federazione delle istituzioni educative.
Gli aumenti di stipendio imposti dalle nuove regole governative, entrate in vigore lo scorso agosto, si sono configurati da subito come un grosso problema per la sostenibilità finanziaria dell’intera realtà delle scuole private libanesi. I Vescovi maroniti già ai primi di settembre avevano chiesto al governo di rivedere il meccanismo degli scatti di stipendio messo in moto dalle nuove norme sulla griglia salariale, oppure di farsi carico dei costi previsti per finanziare anche l’aumento di stipendio per gli insegnanti e il personale non docente delle scuole private, in gran parte legate a soggetti ecclesiali, che accolgono più di due terzi degli studenti libanesi.
E pensare che il Libano era chiamato il Vaticano del Medio Oriente! Oggi i cristiani cattolici latini sono 15mila in tutto il Libano. Il legame tra cristianesimo e Libano rischia di finire dissolto tra le trame di potere dei grandi giochi geopolitici che investono un paese strategico. Situazioni culturali, politiche ed economiche stanno avendo gli effetti che altrove sono generati dalla violenza del terrorismo, un conflitto demografico nel quale i cristiani stanno soccombendo. Infatti non vi sono vere guerre contro i cristiani libanesi ma l’ambiente è veramente ostile.
Anche l’Onu in queste ore parla di situazione pericolosa in Libano.
La presenza di milizie armate e l’aumento di scontri hanno creato una situazione estremamente pericolosa in Libano, e tutte le parti in causa dovrebbero fare il possibile per ridurre le tensioni, sostiene l’ONU. “Le milizie in Libano hanno a disposizione sempre più armi, e questo causa una situazione molto pericolosa”, informa Terje Roed-Larsen, inviato Speciale ONU per l’attuazione della Risoluzione 1559. La Risoluzione, adottata dal Consiglio di Sicurezza nel 2004, ha come obiettivi elezioni libere e giuste, la fine delle interferenze straniere e lo scioglimento delle milizie armate.
Roed-Larsen ha spiegato che il Libano “rappresenta oggi la questione più spinosa per la pace e la sicurezza internazionali”, e che l’instabilità del paese avrà conseguenze gravi in tutta la regione. Per questo motivo, continua il funzionario ONU, tutti i partiti libanesi devono assumersi la responsabilità di porre fine a una retorica imprudente.
Nel suo ultimo rapporto sulla risoluzione 1559, presentato da Roed-Larsen al Consiglio di Sicurezza, il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon ha espresso la sua preoccupazione per l’aumento delle tensioni politiche in Libano, incoraggiando le parti in causa a rafforzare la sovranità e la sicurezza del paese, e a risolvere questioni come la presenza di milizie armate.
“Sono sicuro che la combinazione di mancanza di fiducia tra i partiti e costante presenza delle milizie potrebbe scatenare tensioni e instabilità in Libano, e forse anche in altre zone”, ha scritto il Segretario Generale, ”Il paese non dovrebbe essere usato come una piattaforma per promuovere aspirazioni regionali o un nuovo conflitto”.
Roed-Larsen ha ammonito che il Medio Oriente si trova in una fase “estremamente critica”, con venti trasversali e un uragano che sta per scoppiare. “E nel mezzo di queste correnti c’è una tenda sorretta da due pali: uno è costituito dalla Palestina e l’altro dal Libano. Se uno dei due si spezza, l’intera tenda cadrà”.
Il prossimo 6 maggio in Libano si terranno le prime elezioni parlamentari da quasi dieci anni a questa parte.
L’attuale parlamento è in carica dal 2009 e ha più volte esteso il suo mandato oltre la scadenza naturale a causa del mancato accordo sulla legge elettorale e per i problemi di sicurezza interna legati alla vicina guerra in Siria.
Il 31 ottobre 2016 i cittadini libanesi hanno invece votato per eleggere il presidente della Repubblica, scegliendo il generale Michel Aoun, il quale ha poi nominato Saad Hariri primo ministro.
I candidati per un posto nell’assemblea sono 976, tra cui 111 donne, una quota maggiore di quasi dieci volte rispetto al 2009.
Tra coloro che aspirano a un seggio ci sono esponenti politici di lunga esperienza, come Tammam Salam, Michel Murr, Marwan Hamadeh e Yassine Jaber, e alcuni figli di importati figure politiche del paese, come Taymour Jumblatt, Tony Frajineh e Michelle Tueni.
Tra i nomi in lizza per il prossimo parlamento c’è poi anche Paula Yacoubian, conduttrice televisiva di un talk show politico sull’emittente Future TV, di proprietà del premier Hariri.
Anche il gruppo sciita Hezbollah guarda con attenzione alle elezioni del 6 maggio. Nell’attuale parlamento libanese il movimento conta 12 seggi all’interno della coalizione filo-siriana denominata Alleanza 8 marzo. Nove anni dopo l’ultima elettorale Hezbollah punta ad aumentare il numero dei suoi seggi e quello dei suoi alleati.
La situazione è difficile e l’appello è doveroso: mantenere alta l’attenzione sul Libano nodo cruciale per la pace nel mondo.




Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *