Basket sport in crescita ma bisognoso di aiuto

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Il basket in Italia è uno degli sport più amati ma necessita di interventi economici ed amministrativi. Uno sport molto praticato ma poco seguito dai media e bisognoso di essere trasmesso dalla tv in chiaro.

 

Così presso il Centro di Preparazione Olimpica di Largo G. Onesti 1 di Roma, si è tenuto il seminario “Il Basket e chi lo racconta: politiche e pratiche di sport, tattiche e schemi di gioco. Come comunicare”. L’evento rappresenta un’ennesima sfida per la Federazione Italiana Pallacanestro e l’Unione Stampa Sportiva Italiana, insieme ancora una volta nel trattare le problematiche contemporanee, stimolare gli interessi e rispondere alle curiosità sul mondo della pallacanestro.

Ricco e vario il programma con l’intervento di apertura affidato al Presidente USSI Luigi Ferrajolo, che ha ringraziato per la disponibilità la Federazione e ha elogiato l’impegno ventennale dell’ingegner Claudio Toti alla guida della Virtus Roma.

Il Presidente FIP Gianni Petrucci si è detto felice per l’occasione di incontro e di confronto con la stampa. “Oggi dobbiamo dire grazie a grandi imprenditori come Toti, perché è con il loro impegno che nei palazzetti si continuano a fare record di spettatori”, ha detto Petrucci, che ha poi analizzato la situazione della Capitale. “Il basket non ha ancora il ritorno mediatico che merita. Lo sport diventa popolare solo quando tocca le grandi città, ma a Roma ci sono tanti problemi che riguardano anche gli impianti in cui si gioca: il Palazzetto dello Sport ad esempio è chiuso e il perché resta un mistero”.

Sul momento del basket italiano con la Nazionale maschile che a giugno giocherà il torneo preolimpico per accedere a Tokyo 2020, aggiunge: “Si deve vincere, si deve tornare a vincere: sarebbe un sogno, ma prima o poi questo sogno si realizzerà. Ci sono i cicli nello sport. Noi ci confrontiamo con i colossi del mondo e non riusciamo ad esprimere quello che io sono convinto sia il nostro valore. Ai Mondiali, se avessimo vinto la partita con la Spagna, sarebbe stata tutta un’altra storia”.

 

Il patron della Virtus Roma, Ing. Claudio Toti, è intervenuto questa mattina al seminario

organizzato da FIP e USSI “Il Basket e chi lo racconta: politiche e pratiche di sport, tattiche e

schemi di gioco. Come comunicare”.

 

Molti gli argomenti toccati in circa trenta minuti di intervento.

Il momento del basket italiano: «Il basket è riconosciuto come il secondo sport nazionale ma non

lo vedo come alternativa al calcio: sono due sport completamente diversi. Il problema è che la

pallacanestro va troppo poco in tv, da anni espongo le mie perplessità sul dove e come veniamo

esposti in televisione: secondo i miei riscontri sono circa cinque milioni gli appassionati di questo

sport in Italia, eppure gli abbonati a Eurosport player sono 160mila; questo deve portarci a fare

delle riflessioni. Il ritorno in Serie A di realtà importanti come Fortitudo e Treviso, oltre che di

Roma, non può che portare giovamento, sono squadre che danno lustro alla Lega. Proprio in Lega

dobbiamo trovare il modo di fare di più, perché offriamo lo spettacolo di uno sport importante che

ha principii sani. Da diritti tv le società prendono 130mila euro, un numero che rapportato ai

minimo 40 milioni che ottengono le squadre di calcio fa rabbrividire; una stagione anche solo per

puntare alla salvezza nel basket di Serie A costa all’incirca 4 milioni. In tv è più seguita l’Nba che il

campionato italiano: il basket deve tornare sulle reti nazionali, se non smuoviamo il numero di

ascolti, se non facciamo tornare a parlare di basket, gli sponsor preferiranno investire in altri

settori».

