Roma: il compleanno 2.774 della Città Eterna

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Roma – Oggi Roma festeggia il suo Natale 2774. Una storia lunga ricca di alti e molti bassi. Roma ha vissuto una storia importante, imponente ma anche tribolata, ricca di vittorie e fasto ma anche di violenza e scandali per poi giungere alla difficile situazione attuale. Una città bella ma difficilmente governabile: ho sempre ritenuto che sia più difficile amministrare Roma che fare il presidente del Consiglio e la politica ha ben presente tutto questo anche se poi “governare” Roma è da sempre sinonimo di “potere” ed il potere non lo rifiuta nessuno!

IL NATALE DI ROMA
La fondazione di Roma o meglio Il Natale di Roma viene celebrata ogni 21 aprile perché si ritiene che in quel giorno del 753 a.C nascesse la città che sarebbe diventata il centro del mondo antico. Come molti eventi di questo genere però, le verità storiografiche lasciano molto spazio a storie e leggende entrate ormai nell’immaginario collettivo.
A rivelarci la presunta data della fondazione di Roma è Marco Terenzio Varrone, letterato romano vissuto tra il II e il I secolo a.C che a sua volta si avvalse del lavoro di un certo Lucio Taruzio Firmano, il quale attraverso un complicato calcolo basato sugli annali repubblicani era riuscito a far risalire al 21 aprile 753 a.C il punto d’inizio della vita della Città Eterna.
Naturalmente altri storici dell’epoca fornirono altre date alternative per collocare l’evento ma alla fine il 21 aprile s’impose nella tradizione condivisa. Per questo durante l’epoca imperiale s’iniziò a far partire la cronologia romana ab Urbe Condita (“dalla fondazione della città”) partendo proprio da quel giorno.
Oggi gli storici sanno che molto probabilmente Roma nacque dall’unione di alcuni villaggi di Latini disposti sui colli vicino al fiume Tevere. La posizione strategica favorevole contribuì nei secoli ad ampliare la forza del nuovo centro urbano, che iniziò ad espandersi fino a diventare la super-potenza del mondo antico che tutti conosciamo.


Gli Antichi Romani però non erano molto esperti di archeologia e preferivano pensare che le origini della loro civiltà così prestigiosa fosse legata ad origini mitiche. D’altronde tutti i popoli dell’antichità vantavano discendenze divine o legate a personaggi straordinari e la tradizione romana non fece eccezione, tramandando nei millenni il mito di Romolo e Remo.
Come raccontato dal poeta Virgilio nella sua Eneide, il grande poema della cultura romana, dopo la distruzione di Troia un gruppo di profughi capeggiati dall’eroe Enea sbarcò nel Lazio per fondare una nuova colonia. Enea – che era figlio di un mortale, Ascanio, e della dea Afrodite (ecco l’origine divina della discendenza romana!) – aveva un figlio, Ascanio, che sempre nel Lazio fondò la città di Alba Longa, la quale prosperò per diversi secoli.
Dopo molti anni Alba Longa divenne teatro di una lotta intestina tra due fratelli, Numitore e Amulio, i quali si contesero il trono della città. Essendo il più vecchio, Numitore aveva diritto di governare Alba Longa, ma Amulio usurò il trono e dopo essersi liberato del vecchio re ne costrinse la figlia, Rea Silvia, a diventare una vestale, una specie di sacerdotessa che aveva l’obbligo di rimanere vergine. Non potendo avere figli, Rea Silvia non avrebbe così potuto generare eredi che avrebbero minacciato l’autorità di Amulio.
Amulio però non aveva fatto i conti dei capricci degli Dei. Il dio della guerra Marte infatti s’innamorò della bellissima vestale e dalla loro unione nacquero due gemelli, Romolo e Remo. Amulio, furioso, fece uccidere Rea Silvia (che secondo alcune versioni del mito venne resuscitata dal Dio del fiume Aniene) e ordinò a due servi di eliminare anche i due neonati. I servitori però non ebbero il coraggio di sporcarsi le mani e dunque decisero di abbandonare i bimbi in una cesta sulle sponde del Tevere (non ricorda un po’ la storia di Mosè?).
In quel luogo una lupa scorse la cesta e decise di allattarli. Sopravvissuti all’abbandono, i fratelli vennero ppoi ritrovati dal pastore Faustolo, che li crebbe insieme alla moglie Acca Larenzia. Divenuti grandi e forti, Romolo e Remo appresero la loro nobile origine e decisero di vendicarsi. I gemelli quindi riuscirono ad uccidere lo zio usurpatore e restituirono il trono al nonno Numitore, ottenendo in cambio il permesso di fondare una nuova città. A questo punto però nacquero dei dissapori tra fratelli. Romolo infatti voleva porre le basi della nuova città sul colle Palatino, mentre Remo aveva scelto l’Aventino. Alcune versioni del mito poi raccontano che per risolvere la questione i due si affidarono ai presagi divini: Remo vide volare sei avvoltoi sopra il luogo che aveva scelto, quindi riteneva di avere ragione. Romolo però, seppur in un secondo momento, vide il doppio degli uccelli sorvolare il Palatino, e quando credeva di essere lui dalla parte degli Dei. Così nacque una lite tra i fratelli e i rispettivi sostenitori e dalla lotta che ne scaturì uscì vincitore Romolo, che uccise Remo (secondo alcuni perché oltrepassò il confine della città imposto dal fratello) e potè quindi fondare Roma.

