Vaticano – La storia di papa Urbano II

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Papa Urbano II – L’elezione papale del 1088 si svolse il 12 marzo a seguito della morte del papa Vittorio III e scelse come suo successore il cardinale Ottone di Lagery, che assunse il nome di Urbano II.

Papa Vittorio III morì il 16 settembre 1087 a Montecassino. Poco prima della sua morte raccomandò l’elezione del cardinale Ottone di Lagery come suo successore. Roma era, in quel momento, sotto il controllo dell’antipapa Clemente III, che era sostenuto dal imperatore Enrico IV, e difficilmente sarebbe stata recuperata in breve tempo. In questa situazione i cardinali fedeli a Vittorio III si riunirono il 9 marzo 1088 a Terracina, sotto la protezione dell’esercito normanno, per eleggere il nuovo pontefice.

Oltre ai cardinali vescovi, che erano i soli a poter eleggere il papa, all’assemblea elettorale, riuniti nella cattedrale dei Santi Pietro e Cesareo erano presenti anche i rappresentanti degli ordini inferiori dei cardinali, oltre a quaranta fra vescovi e abati, nonché Benedetto, il prefetto di Roma, e la contessa Matilde di Canossa.

Dopo gli usuali tre giorni di digiuno e preghiera si riunirono il 12 marzo tutti i cardinali ed il resto del clero e dei laici presenti. Il cardinale vescovo di Albano, Frascati e Porto propose l’elezione di Ottone di Lagery, secondo le intenzioni del defunto Vittorio III. Ottone accettò l’elezione e prese il nome di Urbano II. L’elezione venne annunciata pubblicamente dal cardinale di Albano, Pietro Igneo. Nello stesso giorno il nuovo papa venne consacrato e venne celebrata la messa di incoronazione. Urbano II poté rientrare a Roma non prima del novembre 1088.

Il suo nome era Eudes (Oddone) e nacque verso il 1040 a Châtillon-sur-Marne in Francia, nell’attuale diocesi di Reims da nobile famiglia. Compì i suoi studi a Reims, dove fu allievo di s. Bruno, che poi divenne fondatore dell’Ordine dei Certosini nel 1084.

Eudes in seguito divenne monaco nell’abbazia di Cluny fondata nel 910 da Guglielmo il Pio, duca di Aquitania, assorbendo lo spirito di riforma e di libertà della Chiesa, che regnava nella Comunità cluniacense fondata nel 910 da s. Brunone di Cluny.

Lo si ritrova nel 1077 insieme all’abate s. Ugo di Cluny (1024-1109) a Canossa (Reggio Emilia) presso il papa s. Gregorio VII (1073-1085) e l’anno successivo venne eletto vescovo di Ostia, succedendo a s. Pier Damiani (1007-1072); per due volte ebbe l’incarico di Legato pontificio in Germania, nella controversia con l’imperatore Enrico IV (1050-1106).

Morto nel 1085 papa Gregorio VII, gli successe con il breve pontificato il beato Vittore III (1086-1087) il quale si trovò in lotta con l’antipapa Clemente III. E proprio a causa dell’antipapa stabilitasi a Roma, il conclave per il nuovo papa si dovette riunire a Velletri e qui il 12 marzo 1088 il vescovo di Ostia, Eudes venne eletto papa prendendo il nome di Urbano II; non gli fu permesso di entrare in Roma e si dovette fermare all’Isola Tiberina dove visse di elemosine.

Ma il 3 luglio 1089 entrò trionfalmente a Roma mentre l’antipapa Clemente III (1080-1100) voluto dall’imperatore, fuggì a Tivoli. Urbano II si spostò molto per quei tempi, da Roma tornò nell’Italia Meridionale e nel 1090 riunì a Melfi (Potenza) un Concilio, cui parteciparono 70 vescovi, emanando sedici importanti canoni per condannare la simonia, proibire le investiture laiche, ordinare il celibato ai chierici a cominciare dal suddiaconato e riformare la disciplina monastica.

