Hong Kong cambia il volto della Cina

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Hong Kong non si può certo definire la capitale del cristianesimo ma sicuramente è uno di quei luoghi della Terra dove le radici cristiane hanno lasciato il segno. I passaggi della storia di queste bellissime località trasudano di insegnamenti provenienti dal Vangelo e qui il futuro sembra roseo.

Dei 7,5 milioni di persone che abitano l’ex colonia, i cristiani, tra cattolici e protestanti, non arrivano nemmeno a un milione – sono 360 mila i primi, 480 mila i secondi ma hanno avuto ruoli importanti. Come non ricordare che tra i volti pubblici della protesta i cristiani sono la maggioranza. C’è il cardinale emerito Joseph Zen, che non ha avuto ruoli nelle manifestazioni ma che da sempre è un nemico del regime comunista cinese e ha sostenuto gli studenti (più cauto il suo successore, il cardinale John Tong, che ha emesso un comunicato per chiedere al governo di evitare le violenze e invitare i manifestanti alla calma). Tra i leader della protesta, ha avuto un ruolo determinante anche il cristiano (evangelico) Joshua Wong, il diciassettenne fondatore del movimento studentesco Scholarism, ed anche un pastore cristiano (battista) Chu Yiu-ming, uno dei tre leader di Occupy Central. Anche Benny Tai, il fondatore carismatico del movimento, si è detto cristiano. Nei presidi la presenza dei cristiani è capillare. Sul Wall Street Journal Ned Levin ha raccontato di come le varie comunità, spesso congregazioni protestanti di poche centinaia di persone, si siano organizzate per aiutare i manifestanti, fornire loro cibo, rifugio dalla pioggia e preghiere nei momenti storici difficili di Hong Kong. Una delle ragioni di questo attivismo è che molte comunità cristiane di Hong Kong sono formate da rifugiati o da discendenti di rifugiati che sono fuggiti alla persecuzione di Pechino ma non hanno perso lo spirito combattivo. A Hong Kong, poi, la comunità cristiana è anche quella più occidentalizzata e attaccata ai valori democratici. E’ un mix notevole, che fa chiedere a Christian Caryl su Foreign Policy se il cristianesimo produca dei buoni ribelli. E’ una cosa vera, almeno per Hong Kong, e Xi Jinping dovrebbe tenerne conto. Nel 2025, scrive Caryl citando lo studioso Fenggang Yang, la Cina sarà il più popoloso paese cristiano del mondo.

Una testimonianza di quel che la chiesta sta facendo tra la popolazione viene da padre Bonzi che, attualmente in Italia per festeggiare i 50 anni di sacerdozio racconta una vita di missione e di “meravigliosi incontri guidati dallo Spirito”. Primo fra tutti proprio l’incontro con la Cina: “Negli anni in cui frequentavo il seminario, si cantava chiedendo l’aiuto di Gesù per portare il Vangelo ‘alle orde di infedeli’. Il Concilio Vaticano II doveva ancora arrivare, e il concetto di missione era molto diverso da quello che esiste oggi. Per fortuna, direi, perché proprio il Concilio ha adattato la Chiesa e la missione al mondo”.

Ciò non toglie che il primo impatto con la missione “sul campo” fu di portata enorme: “Quando arrivai a Hong Kong c’erano nel Pime due ‘gruppi’ distinti di confratelli, che insieme superavano le 70 unità. Da una parte c’erano gli espulsi dalla Cina, i ‘patriarchi’ della missione in Cina, e dall’altra noi numerosissimi giovani. Dopo la risposta del Superiore non avevo più dubbi su ‘dove’ fosse la mia missione, ma rimaneva sempre aperta la questione sul ‘modo’”.

In un primo tempo “avevo pensato all’ipotesi di lavorare come operaio – ai tempi Hong Kong era nel pieno del suo boom industriale – ma un’ernia del disco mi ha bloccato. Ho subito per vari motivi più di 20 operazioni chirurgiche, e di certo il lavoro manuale non era fra le mie possibilità. Ho vissuto un momento di scoramento, per questo, ma sentivo che la mia strada da qualche parte c’era. Anche in questo dubbio venne in mio aiuto la Provvidenza, che mi fece trovare accanto per alcuni anni al compianto confratello p. Enea Tapella. È stato lui ad incoraggiarmi nell’intraprendere la strada del cammino e della condivisione con i più ‘fragili’ di Hong Kong”.

Il confratello del Pime ha infatti iniziato – siamo negli anni Settanta – un primo percorso di integrazione per i disabili e i portatori di handicap del Territorio: “Lo stigma sociale e la reclusione in cui vivevano all’epoca erano davvero terribili. Era difficile vedere disabili per le strade, e i genitori li tenevano nascosti come fossero una vergogna. Insieme a p. Enea abbiamo iniziato alcune piccole attività per integrare queste persone, iniziando dai più giovani”.

