Analisi politica: PER I CATTOLICI L’OCCASIONE DELLA CHIAREZZA

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A Roma fervono i preparativi per il voto.  Nelle ultime ore il colpo di scena della decisione di Silvio Berlusconi di ritirare  Bertolaso e far convergere i voti di Forza Italia ad Alfio Marchini e contro la Meloni appoggiata dalla Lega di Salvini.  Per i cattolici però nulla di nuovo e nulla che li tuteli tra i rappresentanti della vecchia politica. Non resta che credere nel Popolo della Famiglia e nella sua ascesa e Mario Adinolfi ci spiega il perché……………..
La scelta di Berlusconi di convergere su Marchini nella corsa al Campidoglio non sarà la “svolta epocale” descritta dal sempiterno Pierferdinando Casini, ma di certo ha una importante valenza storica che non può essere circoscritta al pur rilevante dato locale. Quel che resta di Forza Italia sceglie la strada della contrapposizione all’opzione leghista, incarnata a Roma da Giorgia Meloni e altrove dai colonnelli di Salvini, lanciando evidentemente una sfida tutta di potere: a chi tocca l’egemonia nel centrodestra? Chi guiderà e chi sarà guidato?

Questa dialettica non è di natura programmatica. Ci sono sì toni e accenti differenti nelle proposte, ma non è sulle ricette concrete che i contendenti si misureranno. Sembra piuttosto riproporsi lo schema generazionale che ha portato fortuna a Renzi nel Pd, conducendo all’impensabile pensionamento nel giro di pochi mesi di leader storici come D’Alema e Veltroni. Riuscirà l’altro Matteo a fare lo stesso con Berlusconi e Casini? L’assenza di una linea di demarcazione valoriale e programmatica tra le due proposte rende ardua la risposta a questa domanda. Si misureranno le organizzazioni e ognuno proverà a imbarcare di tutto per ampliare i livelli di consenso. A Roma con Marchini ci sono gli alfaniani ma anche ora Francesca Pascale che ama Marchini almeno quanto odia Alfano. Il cortocircuito tra costoro in termini di proposte ad esempio sul tema famiglia, unioni gay, utero in affitto è presto costituito: Alfano si vergogna un po’ e manco si presenta con il simbolo Ncd ma con una civica Roma Popolare (ricalcata su Milano Popolare che appoggia Parisi, ovviamente anche lui a favore di matrimonio e adozione per gli omosessuali); la Pascale sostiene l’Arcigay che vuole pure il riconoscimento dei “poliamori”; Marchini media e dice unioni sì, adozioni no. Ma d’altronde la Meloni si fa aprire la campagna elettorale da Rita Dalla Chiesa che fa la testimonial pro-lgbt, imbarca nella sua coalizione il Partito liberale favorevole al matrimonio gay e l’alleanza con Salvini regge anche sulla proposta programmatica del papponaggio di Stato con la legalizzazione della prostituzione, che invece va combattuta secondo la lezione di Don Benzi.

Le due grandi attruppate, proprio per la necessità di dover imbarcare chiunque in uno scontro che è solo sulla capacità aritmetica di sommare consenso e dunque meramente organizzativo, diventano un miscuglio inguardabile e indigeribile per chi ha a cuore la dimensione programmatica e alcune proposte chiare su vita, famiglia, matrimonio, diritto universale a nascere e consequenziale no all’aborto. Gli altri schieramenti non possono neanche essere valutati. Il Pd a Roma candida un radicale, a Bologna caccia un candidato dalla lista perché dice no all’aborto, a Torino eleggerà un medico che si fa i manifesti con tre scatole di pillola abortiva RU486 in mano. Il M5S sul fronte matrimonio e adozioni ai gay è esplicitamente a favore, anzi nelle sua fila ci sono i parlamentari già pronti a presentare proposte di legge per il matrimonio a tre e a quattro.