ROMA CELEBRAZIONI
La celebrazione dell’anniversario dell’Urbe come elemento della propaganda imperiale finì per attribuire alla questione dell’anno della fondazione un’importanza fondamentale. A partire dall’imperatore Claudio il metodo di calcolo dell’età della Città, proposto da Marco Terenzio Varrone, prevalse su tutti gli altri. Claudio fu il primo a far celebrare l’anniversario di Roma nel 47, ottocento anni dopo la presunta data della fondazione. Nel 147-148 Antonino Pio diede corso a una simile celebrazione e nel 248 Filippo l’Arabo celebrò il primo millennio di Roma, assieme ai Ludi Saeculares (celebrati ogni cento anni), in quanto Roma compiva dieci secoli. Sono pervenute monete che celebrano l’evento. Su una moneta del pretendente al trono Pacaziano, appare esplicitamente “1001”, da dove si evince come i cittadini dell’Impero romano avevano compreso di essere all’inizio di una nuova era, di un “Saeculum Novum”.


Quando l’Impero romano divenne cristiano, nei secoli successivi, questa immagine millenaria venne utilizzata in un senso più metafisico. Durante l’età imperiale la festa di San Cesareo diacono e martire (il cui nome Kaisarios deve averlo predestinato a diventare patrono dei Cesari, venne stabilita per il giorno 21 aprile, data della fondazione di Roma: questa data acquisì un valore pregno di significato, soprattutto per la funzione di propaganda imperiale a cui adempiva; un pretesto per celebrare la figura dell’imperatore.
Con l’avvento e la diffusione del cristianesimo come religione di stato, cui si aggiunse la caduta dell’Impero romano d’Occidente e le successive calate, migrazioni e conquiste di popolazioni Barbariche, Roma, come tutto quello che fu il suo impero, vide sparire moltissimi dei suoi usi, costumi e delle sue tradizioni fra cui molte delle sue festività.
Alcune di queste furono recuperate dagli umanisti, ma fu con l’avvento dell’epopea risorgimentale che la celebrazione del Natale di Roma fu ripristinato come “tradizione”. I più rivoluzionari tra i mazziniani, i garibaldini ed alcuni liberali, festeggiarono l’evento, ad esempio, nella primavera del 1849, quando Roma, da poco Repubblica libera che aveva rovesciato il potere temporale del Papa, lottava per la sopravvivenza. Si racconta di un pasto ai Fori con brindisi per la presunta fondazione dell’Urbe da parte di Romolo e la rifondazione (liberazione) da parte dei rivoluzionari stessi. Sturbinetti tenne uno dei discorsi più accorati, Il 3 aprile 1921, durante un discorso pronunciato a Bologna, l’allora capo del movimento fascista Benito Mussolini proclamò l’anniversario della fondazione di Roma quale festa ufficiale del fascismo. La decisione venne commentata da Antonio Gramsci come il tentativo del fascismo di naturalizzare il proprio ruolo nella storia italiana, attraverso la rivendicazione delle origini romane.
Nel documento che sancì la fusione nazionalfascista tra l’Associazione Nazionalista Italiana e il Partito Nazionale Fascista, siglato il 16 marzo 1923, i rappresentanti delle due forze politiche stabilirono di celebrare l’accordo unitario con l’apposizione di un manifesto contenente l’appello all’unità nazionale, da affiggere in tutte le città italiane nella serata del 20 aprile, vigilia del Natale di Roma, giorno “significante l’avvenuta rinascita della romana grandezza”.
Lo stesso 19 aprile venne approvato dal Consiglio dei ministri uno schema di decreto-legge proposto dal presidente Benito Mussolini che aboliva la festività del 1º maggio e fissava la celebrazione del Lavoro al 21 aprile, Natale di Roma.. Fu la prima celebrazione istituita dal governo Mussolini che, a partire dal 21 aprile 1924, divenne festività nazionale, denominata “Natale di Roma – Festa del lavoro”. Tale decreto fu cassato nel 1945, ripristinando la Festa del lavoro al 1º maggio e limitando la festività del Natale di Roma al solo ambito cittadino della Capitale.
Da segnalare un curioso evento che avviene nella capitale ogni 21 Aprile. Si tratta dell’effetto di luce che, a mezzogiorno in punto del 21 aprile, entra dall’oculo del Pantheon, regalando uno spettacolo suggestivo.“