Dopo il Concilio raggiunse la famosa abbazia di Cava dei Tirreni, per consacrarne la stupenda chiesa; una grande statua lo ricorda sul posto dove si riposò in vista della chiesa, costruita sul fianco del monte.

Si recò in pellegrinaggio a Montecassino, sulla tomba di s. Benedetto, dove ottenne la guarigione dai calcoli renali; proseguì poi fino a Bari per consacrare la basilica di S. Nicola, riponendovi le reliquie portate dall’Oriente.

Tenne altri concili a Benevento nel 1091 ed a Troia nel 1093; rientrato a Roma poté riavere il Laterano con una somma di denaro offertagli da Goffredo abate di Vendome e celebrando con solennità la Pasqua del 1094. Poi subito ripartì per il suo ministero apostolico fuori Roma; si recò a Pisa, a Pistoia, a Firenze ed a Cremona; nel marzo 1095 indisse un Concilio generale a Piacenza, che fu tenuto all’aperto, visto la partecipazione di 4.000 chierici e 30.000 laici; furono promulgati dei decreti pontifici, con i quali Urbano II dichiarò di non riconoscere le ordinazioni simoniache, cioè comprate e quelle ricevute da vescovi scismatici, rinnovò le condanne delle eresie, scomunicò l’antipapa e i suoi fautori.

Nei primi tempi del suo pontificato, Urbano II si dimostrò indulgente con vescovi e principi, ad esempio concesse il pallio arcivescovile ad Anselmo vescovo di Milano e consacrò Ivo di Chartres, tutti e due eletti dall’imperatore; ma dopo aver consolidato la sua carica, combatté tutte le ingerenze dei laici nelle cose ecclesiastiche.

Papa Urbano II divenne il mediatore di situazioni politiche dell’epoca; appoggiò Matilde di Canossa e le città lombarde contro l’imperatore Enrico IV, il quale nel 1092 fallì la sua discesa in Italia e se ne ritornò in Germania, a sua volta l’antipapa Clemente III, perso il suo appoggio, si ritirò a Ravenna.

Mediò sulle dispute fra Guglielmo il Rosso d’Inghilterra e s. Anselmo di Canterbury; scomunicò Filippo I di Francia per le sue vicende matrimoniali. D’altra parte ebbe il sostegno di Alfonso VI di Castiglia, che stava liberando la Spagna dalla dominazione dei Mori.

Nell’agosto 1095 si trasferì in Francia, dove da Le Puy emanò una Bolla per convocare un Concilio a Clermont nell’anno successivo. In detto Concilio vennero di nuovo condannate le investiture laiche e scomunicato il vescovo di Cambrai perché l’aveva accettata dall’imperatore.

Papa Urbano istituì la “tregua di Dio” cioè una breve pausa tra le battaglie per seppellire i morti; poi sulla pubblica piazza di Clermont, proclamò la “prima crociata” per la liberazione dei luoghi santi, provocando un grande entusiasmo e organizzandola personalmente, nominò come capo il vescovo di Le Puy Ademaro di Monteil e il duca Raimondo di Tolosa; incitò principi e fedeli a prendere la croce, trattò con i Genovesi per le navi. L’esito della Crociata portò alla conquista di Gerusalemme il 15 luglio 1099, anche se con numerose perdite umane, ma il papa non lo seppe perché morì a Roma il 29 dello stesso luglio 1099.

In precedenza aveva continuato a visitare altre città francesi tenendo Concili più o meno grandiosi; nel 1096 rientrò in Italia passando per Asti, Como e Pavia e per il Natale era giunto a Roma; ma l’infaticabile papa non si fermò, ancora discese nell’Italia Meridionale giungendo a Salerno, per incontrarsi con Ruggero di Sicilia e poi a Bari dove tenne un Concilio insieme ai Greci, sulla questione della processione dello Spirito Santo a cui diede il suo illuminato apporto s. Anselmo di Canterbury.

Ritornato a Roma nell’aprile del 1099, tenne il suo ultimo concilio in S. Pietro e come già detto morì il 29 luglio. Venne sepolto in S. Pietro ma non è stato possibile identificare la sua tomba; del suo pontificato si può dire, che fu discepolo e collaboratore di papa s. Gregorio VII, ma seppe attuare la riforma della Chiesa con una tenacia ed un tratto apostolico maggiore.