 

Un incidente porta via padre Tapella a soli 48 anni di età: “La sua lunga agonia e morte mi hanno spinto sempre più nell’attività da lui iniziata e soprattutto nella riflessione sul tema dell’evangelizzazione e del ruolo dei più piccoli, deboli e ‘fragili’ nella missione della Chiesa”. Ma oltre alla testimonianza del missionario, p. Bonzi ha la fortuna di incontrare o conoscere gli scritti di Jean Vanier – incontrato in Francia a Trosly-Breuil – e il sacerdote di origini olandesi p. Henry J. M. Nouwen, famoso docente presso la “Yale Divinity School” e per i suoi tanti libri di spiritualità, di cui ho letto la maggior parte.

Nell’appello vi è anche Madre Teresa: “L’ho incontrata per poco a Hong Kong, ma ho avuto modo di servire come confessore le sue suore della comunità principale nel Territorio”. Infine l’esempio permanente dei suoi disabili: “Sono le risorse più preziose che la Provvidenza mi mette a disposizione, per una più approfondita comprensione. Nella loro fragilità, nella loro disabilità vedo il volto di Gesù Cristo”.

Proprio per aiutare loro, nasce dagli sforzi dei padri Bonzi e Tapella quasi 40 anni fa la Fu Hong Society: “Il primo compito era quello di aiutare i disabili e le loro famiglie nelle difficoltà della vita quotidiana. Con il tempo siamo cresciuti creando case-famiglia, strutture di sostegno per i disabili mentali e portando avanti attività per il reinserimento dei portatori di handicap”.

La Fu Hong di Hong Kong oggi conta quasi mille operatori, impiegati a tempo pieno: “Sono loro che aiutano circa 4mila persone, per lo più portatori di handicap mentale ed ex pazienti dimessi dagli ospedali psichiatrici: lo scopo è sempre quello della riabilitazione e dell’inclusione nella comunità”. Le case-famiglia, per ovvi motivi a numeri ridotti, sono fondamentali: “Io vivo in una di queste case, che cercano di essere ‘ponte’ fra le strutture sanitarie e il mondo. Per le persone che aiutiamo, rappresentano il momento più delicato e più importante”.

Ma la struttura si espande: “Dall’aprile 1978 viaggio all’interno della Cina e dal 1990 dirigo il Comitato della ‘FHS’ per gli ‘Scambi di Programmi’ con Cina, Macao e Taiwan. Abbiamo avuto modo di aprire centri e strutture in tutto il mondo cinese, e ora quest’opera festeggia 40 anni. Quasi non mi sembra vero”. A Macao gli assistiti sono quasi 300, e altrettanto rilevante è l’impegno nato nel 2010 con la città cinese di Nanchino: “La diocesi ha aperto una struttura simile alla nostra, chiamata ‘Arca di Nanjing’ (‘Nanjing Fangzhou’). Su loro richiesta ho fatto la spola per tanto tempo, per aiutare nella formazione del personale e nella consulenza circa la gestione dei Centri e dell’Associazione dei Genitori, accompagnandovi di volta in volta esperti volontari per lo più della Fu Hong”.

Ma la cosa più importante, e per la quale padre Bonzi ringrazia Dio, “è sempre per il privilegio di accompagnare e di essere accompagnato dagli amici con handicap, i quali mi educano e mi fanno sentire che Lui è davvero sempre con noi, ogni giorno, se sappiamo riconoscerlo là dove egli ha scelto di farsi trovare, nei piccoli del Regno”.

Va ricordato quanto avvenuto nella recente Pasqua a Hong Kong: sono infatti stati 3.200 i catecumeni che hanno ricevuto i sacramenti dell’Iniziazione cristiana (Battesimo, Cresima ed Eucaristia) durante la Veglia pasquale nella diocesi di Hong Kong. Sono i numeri da record riportati dal parroco missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere, padre Luigi Bonalumi.

“La grazia del Giubileo – prosegue padre Bonalumi – ha riportato moltissime persone alla fede; la nostra migliore evangelizzatrice è una donna sopravvissuta al suicidio che ha conosciuto Gesù in ospedale”. “Grazie alla visita di una suora ha incontrato la fede cattolica, e durante la veglia di Pasqua è statabattezzata insieme a decine di altri adulti. È un segno della grazia di Dio” racconta il missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) e parroco della chiesa dedicata al Cuore Immacolato di Maria nei Nuovi Territori di Hong Kong.

Durante le cerimonie pasquali sono anche stati battezzati circa 45 bambini, ed in occasione della seconda domenica di Pasqua dedicata alla Divina Misericordia, vi è stato un altro momento particolare: l’ingresso nella fede di molti anziani, che per l’età e per motivi medici non possono partecipare alla veglia. Hanno seguito il catecumenato in ospedale o in ospizio e poi sono stati presi e condotti in Chiesa tra la commozione generale.

Padre Bonalumi ha sottolineato come quest’anno la partecipazione alla vita della Chiesa sia più massiccia, “ma non credo sia legata al mio essere missionario della misericordia: è la grazia del Giubileo – spiega – che ha riportato molte persone alla fede e al sacramento della Riconciliazione” ha concluso il prelato.

 

 

 

 




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