PANTHEON
Nel giorno in cui Roma festeggia il suo compleanno, i raggi di luce penetrano nel Pantheon e, alle 12 precise, illuminano perfettamente la porta di bronzo d’ingresso, quella da cui oggi entrano i visitatori ma da cui, tanti anni fa, accedeva l’imperatore. L’effetto di luce che, ancora oggi, affascina romani e turisti, aggiungendo un tocco regale al Natale di Roma, fu progettato già al momento della costruzione del Pantheon da parte di Agrippa, genero dell’imperatore Augusto, nel 27 a.C. La cupola del Pantheon, con il suo particolare oculo è stato, infatti, progettato da Agrippa, per volontà di Augusto, proprio con l’intenzione di scandire le stagioni dell’anno e far sì che il 21 aprile – in occasione del Natale di Roma – la luce centrasse la porta di bronzo per illuminare l’imperatore da capo a piedi“.
Inoltre iIl 21 aprile, in occasione del Natale di Roma (753 avanti Cristo), la Soprintendenza Speciale di Roma organizza un convegno on-line a partire dalle ore 16, dedicato alle antiche città del Lazio, spesso in contrasto con Roma, le cui storie si intrecciano con quelle dellaUrbs, definendone inevitabilmente il corso della storia. L’incontro verrà introdotto dal Soprintendente Speciale Daniela Porro, che ha voluto sottolineare: «In questi anni grazie alle indagini della Soprintendenza, la conoscenza del territorio ci ha riservato continue novità e sorprese. Con questo convegno vogliamo iniziare a condividerle non solo con gli addetti ai lavori, ma con chiunque sia appassionato di archeologia, per dare così l’opportunità di scoprire aspetti ancora poco conosciuti della storia di Roma e non solo».
Un viaggio virtuale attraverso Collatia, Gabii e Veio, centri che hanno avuto una grande importanza in epoca antica e per le stesse origini di Roma. Nei loro interventi Anna De Santis, Chiara Andreotti e Rocco Bochicchio, Alessio De Cristofaro daranno una testimonianza sulle ultime scoperte e del prezioso lavoro di tutela e valorizzazione svolto dalla Soprintendenza, anticipando alcune novità che riguarderanno aree archeologiche situate ai confini della città. Nel corso dell’evento sarà infine presentato in anteprima Veio e le Saline, un documentario sull’importanza del sale, l’oro bianco dell’antichità, dei centri per la sua estrazione, della presenza degli etruschi di Veio ai confini della nascente Roma. Per assistere al convegno basterà collegarsi alle ore 16 al link https://tinyurl.com/87ayv8xx.
Le ricerche effettuate negli ultimi decenni alla periferia di Roma hanno permesso di localizzare con certezza numerosi centri del Latium vetus ricordati dalle fonti antiche spesso proprio per i contrasti con Roma. Sono così riemersi Fidenæ, Crustumerium, Antemnæ, Gabii, Politorium, Collatia. In particolare, questo ultimo centro è noto per le vicende collegate con la fine della monarchia a Roma. Tito Livio ricorda Collatia per la vicenda di Lucrezia, la virtuosa moglie di Lucio Tarquinio Collatino che, oltraggiata da Sesto Tarquinio, figlio del re Tarquinio il Superbo, si uccise. Secondo le fonti fu proprio la sua morte a scatenare la rivolta contro la tirannia etrusca che portò all’istituzione della repubblica. La posizione di Collatia è stata a lungo controversa. Le evidenze archeologiche venute in luce con le ricerche degli ultimi anni – una necropoli e un abitato protostorici – ci permettono ora di collocare con certezza questo centro in corrispondenza della borgata di La Rustica, alla periferia orientale del comune di Roma, al km 7,500 della via Collatina. Collatia appartiene ai centri minori che si sviluppano nel Latium vetus fra la fine della fase laziale IIB e l’inizio del III periodo (circa fine IX secolo avanti Cristo) in posizione strategica su alcune delle principali vie di comunicazione e di scambio, in questo caso la via Collatina e il fiume Aniene.
L’insediamento antico occupava un’altura di forma allungata con pareti ripide, immediatamente a Sud di una seconda altura occupata dalla necropoli. Nel periodo di maggiore sviluppo, che corrisponde all’Orientalizzante (fine VIII- inizi VI secolo avanti Cristo), l’insediamento raggiunse una estensione di circa 5 ettari. I dati stratigrafici e le indagini condotte dalla Soprintendenza, sia nella necropoli che nell’abitato, testimoniano una continuità di vita almeno dall’VIII secolo avanti Cristo fino alla piena età repubblicana. Della necropoli sono state scavate complessivamente oltre 400 sepolture per la maggior parte riferibili al III e al IV periodo della cultura laziale, (VIII – inizi VI secolo avanti Cristo), che offrono un quadro completo sullo stile di vita e sull’organizzazione politica e sociale della comunità dell’antica Collatia.
Dall’educazione di Romolo e Remo agli inganni di Tarquinio il Superbo e del figlio Sesto, le fonti letterarie hanno da sempre delineato una forte connessione tra le vicende di Gabii e di Roma anche quando, dopo l’età regia, l’antico centro latino dovette rientrare progressivamente sotto l’influenza della città capitolina.
Roma caput mundi, Roma fonte d’ispirazione, Roma città imperiale, Roma capitale di un’Italia che merita di ritornare a quegli antichi fasti che di Roma facevano la capitale del mondo.




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