Politica – Con lo sguardo a San Benedetto

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Politica – Eccovi un’interessante riflessione di Mario Adinolfi (PDF) sulla situazione politica italiana, sulle tante intricate situazioni, il disinteresse per le famiglie, il caos covid e l’attaccamento alle poltrone ed al potere di alcuni politici.  Ecco le sue dichiarazioni.

Mi fa molto piacere che il ciclo di presentazione di Alternativa per l’Italia, la federazione politica aperta che vede protagonista il Popolo della Famiglia e Exit di Simone Di Stefano, si chiuda con questa paginata del quotidiano La Verità che vede incombere sulla nostra storia e il nostro simbolo il volto del virologo-star dalla nota prepotenza capace di irridere una ragazza disabile faticando a chiedere scusa. Quella è la faccia di un potere torvo e bolso, tecnocratico e violento, che rappresenta tutto ciò che dà senso al nostro utilizzo della parola Alternativa. Siamo, sì, l’alternativa possibile al permanere dello strapotere dei Burioni nel nostro tempo.

La federazione è nata l’11 luglio. La data del Mundial, di Zoff e Pertini, di Bearzot e del Bernabeu? Anche. Soprattutto è la data in cui ricordiamo San Benedetto da Norcia, patrono d’Europa. Quando il tempo si fece davvero cupo e sulle rovine di Roma pascolavano i barbari, una fiamma venne tenuta accesa e fu quella dei valori fondamentali. Ne dobbiamo il merito a questo monaco nato nel 480, quattro anni dopo la deposizione dell’ultimo imperatore. Il monachesimo medievale tenne accesa la fiamma con un metodo scolpito in tre semplici parole: ora et labora. Se vi capita fatevi una passeggiata all’eremo di San Benedetto a Subiaco e nel monastero di sua sorella Santa Scolastica, andate a respirare l’aria dell’eroica resistenza del monachesimo medievale mentre tutto stava venendo giù. Ora et labora.

Per fronteggiare il nostro tempo buio il Popolo della Famiglia si è messo in gioco. Ha dato seguito alle determinazioni delle assemblee dei suoi iscritti che chiedevano la Costituzione di un’area vasta degli oppositori al governo Draghi. Alternativa per l’Italia è il primo passo della sua costruzione. Non siamo quelli della lamentela sterile. Noi parliamo e poi operiamo. Sì, non scriviamo davanti a ciò che non va un sospiroso “speriamo”. Noi compriamo una vocale e il verbo diventa: operiamo. Ora et labora. Con lo sguardo volto a San Benedetto, nel giorno che la Chiesa gli dedica, noi chiediamo al patrono d’Europa di liberarci dall’Ue marcia, massonica, guerrafondaia, abortista, anticristiana e mortifera che dimentica la sua radice più profonda e con Mario Draghi, lo stesso che lo chiamava “dittatore”, va a chiedere al sultano islamista Erdogan di diventarne parte come “amico, alleato e partner” perché le contingenze sembrano rendere conveniente il suo coinvolgimento, dimenticando secoli di storia e i genocidi operati dai turchi ai danni del popolo armeno e del popolo curdo.

Già Mario Draghi. L’autore degli slogan “non ti vaccini, ti ammali, muori” e “il green pass è quella misura che dà la garanzia di trovarsi tra persone non contagiose” (entrambi tratti dalla mitologica conferenza stampa del 22 luglio 2021) è il tecnocrate insipiente che guida il governo italiano da due anni e che i partiti che lo sostengono vorrebbero far permanere a Palazzo Chigi per un altro quinquennio senza neanche dargli il disturbo di passare da una candidatura alle elezioni, considerate un inutile fastidio da sterilizzare con una legge elettorale che renda possibile solo il pareggio.

