Ozërsk nell’Oblast -E’ stata ripresa in queste ore da molti media, la notizia della nube radioattiva a spasso per l’Europa. Dopo l’indagare dei giorni scorsi sono giunte notizie che il ‘problema’ si è verificato in Russia. Ma andiamo a RICOSTRUIRE QUANTO AVVENUTO mediante le interessanti informazioni che abbiamo a nostra disposizione.
Dalla fine di settembre 2017 in nord Europa e nei giorni 2 e 3 ottobre 2017 anche in Italia, sono stati misurate delle anomalie nell’aria per una presenza, in ogni caso molto ridotta, di radionuclidi di Rutenio 106 (RU106) un isotopo di origine artificiale utilizzato nella cura di particolari tumori.
Sembra che i I valori sono NON siano nocivi per l’uomo e l’ambiente ma non esiste una fonte che ci abbai messo la faccia per avvalorare tale ipotesi.
Appare sempre più probabile che la fonte del rilascio in atmosfera dei radionuclidi di Rutenio 106 che hanno attraversato l’Europa tra il settembre e l’ottobre 2017 sia stato l’impianto nucleare di Majak nella città di Ozërsk nell’Oblast di Chelyabinsk in Russia.
I documenti rilasciati da Roshydromet, un servizio idrometeorologico e di monitoraggio ambientale del Ministero delle Risorse Naturali e dell’Ecologia della Federazione Russa, indicano infatti valori e path corrispondente con una possibile emissione dall’impianto nucleare russo di Majak.
Si sono segnalate alte concentrazioni di radionuclidi in atmosfera di Ru-106 dal 26.09 al 01.10.2017 ed in particolare: il 26 e 27.09.2017 elevate contaminazioni nella Repubblica del Tatarstan, il 27 e 28.09.2017 elevate contaminazioni a Volgograd e Rostov sul Don, dal 29.09.2017 al 03.10.2017 registrate tracce di Ru-106 in nord Europa e Italia
Una comunicazione di Rosatom, la società che gestisce tutti gli asset nucleari russi aveva smentito che nella emissione dei radionuclidi fosse coinvolto l’impianto di Majak.
L’impianto di Ozërsk nell’Oblast , unico nel suo genere negli Urali meridionali e al centro anche di precedenti incidente, è vicinissimo inoltre all’area nella quale è stato rilevato il picco più alto di radionuclidi RU-106 in atmosfera a partire dal 26.09.2017 (anche se alcune fonti fanno propendere che i dati siano riferibili al 25.09.2017) e il loro successivo fallout nei giorni successivi, in particolare fino al 01.10.2017. Si presume pertanto che l’incidente o in ogni caso l’emissione in atmosfera dei radionuclidi sia avvenuto nei giorni precedenti il 26.09.2017, con ogni probabilità tra il 23 e il 25.10.2017.
L’impianto di Ozërsk nell’Oblast tratta combustibile nucleare esaurito sia da impianti di produzione elettrica che da sottomarini ma ci sono evidenze di trattamento anche di materiale nucleare proveniente da paessi stranieri. L’area, ed in particolare un tratto del fiume Techa e il lago Karachai, è considerata una delle più contaminate. Operativo dal 1948, l’impianto aveva cinque reattori nucleari all’uranio destinati alla produzione di plutonio e sono noti una serie di gravi incidenti il più grave dei quali nel 1957 con in rilascio in atmosfera di diversi radionuclidi (cerio-144, zirconio-95, stronzio-90, rutenio-106 e cesio-137). Nel 1967 la siccità portò all’abbassamento del lago Karačaj e alla successiva rimessa in atmosfera di radionuclidi. (Fonti 01, 02, 03, 04, 05, 06, 07)
PAESI CHE HANNO SEGNALATO L’ANOMALIA
03-10-2017 – Norvegia – (nei campioni dal 25.09.2017 al 02.10.2017 sono stati misurati 40 micro-Bq/m3. un valore 17.000 inferiore a quello limite per questo radionuclide.
03-10-2017 – Finlandia – post
03-10-2017 – Svizzera
03-10-2017 – Austria
03-10-2017 – Francia
03-10-2017 – Austria – Agentur für Gesundheit und Ernährungssicherheit (Ages) – Post
04.10.2017 – Italia – Friuli Venezia Giulia – ARPA FVG Centro Regionale per la Radioprotezione (CRR) (nei campioni dal 29.09.2017 al 02.10.2017 nelle province di Trieste, Udine)
04.10.2017 – Italia – Veneto ARPAV (nei campioni dal 29.09.2017 al 02.10.2017 nelle province di Verona, Vicenza e Belluno)
Secondo fonti Svizzere si ritiene che i radionuclidi siano stati trasportati dal vento a partire dall’Est Europa.
Abbiamo confrontato i venti prevalenti nelle date dal 25.09.2017 al 02.10.2017 e in effetti l’andamento è coerente con l’ipotesi formulata. Si è considerato come punto di riferimento Basilea in Svizzera.
Il rutenio-106 è un prodotto della fissione nucleare, il processo utilizzato nelle centrali atomiche per produrre energia elettrica.
Il primo allarme, in realtà, era stato lanciato il 9 novembre scorso dall’Istituto per la Sicurezza nucleare francese, che aveva rilevato tracce di rutenio-106 in territorio francese fra il 27 settembre e il 13 ottobre: la fonte della contaminazione — che in Francia non risultava comunque a livelli pericolosi per la salute umana — era stata identificata in un punto compreso fra il Volga e gli Urali. L’ente nucleare russo, Rosatom, aveva allora negato i dati francesi, dichiarando che i livelli radioattivi «attorno all’intera infrastruttura nucleare russa sono nella norma e al livello della radiazione di fondo».
Le autorità russe confermano le concentrazioni anomale di rutenio-106 in diverse zone della Russia; quella più elevata — 986 volte superiore alla radiazione naturale di fondo — è stata registrata dalla stazione meteorologica di Argayash, un villaggio nella regione di Chelyabinsk, ad una trentina di chilometri dal sito nucleare di Mayak negli Urali meridionali, dove nel 1957 avvenne il più grave incidente nucleare della storia e che oggi è utilizzato come impianto di riprocessamento del combustibile esaurito. Greenpeace ha formalmente chiesto al Rosatom di aprire un’inchiesta e rendere pubblici tutti i dati in suo possesso.
La centrale di Mayak («faro» in russo) venne costruita nel 1949 per produrre plutonio per armi nucleari. Fino al 1952 riversò circa 76 milioni di metri cubi di rifiuti liquidi altamente radioattivi —cesio e stronzio — nel fiume Techa. Nel 1957, esplose un serbatoio di rifiuti radioattivi e fuoriuscì anche il pericolosissimo plutonio: la nube radioattiva coprì un’area di circa 23.000 chilometri quadrati. Nella cosiddetta area dell’«East Ural Radioactive Trace» si sprigionò un livello di radioattività addirittura doppia rispetto al successivo incidente di Chernobyl. Il terzo incidente ebbe luogo nel 1967, quando il Lago Karachay, usato per lo smaltimento dei rifiuti nucleari più pericolosi, si asciugò a causa di un’estate torrida, e i venti spazzarono le sue polveri radioattive su un’area di circa 2.000 chilometri quadrati.
La Russia tenne segreti questi incidenti fino all’esplosione nella centrale di Chernobyl, il 26 aprile 1986.