Politica – Draghi sale al Quirinale, il M5s non vota la fiducia sul Dl Aiuti

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Politica –  Il presidente del Consiglio Mario Draghi è salito al Colle dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella dopo il mancato voto del M5s sulla fiducia. Una decisione presa al termine di una lunga giornata di incontri nella maggioranza per valutare lo stato di salute del governo, messo in bilico dallo schiaffo del Movimento che alla Camera non ha partecipato al voto finale sul Dl Aiuti.

Il premier ha lasciato così Palazzo Chigi per recarsi al Quirinale attorno alle 18.30 dopo aver visto in mattinata il ministro dell’Economia Daniele Franco e a seguire la Guardasigilli Marta Cartabia, poi il responsabile della Salute Roberto Speranza e il titolare del Lavoro Andrea Orlando.

Dietro la necessità del colloquio con Mattarella non ci sarebbe solo il caos provocato nella maggioranza per la mancata partecipazione al voto di fiducia da parte del M5s: da Forza Italia è arrivata la richiesta pressante di Silvio Berlusconi di aprire una verifica di maggioranza.

Il caso del M5s sul Dl aiuti

Il testo del Dl Aiuti a Montecitorio è passato comunque con con 266 voti a favore e 47 no. Ma sul provvedimento la tensione si sposta al Senato, dove il testo deve essere approvato entro questa settimana.

Nel gruppo parlamentare dei 5 Stelle prende sempre più piede l’intenzione di non votare giovedì la fiducia al Senato sul decreto e dopo aver consegnato a Draghi una lettera-ultimatum in nove punti, Giuseppe Conte non ha smesso di tirare bordate all’esecutivo.

Arrivando alla sede del Movimento, senza rispondere su quello che accadrà durante il voto sul dl Aiuti al Senato e sulla verifica chiesta da FI e Lega, l’ex avvocato dichiara che quella di non votare oggi alla Camera il dl aiuti “era una decisione già chiara, perché c’è una questione di merito per noi importante che avevamo anticipato, c’è una questione di coerenza e linearità, quindi nulla di nuovo. Era stato anche anticipato, è tutto chiaro”.

MATTARELLA VIGILA

Come è suo costume il Capo dello Stato analizza ovviamente tutte le variabili in campo, ma ritiene prematuro ipotizzare scenari senza che ancora si siano manifestate le condizioni che possono rappresentarne i presupposti. In altri termini, inutile chiedersi cosa potrebbe decidere il Presidente della Repubblica in caso di crisi di governo senza che si sia effettivamente in presenza di dimissioni del presidente del Consiglio.

Tante ancora le variabili in campo per poter prevedere quali potrebbero essere le scelte di Mattarella nel caso in cui venisse a mancare il sostegno al Governo da parte del Movimento Cinquestelle. È chiaro che uno snodo cruciale è rappresentato da quanto accadrà in Senato nel momento in cui l’Esecutivo porrà la fiducia sul dl Aiuti e per i pentastellati non ci sarà la possibilità, come è accaduto alla Camera, di una scelta disgiunta tra fiducia e voto finale sul provvedimento.

Se si ripetesse quanto accaduto oggi a Montecitorio, difficilmente Draghi potrebbe proseguire come se nulla fosse, anche per la reazione che si determinerebbe da parte delle altre forze politiche.

Prima del voto di Palazzo Madama tuttavia c’è tempo per capire se il premier e Conte riusciranno a trovare un minimo comune denominatore e se da Palazzo Chigi arriveranno segnali considerati soddisfacenti dal leader M5S dopo le richieste presentate nell’incontro di mercoledì scorso. Da questo punto di vista un passaggio importante potrebbe essere rappresentato dall’incontro tra il presidente del Consiglio e i sindacati.

C’è infatti da capire innanzi tutto quale potrebbe l’atteggiamento degli altri partiti che sostengono il Governo di fronte alla scelta dei Cinquestelle di passare all’opposizione, se ad esempio Lega e Forza Italia sarebbero disposte a proseguire in un’esperienza di Governo accanto al Pd, anche alla luce delle forti polemiche registrate sulle proposte di legge relative alla cannabis e allo Ius scholae. Senza trascurare l’imbarazzo in cui verrebbero a trovarsi i Dem dopo la scelta traumatica di quelli che difficilmente potrebbero essere i loro alleati alle prossime elezioni. E non sarebbe certo un elemento secondario la disponibilità o meno dell’attuale premier a rimanere a Palazzo Chigi.




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