Chiariamolo subito. Il quadro politico delle elezioni amministrative 2016 è quello che si contenderà il governo del paese alle elezioni politiche che seguiranno a stretto giro il referendum di ottobre. La rissa a destra produrrà forse un vincitore-federatore, a sinistra il Pd dominerà e affilierà anche i fuoriusciti di questa tornata, il M5S proverà a fare il colpo della vita a far trionfare il sogno di Gianroberto Casaleggio. Per i cattolici queste elezioni amministrative rappresentano dunque una enorme occasione, a patto di volersi manifestare nella chiarezza. L’offerta politica rappresentata dal Popolo della Famiglia va in tale direzione: in tutta Italia sulla scheda elettorale in posizione autonoma rispetto ai carrozzoni descritti, i cittadini potranno scegliere un simbolo nuovo non assimilabile. E’ il simbolo di chi non intende negoziare sui principi non negoziabili, è il simbolo della proposta programmaticamente più forte e articolata oggi presente nel panorama politico italiano (anche perché altri programmi, in verità, non se ne leggono), è il simbolo da votare se si vuole far finalmente contare l’energia espressa nei due Family Day del giugno 2015 e del gennaio 2016.

La mossa di Berlusconi affiliato a Marchini che scatenerà la caccia a ogni sigletta aggiuntiva (il Messaggero già dice che anche Storace si aggregherà al costruttore romano) porta alla costruzione di coalizioni affastellate e confuse. I cattolici hanno l’occasione della chiarezza e di rafforzare le loro ragioni, in vista dei ballottaggi e soprattutto in vista del passo successivo alle elezioni politiche, votando senza turarsi il naso non per il meno peggio, ma per una proposta politica cucita come un vestito addosso alle opzioni espresse dalla grandi manifestazioni contro il gender e contro il ddl Cirinnà. Questa proposta politica è il Popolo della Famiglia che segna qui sì la “svolta epocale” per un segmento della società italiana che ha deciso di chiudere la fase ultradecennale della diaspora approdata ormai alla fase dell’irrilevanza.

L’appello per il voto del 5 giugno alle amministrative (con “l’antipasto” del voto dell’8 maggio in Alto Adige con la nostra Giovanna Arminio candidata a Bolzano) è di tornare a recuperare le ragioni di una possibile unità dei cattolici in politica partendo da una proposta programmatica forte e non mediata. Il Popolo della Famiglia ha descritto i contorni di una identità politica ben precisa, che si confronterà con le altre certo più forti sul piano organizzativo ma molto più deboli se valutate sul piano della chiarezza. I cattolici non possono sostenere candidati di coalizioni contraddittorie sul piano valoriale, certamente non al primo turno di elezioni amministrative che strutturalmente consentono di esprimere consenso a chi si sente più vicino come sensibilità politico-programmatica. Questa occasione potrebbe non ritornare e va colta subito rafforzando il più possibile il Popolo della Famiglia. Un’affermazione del PdF il 5 giugno renderebbe i cattolici protagonisti e non portatori d’acqua comprimari della decisiva competizione politica che seguirà il referendum di ottobre. La responsabilità ora è sulle spalle di ogni singolo elettore che era in piazza o avrebbe voluto essere in piazza il 20 giugno a San Giovanni o il 30 gennaio al Circo Massimo e sa bene di essere stato tradito dagli attuali partiti politici, quando è stato il momento di passare dalle parole ai fatti. Di qui la necessità per questo popolo di autorappresentarsi, di considerare chiusa la fase della delega in bianco. Di qui la nascita del Popolo della Famiglia, il suo rapido strutturarsi in appena 46 giorni con liste autonome in tutta Italia, la richiesta di consenso a questo nuovo simbolo le cui ragioni vivranno e incideranno nella realtà solo se il 5 giugno i voti di chi ha voluto cogliere l’occasione della chiarezza supereranno quelli di chi ha voluto ascoltare le consuete sirene di una ormai logora convenienza.

 

 

 

 

di Mario Adinolfi




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