Condusse vita ascetica, austera, con zelo instancabile e comunicativo e grande pietà, così da guadagnarsi la venerazione dei fedeli. Approvò e diffuse il Piccolo Ufficio della Beata Vergine, l’uso di recitare l’Ave Maria mattino e sera e la dedicazione del sabato alla Madonna.

Papa Urbano II ebbe sempre un culto fra i fedeli, in particolare in Francia e la sua immagine è riprodotta fra altri pontefici santi in vari celebri edifici italiani; per questi motivi il vescovo di Reims Langénieux chiese a papa Leone XIII la conferma di questo culto, che dopo i dovuti esami della Congregazione competente, fu approvato il 14 luglio 1881 con il titolo di beato; la sua festa si celebra il 29 luglio.

Dunque Papa Urbano II  diede il via alle crociate.

Papa Urbano II, in occasione del concilio di Clermont del 1095, lanciò un appello per sollecitare la nobiltà francese ad accorrere in aiuto dell’Impero bizantino minacciato dai turchi Selgiuchidi. Più che agli interessi solidali con la controparte orientale, dovette pesare sulla decisione del Papa la volontà di normalizzare la vita della nobiltà europea dandole un nuovo obiettivo, dopo i duri scontri con il papato stesso durante la lotta per le investiture e le guerre feudali. La nobiltà si era infatti ampiamente compromessa appoggiando i nemici della riforma gregoriana e si stava impoverendo, almeno al livello dei piccoli feudi, per via della crescita delle autonomie cittadine comunali. Inoltre l’indivisibilità dei feudi tra gli eredi lasciava una larga fetta di nobili che potevano cercare fortuna solo nel mestiere delle armi o nella carriera ecclesiastica.

 

Con la spedizione i nobili avrebbero alleggerito l’Europa dalla propria presenza per certi versi scomoda, ed avrebbero potuto conseguire un buon soldo, e bottino, per rimettere in sesto l’economia.

All’epoca non si vedeva ancora come fine ultimo la riconquista di Gerusalemme e della Terrasanta. I luoghi sacri legati al cristianesimo erano in genere protetti dagli stessi musulmani e i pellegrinaggi consentiti (sebbene dietro pagamento di salvacondotti), anche se nel secolo precedente c’erano stati alcuni gravi episodi che avevano allarmato la Cristianità: tra 1008 e 1009 l’imam/califfo fatimide al-Hakim aveva fatto distruggere la basilica del Santo Sepolcro e pochi decenni dopo in Palestina si erano insediati i Selgiuchidi, di recente conversione all’Islam, che oltre ad aver molestato e talora assaltato alcune carovane di pellegrini cristiani occidentali, costituivano pur sempre una potenziale minaccia per la stessa Costantinopoli.

In questo contesto la volontà del Papa tendeva ad una serie di obiettivi, non chiaramente definiti, che si potevano approssimativamente ricondurre all’appoggio all’Impero bizantino dopo la disastrosa sconfitta di Manzikert (1071) ad opera del Sultano selgiuchide Alp Arslan, alla ricucitura dello scisma fra Cristianità greca e Cristianità latina, e alla riconquista di Gerusalemme. Lo stesso Imperatore bizantino Alessio I Comneno aveva lanciato un’offerta di ingaggio di mercenari, a Piacenza, nella primavera del 1095, dove il Papa si trovava a un concilio che avrebbe preceduto di poco quello di Clermont. Il Papa forzò alquanto i termini, considerando l’ingaggio come una richiesta di aiuto, incanalandola in tutta la serie di obiettivi, per l’Europa occidentale e per il mondo orientale, elencati poco sopra.

La spedizione inoltre diventava sostitutiva di ogni altra penitenza in remissione dei peccati confessati, come avvenne in Spagna (Reconquista spagnola), e fu chiarito che chi fosse caduto in battaglia avrebbe guadagnato senz’altro il premio celeste.

