Erdogan sfida la Grecia e l’Europa per il gas

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Erdogan – Sale la tensione tra Grecia e Turchia. La Turchia cerca il gas nel Mediterraneo e provoca la Grecia. “Non mi serve il permesso di nessuno” tuona Erdogan facendo leva sul memorandum turco-libico e tenendo sotto scacco l’Unione Europea con la vicenda migranti. E così oltre alle navi militari a largo dell’Isola di Kastellorizo aggiunge continue provocazioni con il passaggio degli F-16. La Grecia però questa volta non starà a guardare……

Venti di guerra in Europa a causa dell’ennesima prova di forza del leader turco Erdogan.
Nascosto nelle pieghe di un presunto corridoio di sicurezza ed assistenza fra Turchia e Libia, si cela il disegno di una vera e propria “autostrada” a controllo turco per replicare quanto già sperimentato nella Zona Economica Esclusiva (Exclusive Economic Zone, Eez) in acque cipriote
La rotta di 17 navi militari turche in acque greche fa ulteriormente crescere la tensione tra Ankara e Atene. Come se non bastasse l’infelice decisione di trasformare la Basilica dii Santa Sofia in moschea, un’altra mossa scomposta di Erdogan rischia di far avvicinare i due paesi ad un punto di rottura. ed accrescere la tensione in un Europa che faticosamente cerca di rialzarsi dopo il colpo impartitole dalla pandemia,
Infatti, in queste ore, la Turchia ha inviato una nave da ricerca Oruc Reis al largo di Kastellorizo, isola greca di rfinomata fama e di grande bellezza. Le indagini turche alla ricerca di gas sono annunciate da oggi sino al 2 agosto, ma la flotta greca è stata messa in allerta dopo la partenza delle fregate turche dalla base navale di Aksaz, che scortano la nave da ricerca.
A protezione delle missione e ad indicare la volontà di eseguire i rilevamenti senza disturbi di chicchessia, Erdogan ha mandato gli F-16 a sorvolare la zona invadendo lo spazio aereo ellenico sulle isole di Strongyli e Megisti: secondo il Ministero della Difesa greco decine di violazioni sono state registrate e la Turchia continua a compierle senza alcuna remora.
Per mostrare quanta attenzione fermezza vi sia da parte greca in questa vicenda, va segnalato che il capo delle forze armate greche, il generale Konstantinos Floros, ha abbandonato le celebrazioni a Cipro per ricordare l’invasione turca del 1974, per rientrare rapidamente ad Atene e monitorare l’evoluzione della situazione (dopo aver incontrato nei giorni scorsi il suo omologo israeliano, Aviv Kohavi in cerca di alleati vista l’inconsistenza dell’Unione Europea quando si tratta di contrastare le scorrerie o le minacce di Erdogan).
A testimoniare la delicatezza del momento spicca la decisione della Marina ellenica di richiamare tutti coloro che si trovavano in licenza. a conferma di una situazione esplosiva a pochi chilometri dalle nostre coste e che non va presa sottogamba per alcun motivo anzi, le diplomazie hanno il dovere di intervenire drasticamente su quanto sta avvenendo.
Ma cerchiamo di ricostruire questa vicenda che, nonostante mostri un accelerazione dell crisi ha radici lontane.
Un disegno espansionistico di questa portata non nasce per caso: si tratta di un progetto studiato nel tempo, che fin dal giugno di 14 anni fa ha trovato eco nei proclami del suo più acceso sostenitore, l’ammiraglio ultranazionalista Gurdeniz. Una volta fissate le basi militari in Qatar e Somalia ed aver reso operativa una base navale in Sudan, ora l’obiettivo è estendere il piano – anche grazie all’accordo libico – fino a creare una frontiera marittima con l’Egitto, approfittando dell’assenza di un confine marittimo tra Grecia e Cipro.
Sul gas naturale e sul petrolio libico e mediterraneo gli interessi di Ankara si scontrano apertamente e principalmente con quelli dell’Italia.
In parallelo al dossier siriano e alle provocazioni con i migranti a Evros, Erdogan continua la sua azione a tenaglia per il gas anche a Cipro. Le navi Fatih e Yavuz hanno operato all’interno della zona economica esclusiva di Cipro (ZEE) dallo scorso maggio infrangendo leggi e trattati internazionali, e proprio per questa ragione Ankara le ha fatte scortare da due navi da guerra in un fazzoletto di acque dove sono transitate anche altre navi, come la portaerei francese Charles de Gaulle, la fregata francese Fremm e vari mezzi americani.
La tesi di Ankara è che i turco ciprioti hanno il diritto di condividere le entrate provenienti dalle riserve di gas naturale al largo dell’isola divisa di Cipro, mentre il governo cipriota afferma che la questione sarà risolta dopo che un accordo di pace sarà stabilito nell’isola, non solo divisa, ma occupata abusivamente da 50mila militari turchi.
Lo spettro di azione turco come è noto si è allargato nel 2020 alla Libia, dove la Turchia ha in programma di estendere la sua ricerca di gas alle acque territoriali grazie ad una serie di accordi firmati con il governo di accordo nazionale riconosciuto dall’Onu (GNA) in cambio del sostegno militare al governo con base a Tripoli Contemporaneamente e, qui torniamo all’attualità, Erdogan ha avviato una disputa con la Grecia per l’isola di Kastellorizo.
L’atollo di 11,98 chilometri quadrati rientra nella strategia turca finalizzata ad abolire i confini marittimi. Lo ha denunciato ia più riprese l premier greco Kyriakos Mitsotakis con parole chiare: “il tentativo della Turchia di abolire i confini marittimi di isole come Creta, Rodi, Karpathos e Kastellorizo con escamotages non produrrà risultati legali a livello internazionale”. Delle isole che ha menzionato, Kastellorizo si trova a soli 2 km dalla costa turca. Gravi inoltre le parole del ministro della Difesa turco Hulusi Akar, che ha attaccato ancora il Trattato di Losanna: “La Grecia ha militarizzato illegalmente 16 delle 23 isole (ai sensi del Trattato di Losanna) dal 1936. D’altro canto, rivendica una piattaforma continentale di sei miglia, sostenendo che ha uno spazio aereo di 10 miglia, mai visto prima nella storia. Questo non ha senso”.
Se fino allo scorso anno Atene si attendeva una crisi locale o regionale, con l’ingombrante vicino, adesso il quadro è sensibilmente mutato. Erdogan ha strategicamente innescato una reazione, approfittando del coltello dalla parte del manico per la crisi dei migranti a Evros, perimetrata sul doppio obiettivo di destabilizzare la Grecia e ricattare l’Europa, sfruttando in questo modo le conseguenze militari, economiche e sociali del suo coinvolgimento in Siria.
La Difesa di Atene programma, quindi, un altro assetto di mezzi e personale tarato su ampi orizzonti, poco avvezzo all’improvvisazione e pronto ad intervenire in tempi ristretti e con la massima celerità con il chiaro intento di mostrare una Grecia risoluta e decisa a non lasciar correre le manovre turche. Importante anche il dialogo con Israele che potrebbe avere una parte importante in questa vicenda anche se, sarebbe importante far intervenire Putin, l’unico apparso in grado di contrastare il modo di fare autoritario di Erdogan.
La Grecia è anche un punto di scontro tra USA e Turchia con Trump che non ha alcuna intenzione di sorvolare su quanto sta accadendo.