Il basket a Roma: «Roma ha un problema di strutture e di impianti, e mi dispiace vedere la

seconda squadra della città costretta a giocare fuori per disputare il campionato di A2. Da tanti

anni ci metto tanta passione, ho investito tanto in questo sport per cercare mantenere la società

ad un buon livello. Ho intrapreso un colloquio con l’attuale amministrazione per parlare di

 

e-mail: ufficiostampa@virtusroma.it

 

presente e futuro. Quest’anno credo che stiamo lavorando bene: abbiamo aperto molti canali di

comunicazione, anche con la stampa. L’idea di costruire un Palazzo dello Sport la abbiamo,

utilizzando la legge esistente. Stiamo selezionando delle aree ma vorrei procedere di pari passo

con l’amministrazione comunale. Poi bisogna trovare le risorse. Serve anche un centro di

allenamento di proprietà. Probabilmente è stata sbagliata la scelta di tenere come base il

palazzetto di viale Tiziano per tanti anni. Ci tengo a ringraziare la Smit Roma Centro, nel quale oggi

svolgiamo i nostri allenamenti, e con la quale abbiamo instaurato un buon rapporto, affidando

loro anche il settore giovanile».

 

Il futuro della Virtus: «Stiamo offrendo titolazione a prezzo di mercato e nonostante questo non

riusciamo ancora a trovare un title sponsor; abbiamo aziende che ci sono vicine ma solo il loro

sostegno non è sufficiente. Io non ho mai scelto di tenere 100% o 50% della Virtus per me. Se

domani trovassi imprenditori o qualunque altra forma di sostegno economico per rilanciare la

Virtus, anche in competizioni europee, non potrei che essere estremamente disponibile e felice.

Stiamo cercando di creare interesse per avvicinarci il più possibile all’imprenditoria, in modo di

crescere e avere una società che possa combattere alla pari con tutti. Roma ha poca sensibilità

imprenditoriale, nelle città di provincia c’è uno spirito diverso, c’è più coesione: si stanno creando

consorzi, si stanno facendo strategie per togliere il peso dalle spalle di un unico proprietario, ormai

sono pochi i proprietari che vanno avanti da soli. La storia l’ha fatta chi ha vinto ovviamente; noi

abbiamo tenuto in vita questo sport a Roma nel bene o nel male da 19 anni, e cercheremo di farlo

ancora nella speranza di far crescere il livello della società perché Roma non può avere una

squadra che lotta per non retrocedere».

Il pubblico: «Giocare all’Eur ci costa il 10% del budget. Abbiamo i prezzi degli abbonamenti e dei

biglietti tra i più bassi d’Italia, se non i più bassi della Serie A. Con Milano avevamo avuto 3500

bambini e ieri più di 1600: stiamo promuovendo lo sport nelle società di base, crediamo si debba

allargare la base e avvicinare più persone possibile. Sono molto contento quando vedo Milano che

in Eurolega fa 10mila spettatori; noi in Eurolega, anche con quattro partecipazioni alle Top16, non

facevamo più di 2500 persone. Solo il grande evento desta interesse a Roma. L’idea dei playground

è positiva, ma serve anche cultura civica perché altrimenti li costruisci ma subito dopo vengono

danneggiati».

 

Atteso l’intervento del ct azzurro Meo Sacchetti che ha parlato del difficile rapporto tra le società dei big impegnati in Eurolega o NBA in relazione agli impegni con la Nazionale. “I grandi giocatori li vorrei sempre in campo, ma chi è impegnato nelle competizioni internazionali e in NBA spesso può sentirsi condizionato, perché la società di provenienza fa capire che l’Eurolega è più importante della maglia azzurra. Ai Mondiali ci è mancato l’acuto e ora ci aspetta un torneo preolimpico molto importante e allo stesso tempo difficile: io parlo ai giocatori di Olimpiade, ma non è facile trasmettere il sogno…”. Sacchetti guarda anche alla crescita del movimento e dei giovani: “Quando smetteranno Belinelli, Gallinari o Datome si aprirà un buco, per questo credo che i ragazzi, se ne hanno l’opportunità, debbano fare esperienza negli USA. Anche a livello di college si può crescere. C’è un gap tra gli under 18/20 e il mondo del professionismo, il salto dalla Lega 2 alla serie A non è facile. Dobbiamo capire che i tempi sono cambiati: i nostri giovani preferiscono giocare col telefono piuttosto che uscire a giocare. La scuola dovrebbe fare il primo passo puntando sull’educazione motoria, oltre alla necessità di avere più strutture dove praticare lo sport. Anche sulla cultura sportiva si può fare molto di più, prendendo il meglio da tutte le discipline. Io per esempio ammiro lo spirito che c’è nel rugby”.