Secondo alcuni storici l’intenzione dei civili senz’armi e dei soldati e cavalieri che li accompagnarono durante il viaggio della prima crociata (1096-1099) doveva essere eminentemente pia e usuale all’epoca: il pellegrinaggio a Gerusalemme. La croce rossa che i pellegrini portavano sul mantello stava a significare che erano pronti a versare il loro sangue per un pellegrinaggio di redenzione: era assicurata la remissione di tutti i peccati a coloro che sarebbero morti sulla strada per Gerusalemme Fu però un “pellegrinaggio armato”.

Il Papa, per realizzare l’impresa di riconquista della Siria-Palestina, tenne un discorso decisamente a tinte forti, elencando i crimini perpetrati ai danni dei cristiani dagli invasori musulmani

. Roberto il Monaco così riporta il discorso di Urbano II:

“I Turchi hanno distrutto completamente alcune chiese di Dio e ne hanno trasformate altre a uso del loro culto. Insozzano gli altari con le loro porcherie; circoncidono i cristiani macchiando gli altari col sangue della circoncisione, oppure lo gettano nel fonte battesimale. Si compiacciono di uccidere il prossimo squarciandogli il ventre, estraendone gli intestini, che legano a un palo. Poi, frustandole, fanno ruotare le vittime attorno al palo finché, fuoriuscendo tutte le viscere, non cadono morte a terra. Altre le legano al palo e le colpiscono scoccando frecce; ad altri ancora gli tirano il collo per vedere se riescono a decapitarli con un solo colpo di spada. E che dire degli orripilanti stupri ai danni delle donne?”

Nella visione di Urbano II, i soldati non avrebbero dovuto fungere da scorta per i pellegrini, ma essere pellegrini essi stessi. Pertanto i privilegi e le ricompense spirituali che il pellegrinaggio al Santo Sepolcro garantiva furono accordati anche ai partecipanti alla spedizione. L’appello del papa venne raccolto da una serie di grandi feudatari europei, che tra 1095 e 1096 si apprestarono a partire con tutto il loro seguito. La notizia si sparse intanto con stupefacente rapidità e suscitò entusiasmi anche nei ceti più popolari, che il papa non solo non aveva previsto, ma che inizialmente non dovette nemmeno gradire. Il Papa cercò infatti di dissuadere con ogni mezzo i chierici, le donne, i monaci, i poveri e gli ammalati dal mettersi in viaggio. Ma l’attrazione esercitata da Gerusalemme fu tale che egli non riuscì a impedire che partissero anche laici inermi.

Il discorso di Urbano fu ben pianificato: egli prima persuase alla crociata Ademaro di Monteil e Raimondo IV di Tolosa, aggiudicando così il sostegno alla spedizione di due dei più grandi condottieri della Francia meridionale. Ademaro stesso fu presente al Concilio e fu il primo a “prendere la croce”. Durante tutto il resto del 1095 e del 1096, Urbano fece diffondere il messaggio in tutta la Francia ed esortò i suoi vescovi e legati a predicare nelle proprie diocesi anche in Germania e in Italia. La risposta delle masse all’invocazione del Papa fu molto più entusiastica di quanto potesse pensare egli stesso. Nel suo viaggiare per la Francia, Urbano cercò di proibire ad alcune persone (come le donne, i monaci e gli ammalati) di aderire alla crociata, ma spesso non vi riuscì. Alla fine, la maggior parte di chi prese la croce non furono cavalieri, ma contadini non certamente ricchi e senza grandi abilità di combattimento, una massa di persone persuase da emotività e devozione religiosa non facilmente sfruttabile dagli ecclesiastici e dall’aristocrazia laica.[16] In genere, il reclutamento implicava che ogni volontario si impegnasse a fare voto di compiere un pellegrinaggio alla Chiesa del Santo Sepolcro. Ai crociati venne donata anche una croce, che solitamente veniva cucita sui loro vestiti