Mentre il blocco dei Paesi euroatlantici già da un biennio lavora al gasdotto Eastmed (Cipro, Grecia, Israele, Egitto) sotto la supervisione degli Usa, il controcanto della Turchia si materializza nel quasi scontro armato ingaggiato con la Francia nelle acque libiche. La nuova veste della Grecia, passata da cenerentola d’Europa a strategico gas-hub per il contemporaneao transito di Tap, Tanap e Eastmed sta producendo una serie di reazioni a catena in seno al governo turco.
Uno scenario in cui spicca l’iperattivismo degli Usa che, ormai da un triennio, hanno intensificato relazioni e influenze in Grecia, grazie alla regia dell’ambasciatore ad Atene, Jeoffrey Pyatt, la cui permanenza nell’Egeo è stata già prorogata per ben due volte. Gli Usa non solo hanno annunciato più investimenti in Grecia, come alcune iniziative di Microsoft per il turismo, ma hanno avviato cantieri navali e nuove tecnologie militari.
E l’Italia?
L’Italia non può rimanere a guardare. le questioni del Mediterraneo potrebbero tornare centrali per il nostro Paese, che a giugno 2020 ha cambiato campo, schierandosi a fianco dei greci per arginare le mire turche su gas e petrolio. L’obiettivo è proteggere una serie di contratti Eni e gli 8 miliardi di metri cubi di gas che dai giacimenti libici forniscono ogni anno il nostro mercato arrivando a Gela.
Tensioni che non riguardano o dunque soltanto Grecia e Turchia per una situazione esplosiva che il governo italiano ha il dovere di monitorare con estrema attenzione.




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