Nella seconda parte del seminario è stato invece dato spazio agli interventi giornalistici, a partire da Andrea Barocci del Corriere dello Sport che ha analizzato il rapporto tra giornalista e uffici stampa delle società. “Oggi internet ha cambiato il modo di raccontare il basket – ha detto – è utile per attingere informazioni e documentarsi, ma talvolta si sostituisce al lavoro giornalistico senza averne le qualità. Un collega della carta stampata deve trovare storie e argomenti che catturino l’attenzione e deve essere in grado di raccontare una partita rivolgendosi soprattutto a chi non conosce questo sport”. Le priorità del giornalista sono tre: “Notizie di attualità, quelle in esclusiva e approfondimenti con storie e personaggi. Proprio su questo versante gli uffici stampa non dovrebbero chiudersi rifiutando le richieste di interviste al di fuori delle conferenze stampa programmate”.

Maurizio Fanelli di Rai Sport si è invece soffermato sul racconto del basket dal punto di vista del linguaggio televisivo, guardando anche alle differenze tra tv commerciale e pubblica. “Il linguaggio deve essere accessibile e naturalmente se c’è una squadra nazionale vincente è un traino importante per aumentare gli ascolti. Bisogna saperlo raccontare a chi ne sa più di noi e a chi non interessa non commettendo l’errore di utilizzare esclusivamente un gergo tecnico o stereotipato. L’interesse per il basket è cambiato dopo gli anni di pay tv che ha aumentato la qualità degli eventi per gli appassionati, ma lo ha reso meno popolare, diminuendo gli ascolti complessivi. Solo facendolo vedere in chiaro si può ampliare nuovamente il bacino d’utenza, riportando alla luce la sua veste accattivante”.
Fanelli evidenzia anche i problemi legati ai palinsesti tv: “La RAI trasmette sempre alle 20:30 andando a scontrarsi con i big match del calcio. Per recuperare una fetta di spettatori sarebbe utile che la Lega prevedesse orari differenti”.

L’intervento di chiusura affidato al Direttore Tecnico del Settore 3×3 FIP, Andrea Capobianco, ha descritto i valori di una disciplina nella quale l’Italia eccelle, coltivando anche il sogno Olimpico: “I ragazzi non pupazzetti da play station. Questo sport dà autonomia, è necessario conoscerlo. L’atmosfera che abbiamo vissuto ai Giochi Olimpici Giovanili di Buenos Aires ha dell’incredibile. Siamo arrivati fino ai quarti e le emozioni che abbiamo vissuto ci rimarranno per sempre e ci spronano ad arrivare fino a Tokyo 2020”.

La lezione di Capobianco conclude con un messaggio universale legato alle peculiarità del 3×3: “da noi si esalta un agonismo ‘pulito’, dove c’è il contatto e la lotta per conquistare la palla. Le parole chiave sono: responsabilità, tolleranza, spirito di sacrificio, lealtà e rispetto, sicurezza di sé, spirito di iniziativa. Sport è vita, vita è sport – continua – Scuola, famiglia, sport ed enti sociali dovrebbero provare a integrarsi per avere domani un mondo migliore: più le parti si integrano nel pieno rispetto dei ruoli e meglio è”.

Una conclusione degna di una giornata all’insegna del basket ma anche dello sport e del sociale .




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