Come scrive lo storico Thomas Asbridge, “come non possiamo fare altro che stimare il numero delle migliaia di persone che risposero all’ideale crociato, così possiamo ottenere solo una visione limitata della loro motivazione e delle loro ambizioni”.Alcune generazioni di storici precedenti ad Asbridge hanno sostenuto che i crociati fossero motivati dall’avidità e dalla speranza di poter trovare una vita migliore lontana dalle fame e dalla guerra che caratterizzava la loro esistenza in Francia, ma come Asbridge osserva: “Questa immagine è… profondamente fuorviante”. Egli sostiene che l’avidità fosse probabilmente un fattore importante per via degli alti costi che dovevano affrontare nel lungo viaggio, per gli alti rischi e perché quasi tutti i crociati fecero ritorno nelle proprie case una volta terminato il loro pellegrinaggio piuttosto che dotarsi di possedimenti in Terra Santa. È difficile o impossibile valutare quali fossero stati i motivi precisi delle migliaia di poveri che parteciparono alla crociata, per i quali non esistono alcune fonti storiche, o addirittura quelli di importanti cavalieri, le cui storie sono state solitamente riscritte da monaci o chierici probabilmente senza troppa obiettività. Poiché il mondo medievale secolare fu così profondamente radicato nel mondo spirituale della chiesa è abbastanza probabile che la religiosità sia stato un fattore importante per molti crociati.

Roberto II di Normandia.

Nonostante questo entusiasmo popolare, Urbano assicurò che ci sarebbe stato comunque un esercito di cavalieri, provenienti in gran parte dall’aristocrazia europea. I condottieri crociati furono quindi rappresentativi della Francia settentrionale e meridionale, delle Fiandre, della Germania e dell’Italia meridionale; divisi così in quattro gruppi distinti non si dimostrarono sempre cooperativi tra di loro, sebbene mantenessero l’obiettivo comune finale.

L’idea della crociata ebbe origine dall’appello dell’imperatore bizantino Alessio I Comneno ai governanti occidentali affinché lo aiutassero a respingere gli invasori turchi Selgiuchidi che avanzavano in Anatolia. Come risposta, Urbano II convocò il Concilio di Clermont e, il 25 novembre, dichiarò ufficialmente la crociata. Un obiettivo aggiuntivo divenne in seguito l’obiettivo principale della spedizione: la riconquista cristiana della città sacra di Gerusalemme la liberazione dei cristiani orientali dal dominio musulmano.

La crociata ufficiale condotta da molti principi europei venne preceduta da una crociata popolare non ufficiale, in cui un certo numero di contadini, guidati da Pietro l’Eremita, compirono massacri tra la popolazione ebraica in Europa prima di arrivare in Anatolia dove vennero pesantemente sconfitti dai musulmani. Nel 1096, la crociata ufficiale, a cui parteggiarono molti nobili cattolici europei come Raimondo di Tolosa, Goffredo di Buglione, Boemondo di Taranto, Baldovino delle Fiandre, Roberto di Normandia, Ugo di Vermandois, Stefano II di Blois, Roberto di Fiandra e Tancredi d’Altavilla, nonché abili comandanti come Guglielmo Embriaco, iniziò il viaggio verso il Medio Oriente. Durante la spedizione, la nobiltà, i cavalieri, i contadini e i servi provenienti da molte regioni dell’Europa occidentale viaggiarono via terra e via mare, raggiungendo prima Costantinopoli e poi Gerusalemme. I crociati presero Nicea nel 1097 e conquistarono Antiochia l’anno successivo. I crociati fecero il loro arrivo a Gerusalemme e la misero sotto assedio conquistandola nel luglio del 1099.

In seguito alle loro conquiste, i crociati fondarono gli stati crociati: il Regno di Gerusalemme, la contea di Tripoli, il Principato di Antiochia e la Contea di Edessa. Ciò fu contrario al volere dei Bizantini dell’Oriente cristiano che si aspettavano la restituzione delle terre strappate ai musulmani. Dopo la ripresa di Gerusalemme, la maggior parte dei crociati considerò concluso il proprio pellegrinaggio e fece ritorno a casa. Ciò lasciò i regni cristiani e greci vulnerabili dagli attacchi dei musulmani che miravano a riconquistare quelle terre rinate.




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