Salute e benessere: i volti della depressione e come combatterla

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Depressione – La depressione è sicuramente uno dei mali del nostro secolo. La nostra salute ed il nostro benessere spesso sono messi a dura prova da questo stato di malessere generale che parte dalla nostra mente e si espande per tutto il nostro corpo. Ma cos’è la depressione e come curarla?

La depressione è il male del millennio. L’OMS ha stabilito che entro il 2020 sarà la principale causa di disabilità, ma in realtà quel triste traguardo pare che l’abbiamo già raggiunto.

Esiste un valore, il DALY che stima quanti anni di vita “sana” vengo persi a causa di una disabilità. Ebbene, la depressione è al primo posto come numero di anni di vita che fa perdere a chi ne soffre. Prima di ansia e alcolsimo, prima di ernie ed emicranie, prima di problemi al cuore, prima di qualunque altro disturbo, fisico o psicologico che sia, c’è la depressione.

Sono 4 i volti fondamentali della depressione il depresso radicale, il depresso perchè deluso da se stesso, il depresso dagli altri ed depresso moralista.

1) Depresso Radicale ha un pensiero negativo totalizzante. Nella loro vita sconfitte reali o immaginarie hanno alimentato la credenza di non farcela. Del resto il credere di non potercela fare è già non farcela e questo è già un arenare le proprie possibilità.
Molti credono di essere biologicamente svantaggiati, pensano che un evento in qualche modo posso averli segnati o che il problema ci sia sempre stato fin dalla nascita. Hanno delle carenze motivazionali e ogni cosa che fanno è connotata dalla mancanza di piacere. Nella sintomatologia si può arrivare a soffrire di sintomi di così reali da apparire di natura medica; disturbi dell’appetito, ansia generalizzata, affaticabilità.
Il comportamento rallentato, demotivato che impedisce le normali attività, spingono la persona a rinforzare la sua idea, che sia lui quello sbagliato ed il resto del mondo giusto. Qui a differenza degli altri tipi di depressione, la credenza non si è infranta ma anzi si rinforza e irrigidisce.
In questo caso la terapia deve creare una credenza alternativa, cercando di portare la persona a scoprire quelle risorse che crede di non avere mai avuto. L’obiettivo è di aiutare la persona a guardare la sua credenze da un altro punto di vista, aggiungendo dei dubbi alle sue certezze.

2) Illuso deluso di sè
La persona scopre o dimostra a se stessa di non essere come pensava di essere. L’evento che ha dimostrato la sua incapacità, la sua mancanza di coraggio, può essere un forte stress, un lutto, una malattia, un imprevisto o l’aver perso una buona occasione, ritenuta irripetibile. Ogni successo viene visto come qualcosa di scontato, ogni insuccesso vissuto vale doppio. Spesso è malinconico quando ricorda il passato ed il presente viene vissuto come immodificabile.
Non si perdona errori passati, per lui è inconcepibile sbagliare ed essendo intransigente con se stesso, nella sua testa merita l’autopunizione. Sono persone che gareggiano per vincere, in caso contrario si sentono fallite. La rinuncia in questo caso li ha portati a delegare, perchè si sentono incapaci e non si fidano più di loro stesse.
Sentono di non essere più quelli di prima, in quanto hanno fallito e per loro solo la vittoria è accettabile. Hanno problemi di concentrazione, rimpianti, dubbi. Subentra un’assenza di desideri, un’inerzia con annessa autocommiserazione. Sovente c’ è la disperazione e il pianto .
Si sentono stanchi, affaticati, il riposo continuo è il sintomo della rinuncia. Non sentendosi più quella di prima, la persona riduce le attività limitandole all’indispensabile, in questa situazione, non è esclusa la presenza di pensieri suicidi. In pratica la persona è come se avesse interrotto una “relazione d’amore” con se stessa, si sente tradita, sfiduciata.
In questo caso la terapia dovrà bloccare il tentativo di soluzione messo in atto dalla persona, che è la rinuncia con delega.

