Movienerd – “Maledetta primavera” di Elisa Amoruso

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Movienerd – Nina ha undici anni e una famiglia incasinata. Un incontro improvviso stravolge tutto, come una tempesta: ha tredici anni, abita nel palazzo di fronte, è mulatta e balla la lambada. Il suo nome è Sirley, viene dalla Guyana francese, in Sudamerica, e ha un sogno : interpretare la Madonna…….

E’ nelle sale da pochi giorni il film “Maledetta Primavera”, di Elisa Amoruso che vede come protagoniti Micaela Ramazzotti e Gianpaolo Morelli.

MALEDETTA PRIMAVERA SINOSSI
È il 1989. Nina ha undici anni e una famiglia incasinata, il padre e la madre litigano sempre, Lorenzo, suo fratello minore, quando si arrabbia, diventa un pericolo. Dal centro di Roma si ritrova catapultata in un quartiere di periferia, fatto di palazzoni, ragazzi sui motorini e prati bruciati. Anche la scuola è diversa, non ci sono le maestre ma le suore, non ha neanche un amico. Ma un incontro improvviso stravolge tutto, come una tempesta: ha tredici anni, abita nel palazzo di fronte, è mulatta e balla la lambada. Il suo nome è Sirley, viene dalla Guyana francese, in Sudamerica, e ha un sogno ambizioso: interpretare la Madonna nella processione di quartiere. Sirley è una creatura strana, con un passato difficile, piena di fascino e di mistero. Non le importa delle regole, non ha paura di nessuno, e l’unico modo che ha per interagire con le persone è quello di aggredirle o di sedurle. Nina ne è attratta e spaventata, eppure Sirley fa qualcosa che nessuno finora ha fatto davvero: le dà attenzione e a modo suo, la fa sentire speciale. La coinvolge in un mondo nuovo, e rapidamente quest’amicizia così anomala la assorbe totalmente.

IL DESIDERIO
Maledetta primavera è il racconto di come il desiderio plasma e trasforma l’infanzia in adolescenza. Una storia di crescita e di solitudini. Una storia d’amore vista con gli occhi di una bambina che cerca il suo posto nel mondo. Elisa Amoruso racconta: “L’idea di scrivere questo film è nata durante un incontro con i miei produttori Angelo e Matilde Barbagallo. Io gli avevo portato un’altra sceneggiatura, ma loro volevano farmi scrivere una storia dall’inizio. Mi ritrovai a raccontare di questo trasloco che avevo fatto quando avevo 11 anni in periferia e di mio padre che aveva portato a casa, a sorpresa, un tavolo da biliardo. In quel periodo, io mi sentivo spesso invisibile in una famiglia incasinata e il vuoto di questa periferia amplificava la mia sensazione di smarrimento, tipica di quell’età inquieta della pre-adolescenza. Insieme abbiamo capito che lì dentro c’era una storia, intima e sincera, al punto che durante il processo di scrittura ho sentito il bisogno di scriverla in una forma libera, come un flusso di coscienza e da questo manoscritto è nato il romanzo che si intitola Sirley, edito da Fandangolibri. Sirley ha preso vita, in parte nella mia memoria e in parte nella mia immaginazione, ma nella realtà era una ragazzina sudamericana, che era stata adottata da genitori italiani e viveva nel palazzo di fronte, in quel comprensorio di palazzoni tutti uguali, così alti che mi parevano sfiorare l’estremità del cielo. Era nata fra noi un’amicizia strana, una simbiosi totale, che mi aveva fatto scoprire il desiderio e forse l’amore.

STORIA ANNI 90
La storia è ambientata negli anni Novanta, un’epoca che in Italia è dominata dalla cultura pop; nel film questo elemento è raccontato attraverso il personaggio del padre, che vende macchine fotografiche a Porta Portese, il più grande mercato dell’usato di Roma. Nina, la protagonista, ha tredici anni e cerca di essere importante per qualcuno, perché suo padre è un giullare, divertente, ma poco affidabile e fa impazzire la madre; suo fratello è un bambino irrequieto fin dalla nascita, pericoloso per se stesso e per gli altri; sua madre è incinta di un terzo figlio e forse si è innamorata dell’uomo sbagliato, perché la fa arrabbiare tutti i giorni, anche se poi la fa ridere. Quando incontra Sirley, questa ragazza mulatta, bellissima e sensuale,
Nina viene attirata in un mondo nuovo. Da qui nasce il suo conflitto perché comincia a provare sentimenti che non conosceva, le sue azioni sono guidate dal desiderio crescente di passare sempre più tempo con lei. Smette di essere la bambina responsabile che è sempre stata ed esplora un lato di sé che ignorava, che è legato all’istinto e la porta a compiere azioni che non credeva di essere in grado di fare. Nella sceneggiatura l’amicizia tra le due ragazzine inizia con la rottura di una statua della Madonna. Ho voluto sottolineare questo elemento nel film perché ricordo la religione come qualcosa che ha attraversato tutta la mia infanzia: andavo in una scuola di suore e la chiesa era l’unico centro di aggregazione del quartiere. Tuttavia nel film la religione è utilizzata per raccontare il vuoto di un ambiente sociale, non viene affrontato direttamente il tema del sacro o della spiritualità. Il centro del film sono le relazioni familiari e la scoperta dell’amore, al di fuori della famiglia, come un tabù: nel momento in cui viene scoperto, le due ragazze vengono divise. L’intimità tra le due ragazze l’ho sempre immaginata come me la ricordo, una sorta di momento magico in cui il tempo sembra essersi fermato; d’un tratto si sente solo il contatto tra due corpi che si toccano e il suono ipnotizzante degli irrigatori che riecheggiano nel cortile.

FUORISTRADA
Nel mio primo film documentario, Fuoristrada, sono partita cercando di fare un ritratto di un meccanico, pilota di rally, che a quarant’anni aveva deciso di diventare una donna. Tuttavia, entrando nella sua vita, mi sono appassionata al ruolo di sua moglie, una signora rumena, che l’ha sposato, accettando la sua transessualità, dei figli, un ragazzo di cui non è il vero padre, ma che lo tratta come se lo fosse. Sebbene i personaggi del documentario siano molto più estremi e talvolta grotteschi, ho cercato di seguirne il tono, in alcuni momenti davvero divertente e mi sono appassionata a questa famiglia non convenzionale, che per certi versi, mi ricordava un po’ la mia.
La scommessa è stata quella di raccontare la periferia con un altro tono vivo, fresco e vitale, di qualcuno che, come me, vi ha trascorso gli anni decisivi della sua infanzia e quindi ella formazione del carattere. In questo senso ho cercato di fare un racconto più vicino alla realtà, proprio perché fa parte della mia esperienza personale: il vuoto lasciato dagli spazi può accendere la fantasia, il caos di un quartiere disordinato porta a incontri con personaggi insoliti, come Sirley. E in quella confusione c’è la vita.




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