Vogliono Draghi fino al 2028 perché il bilancio dei suoi due anni di governo è encomiabile? No, lo vogliono solo perché è il perfetto garante degli attuali assetti di potere che permettono a tutti i partiti di lucrare. Il bilancio è letteralmente tragico e lo stanno pagando le famiglie italiane. Le scelte di gestione della tragedia pandemica, attraverso strumenti come il green pass che privava i non possessori del diritto al lavoro e allo stipendio oltre ad altri diritti fondamentali tanto che noi il 5 marzo 2022 scendemmo in piazza al grido No apartheid, hanno prodotto insieme il massimo dei vaccini e il massimo dei morti in Europa, oltre alla più colossale devastazione del tessuto economico che ha portato al fallimento di centomila piccole e piccolissime imprese familiari italiane (dati Sole 24 ore, luglio 2022). Prova che la correlazione tra vaccini, green pass e salute era inconsistente. Abbiamo partecipato e stiamo partecipando con l’opzione vaccinista alla più grande rapina di sempre alle casse degli Stati, con 250 miliardi di euro passati in 18 mesi dalla fiscalità generale alle tasche del pugno di persone che domina Pfizer e Moderna, interessi in massima parte statunitensi. Sempre all’interesse degli USA di Joe Biden ci siamo piegati decidendo di farci parte belligerante in un conflitto regionale che non ci riguardava, fornendo armi a valanga ad una delle fazioni in guerra, armi che peraltro come testimoniato da un magistrato integerrimo come Nicola Gratteri finiscono in massima parte in mano ai trafficanti e alle mafie. Effetto della contrapposizione frontale alla Russia di Putin è per le famiglie italiane un pesantissimo costo in termini di inflazione generale all’8%, con i beni di prima necessità al 15%. Già colpiti dal collasso economico dovuto alla gestione della pandemia, ora ci aggiungiamo inflazione galoppante, costo dell’energia triplicato, pieno di benzina a prezzi folli, recessione alle porte, innalzamento del tasso di disoccupazione, paralisi delle imprese che vivevano di export verso la Russia, difficoltà persino nell’approvvigionamento di grano, mentre per l’autunno già ci vengono annunciati razionamenti dell’energia elettrica nelle ore notturne e del riscaldamento tutto il giorno. Questo per aver scelto la via del riarmo che porterà le spese militari entro il 2026 da 25 a 38 miliardi annui, dazio da pagare a Biden e agli interessi della NATO in Europa. Questo innalzamento della spesa per armamenti al 2% del Pil è stato duramente condannato da Papa Francesco anche sul piano morale.

Volete questo governo fino al 2028? Il Popolo della Famiglia ha pronunciato da tempo il suo chiaro no e nei suoi organismi dirigenti ha determinato la costruzione di azioni per mettere in campo un’alternativa di governo che unisse l’area vasta delle opposizioni a Draghi. Si è avvicinata a noi Lombardia Libera, il cui leader Francesco Tomasella è ora un dirigente del PdF. Ci siamo “annusati” per mesi con Exit e ora l’esito è la federazione Alternativa per l’Italia. Abbiamo chiesto alla casa di sondaggi Bidimedia di testare con 1.200 interviste a campione statistico che penetrabilità aveva APLI nell’elettorato. I risultati sono racchiusi in un lungo dossier di 11 pagine pubblicato come richiesto dalla legge sulla bacheca della presidenza del Consiglio dei ministri. Vi si legge che il PdF da solo è elettoralmente valutato allo 0.7%, in una generica opzione APLI all’1.3%, nella formulazione con simbolo APLI che richiama anche i nomi noti di Adinolfi e Di Stefano all’1.9%. Tutto questo senza un giorno di campagna elettorale. Il potenziale di APLI viene fissato al 4.8%, con un elettorato la cui prevalenza è femminile, di laureati, di età tra i 35 e i 54 anni. Allo stesso tempo con APLI viene testato il quadro politico generale che vede Fratelli d’Italia primo partito con il 22.6%, seguito a un punto dal Partito democratico. L’area vasta dell’opposizione a Draghi vale già oggi, senza mai essersi manifestata unitariamente, attorno al 30% dei voti, con un potenziale superiore al 40%. Insomma, può vincere.

APLI è un cantiere aperto a tutti: Paragone, Rizzo, la Donato, Toscano, Mattei, Cacciari, Cruciani, Fusaro, Freccero, Santoro, Giorgianni, Cunial, Barillari, Teodori, Byoblu, Radio Londra di Max Massimi, Radio Radio, Puzzer, Borgonovo e certo anche la Meloni ognuno con le proprie organizzazioni. Se tutti ci unissimo ovviamente vinceremmo, ma tende a prevalere la volontà di ciascuno di coltivare il proprio orticello. Divisi, perderemo. Di più, saremo travolti e non sarà più possibile opporre in Italia la democrazia alla tecnocrazia. Quindi il passaggio attuale ha il valore del passaggio epocale, come ci ricorda sempre Papa Francesco.