3) Illuso deluso degli altri
In questo caso c’è un evento critico che la persona reputa non superabile e di conseguenza si arrende. Si sentono vittime che subiscono i comportamenti o i torti degli altri. Si arrendono e sperano che gli altri riparino al torto che credono di aver subito. Sono persone che hanno sempre concesso fiducia agli altri e si sono sempre mostrate disponibili nei loro confronti.
La credenza di base è che se si mostrano disponibili e compiacenti nei confronti del prossimo possono gestire il prossimo e di conseguenza fidarsi. Tuttavia ad un certo punto nella loro vita, subentra l’imprevisto. Un licenziamento, un tradimento sentimentale, una delusione da parte di un amico e la credenza di base, crolla.
Da qui iniziano pensieri ossessivi, una rimuginazione continua sull’evento doloroso, c’è una difficoltà nel concentrarsi e una difficoltà nel prendere decisioni.
Dal punto di vista emotivo, ci sono sentimenti di delusione, sentimenti di disperazione. Quello che risulta evidente è una spiccata autocommiserazione, il bisogno di mostrare al mondo la propria sofferenza. Il versante somatico è connotato da disturbi del sonno e dell’alimentazione, talvolta vi sono dolori diffusi o localizzati.
Anche in questo caso la terapia dovrà lavorare sulla rottura della credenza iniziale.

4) Il Moralista
In questo caso abbiamo a che fare con persone oneste, corrette, intransigenti nei confronti di se stesse e degli altri. Pretendono che il mondo e gli altri siano diversi, combattono ma solo a livello di pensiero. Il moralista si aspetta giustizia e correttezza da chi ha accanto ma non ricevendola, si arrende e combatte a livello mentale con pensieri ossessivi, vivendo in un costante stato di rabbia e frustrazione.

Di solito sono persone che rimuginano mentalmente, hanno pensieri aggressivi e un linguaggio carico di biasimo. Hanno il desiderio di cambiare un mondo ingiusto ma ci rinunciano a livello comportamentale, perchè è un’impresa più grande di loro.

Non si mettono in discussione perchè hanno delle credenze che ritengono giuste e che secondo loro tutti dovrebbero avere per costruire un mondo migliore. Di solito oscillano tra passività e aggressività, evitano i rapporti sociali e hanno uno stile vittimistico.

Esprimono apatia e fatica, la rabbia ed il rancore portano una continua frustrazione, perchè trattenute. Nel caso in cui dovessero perdere il controllo, potrebbero mettere in atto condotte potenzialmente aggressive…..In pratica si sentono vittime del mondo.

Ma quali soluzioni adottare per combatterla? Sui farmaci i medici continuano ad essere divisi anche se ne raccomandano l’uso almeno nei casi più gravi.
Si parla molto di terapia breve strategica metodo in grado di utilizzare un particolare tipo di comunicazione, non consolatoria ma con un linguaggio, talvolta provocatorio e direttivo, altre volte metaforico e analogico, per fare in modo di sbloccare la persona dalla sua posizione vittimistica e di rinuncia.

La Psicoterapia Breve Strategica nasce dall’intersezione del lavoro del grande psichiatra americano Milton Erickson (Haley, 1976) con gli studi sulla pragmatica della comunicazione condotti dal cosiddetto Gruppo di Palo Alto (Watzlawick et al., 1971).
A partire dagli approfondimenti teorico-applicativi condotti presso il Mental Research Institute i terapeuti del gruppo si interessarono della natura logico-formale del cambiamento terapeutico (Watzlawick et al., 1974), sperimentando l’utilizzo di tecniche in grado di produrre cambiamenti in tempi brevi, fino alla fondazione del Brief Therapy Center a Palo Alto.

La cosa più difficile è che quando ci abituiamo a una realtà, quella sembra l’unica possibile.
Uno scopo delle terapie brevi è da sempre quello di aumentare le possibilità di scelta: aiutare la persona a darsi più possibilità, a vedere più alternative, a sperimentare più strade.

Il guscio è stato un ottimo rimedio, ma momentaneo. La rinuncia, se perpetuata giorno dopo giorno, diventa un suicidio quotidiano, come sosteneva Honoré de Balzac. Ecco allora che il terapeuta breve ha il compito di aiutare la persona a cominciare a mettere la testa fuori, con una spada e uno scudo che la facciano sentire abbastanza sicura di fronte al drago che ritiene ci sia lì fuori.




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