La Guardia Costiera USA e le vulnerabilità delle navi autonome

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Guardia Costiera – Le navi commerciali non potranno mai essere completamente autonome. A sostenere questa tesi è David Dubay, comandante della Uscg (United States Coast Guard), la Guardia Costiera americana. “Le navi autonome possono operare solo in situazioni molto limitate – spiega il comandante – Negli ultimi anni la diffusione di questa tipologia di unità è diventata un tema molto dibattuto in considerazione degli importanti progressi tecnologici compiuti da questo settore. L’International Maritime Organization (Imo) e il Comité Maritime International (Cmi), in questo senso stanno già valutando come queste navi potrebbero “muoversi” e agire nell’attuale cornice giuridica marittima internazionale. Tuttavia, nonostante l’entusiasmo e i buoni propositi, esistono ancora alcune questioni chiave da dirimere. Le navi autonome, gestite da computer e operatori in remoto, presentano infatti molti aspetti di vulnerabilità e soprattutto, a causa della dotazione tecnologica di cui necessitano, risultano essere molto più costose rispetto alle attuali unità, pur dotate di equipaggio.

Alcuni di questi aspetti sono fondamentali e non possono non essere considerati in una logica di programmazione di medio-lungo periodo. Occorre fare un’attenta analisi dei costi e dei benefici, considerando il contesto in cui ci muoviamo. Naturalmente i progressi tecnologici continueranno a rendere lo shipping sempre più sicuro e sempre più efficiente, rappresentando un valore aggiunto da non sottovalutare, tuttavia non potranno mai completamente rimpiazzare la presenza umana e le funzioni dell’equipaggio che ad oggi opera sulle navi commerciali”. Secondo quanto sostiene il comandante David Dubay, infatti, è assolutamente necessario fare un’analisi dei punti di forza e di debolezza considerando i possibili vantaggi che possono derivare dall’introduzione di navi autonome sul mercato. Ciò che viene promesso alle aziende è un risparmio sulle voci di spesa riguardanti il personale, grazie all’assenza di equipaggi a bordo, e un aumento del livello di sicurezza derivante dalla minore possibilità che si verifichino errori umani. “Ma questo non è del tutto vero – specifica lo stesso David Dubay – Bisogna sottolineare che se da un lato non dovrebbe essere più necessaria la presenza di un equipaggio a bordo per far funzionare le navi, dall’altro sarebbe comunque indispensabile disporre di una squadra di tecnici e di esperti operanti da remoto e mettere a punto un accurato sistema organizzativo dedicato alle unità autonome. L’attrezzatura per equipaggiare una nave autonoma, inoltre, è molto costosa e potrebbe essere la causa di nuovi punti di debolezza nello shipping commerciale. Un altro importante ostacolo da considerare quando si parla di navi autonome, specialmente riferendosi a quelle di più ampia stazza, è la tecnologia legata alle batterie di alimentazione. Allo stato attuale non esistono sul mercato batterie che abbiano una densità di energia necessaria per alimentare le grandi unità. Un limite evidente e un tema su cui si sta lavorando per trovare una soluzione già nell’immediato futuro. Infine le navi autonome, considerate le caratteristiche tecniche e l’assenza di equipaggio, rappresenterebbero un obiettivo sensibile per attacchi di diverso tipo e azioni di pirateria.

“Il dibattito deve essere necessariamente portato su un piano più realistico e meno utopico – questo il messaggio conclusivo di David Dubay – I sistemi meccanici ed elettronici, come tutti abbiamo avuto modo di verificare nella nostra esperienza, possono fallire. Per essere davvero competitive le navi autonome dovrebbero poter disporre di un apparato in grado di renderle più sicure ed efficienti malgrado l’assenza di personale a bordo. Tutto ciò, pur immaginando che possa essere possibile, sarebbe estremamente costoso. Ecco perché è altamente improbabile che le navi autonome possano completamente rimpiazzare il network di professionisti che, nel corso degli anni, ha contribuito a rendere il settore marittimo sicuro ed efficiente”.




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