L’unità tra noi va costruita sul versante programmatico. Non è una unione “contro”, almeno non solo, ma è un programma che ci unisce quello che emerge individuando emergenze vere come quella della denatalità da combattere con il reddito di maternità, della tutela della piccola e piccolissima impresa prevalentemente familiare, della protezione del lavoro e dei lavoratori dalle folli lesioni dei diritti costituzionali in materia, dell’investimento sulle energie giovani e sulle giovani coppie per il loro diritto alla casa e a mettere su famiglia, della tutela ambientale e della transizione digitale senza che ciò diventi dittatura ecologista o controllo da remoto sulla nostra identità e sulle nostre esistenze e persino sul nostro corpo da parte dello Stato, del sostegno ai più deboli a partire da anziani e disabili, del diritto alla salute da garantire davvero attraverso un servizio sanitario nazionale pubblico e gratuito su cui non operino più i tagli selvaggi praticati da tutti i governi negli ultimi 12 anni fissando seriamente il principio della libertà vaccinale e della libertà di cura, del diritto all’istruzione scolastica e universitaria che recepisca il criterio della libertà educativa. Ecco, i 13 miliardi di euro in più che Draghi vuole spendere solo per gli armamenti, mettiamoli invece su questo ragionevole programma alternativo di governo.

S’è discusso, infine, della provenienza di Di Stefano dalle fila di CasaPound. Hanno scritto di tutto, in particolare su Repubblica. S’è scomodato sui social persino il direttore Maurizio Molinari, un suo sottoposto, Paolo Berizzi, ha parlato di naturale saldatura tra omofobi e neofascisti. Simone parla di “mostrificazione”. Io ricordo il dito puntato che subii quando da deputato del Pd lasciai seggio e partito. In questi contesti settari tutto viene perdonato tranne il peccato di “apostasia”. La pena è la damnatio memoriae. L’ho subita io, la subisce Simone dalla comunità da cui s’è allontanato. La beffa è che ci resterà sempre addosso il marchio: io sarò per sempre per i miei detrattori il “cattocomunista” e Simone il “fascista”, pur subendo il massimo dell’esecrazione da quei nostri mondi di provenienza. Di fatto nel 2018 raccogliemmo 535.000 voti e lo studio di Bidimedia dice che i nostri due cognomi ne valgono oggi perlomeno il triplo. Ecco, questo è il vero problema per i nostri avversari, questo è ciò che fa paura dell’Alternativa per l’Italia, che anche solo così con solo noi due insieme un milione e mezzo di voti siamo in grado di attrarne, se cinque anni fa molto meno noti e presenti sui territori ne raccogliemmo più di mezzo milione. Quanto al fascismo, Simone ha detto più volte in una lunga chiacchierata senza rete che abbiamo fatto sul social Clubhouse che lui non ne vuole parlare. Io, che non ho complessi e ho una formazione politica schiettamente antifascista, non ho nessun problema. Anzi, sono convinto che serva finalmente un serio dibattito di valutazione storica di ciò che è stato il fascismo nel nostro Paese, dell’immenso consenso di cui ha goduto, del perché di questo consenso. Finché non capiremo, come spiegava un altro esecrato, il più grande storico italiano che risponde al nome di Renzo De Felice, che il fascismo è “la biografia della nazione”, noi non saremo pronti a lasciarcelo davvero alle spalle. E al quotidiano la Repubblica che ha osato darmi dell’omofobo e del fascista io rispondo che non sono omofobo. Certamente, poi, io non sono mai stato fascista. Lo è stato invece il fondatore di Repubblica, basta leggere i suoi numerosi articoli su Roma Fascista fino al giugno del 1943. Il tic del manganellatore evidentemente si respira ancora sulle pagine del quotidiano da lui fondato e da Molinari diretto.

Se siete concretamente convinti che bisogna fare qualcosa di alternativo all’esistente scrivetemi anche in privato a adinolfi@gmail.com e vi coinvolgerò subito nella costruzione di Alternativa per l’Italia sul territorio in vista delle elezioni. Questa federazione aperta tra PdF e Exit ha bisogno di gambe per camminare e braccia per operare. Con lo sguardo volto a chiedere la benevolenza materna di Maria e la protezione di San Benedetto, noi siamo in battaglia. Chi la ritiene una buona battaglia si unisca subito a noi, dobbiamo battere un nemico estremamente potente ma Golia può cominciare a tremare, David sta cercando i sassi giusti per la fionda.

Fonte – http://www.lacrocequotidiano.it/

 




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