Febbraio 1945: Bosnia Erzegovina: i 30 martiri di Široki Brijeg

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Nelle vicinanze edificarono un centro scolastico che comprendeva anche una scuola ginnasiale ove i frati insegnavano alle giovani generazioni della Bosnia-Erzegovina. Venne pure costruita una casa per tutti quelli che venivano da lontano per frequentare la scuola. Così il luogo divenne un centro culturale cristiano ed il santuario si trasformò in un simbolo per l’Erzegovina.

Purtroppo però il bene è spesso contrastato dal male e l’uomo e le sue folli ideologie possono essere causa di malvagità oltre i limiti dell’immaginazione e così esattamente cento anni dopo il monastero veniva distrutto e devastato.

Quel drammatico  7 febbraio 1945, i partigiani comunisti decisero di distruggere dalle fondamenta il simbolo cristiano e sradicare dal cuore del popolo la fede cattolica e la benevolenza e la riconoscenza verso i frati francescani.

La storia di quella giornata è drammatica : sono giunti inattesi alle tre del pomeriggio e hanno trovato nel monastero trenta religiosi; molti di loro erano professori nel ginnasio alle spalle del monastero urlando hanno esclamato la loro faziosità: “Dio è morto, Dio non c’è, non c’è il Papa, non c’è la Chiesa, non c’è bisogno di voi, andate anche voi nel mondo a lavorare“.

Con minacce e bestemmie hanno cercato di persuadere i frati a lasciare l’abito religioso. Essi hanno risposto: “Noi siamo religiosi, consacrati, non possiamo lasciare il nostro abito“. Allora, un soldato arrabbiato ha preso la Croce e ha buttato il Crocifisso sul pavimento. “Ecco, ha detto, adesso potete scegliere la vita o la morte“.
Ognuno di loro si è inginocchiato, ha abbracciato e baciato Gesù; stringendo la croce sul petto, ciascuno ha usato le parole di  San Francesco: “Tu sei il mio Dio, il mio Tutto“. Hanno abbracciato Gesù, il Maestro!

Pieni di odio e di livore, i persecutori allora hanno preso i frati ad uno ad uno, li hanno portati fuori dal convento e li hanno uccisi; poi hanno cosparso di benzina i loro corpi e li hanno bruciati. I frati sono andati incontro alla morte pregando e cantando le litanie della Madonna.

Nella loro furia oltraggiarono e cancellarono la scritta sulla pietra posta sopra l’ingresso principale del convento su cui era scolpito il nome di Dio e la dedicazione alla Madonna Assunta.

Quella dedica oggi non è più leggibile, ma il sangue dei martiri l’ha scritta ancor più profondamente nei cuori del popolo e brilla luminosa agli occhi del Signore.

Tutto questo non è una leggenda, non si tratta di racconti di parte ma vengono direttamente dalle testimonianze dei militari che facevano parte del plotone d’esecuzione.

Uno di quei soldati rimasto fortemente colpito dal comportamento eroico dei frati ha raccontato: “Fin da bambino, nella mia famiglia, ho sempre sentito dalla mamma che Dio c’è, Dio esiste. Al contrario, Lenin, Stalin, Tito avevano sempre affermato e fatto di tutto per inculcare in ciascuno di noi: Dio non c’è, non esiste! Quando le circostanze della vita mi hanno portato a trovarmi di fronte ai martiri di Široki Brijeg e ho visto come quei frati hanno affrontato la morte, pregando e benedicendo i loro persecutori, chiedendo a Dio di perdonare le colpe dei carnefici, allora mi sono risuonate chiare la parole di mia madre e ho pensato: la mia mamma aveva ragione, Dio c’è, Dio esiste!“ (…).  Questo soldato, oggi, è convertito ed ha un figlio sacerdote e una figlia suora.

Il santuario è il più grande di tutta la Bosnia Erzegovina: è un simbolo, un segno. I comunisti quel giorno hanno erroneamente pensato che distruggendo il “segno” avrebbero messo fine anche alla Fede che sgorgava da quel luogo  ma non è stato così! La fede è cresciuta e si è sviluppata sotto il manto e la protezio­ne della Madonna.

Anche i nostri martiri francescani sono cresciuti e vissuti avvolti dal manto della Madonna. I corpi dei trenta testimoni della fede sono rimasti nascosti sotto terra per anni e anni; non si poteva nominarli né fare alcuna commemorazione.

I martiri di Siroki Brijeg

Fra Bruno Adamcik, laureato in filosofia e musica a Bratislava, aveva 37 anni quando è salito alla gloria dei Cieli;

Fra Marko Barbaric, 80 anni. Devoto alla Madonna, godeva fama di santità fra gli alunni e i seminaristi  i quali testimoniavano che, passeggiando nel parco, parlava spesso con gli uccellini. Questi, appena lo vedevano, accorrevano a salutarlo e si posavano a frotte sulla mano che egli stendeva per loro. Aveva perso la memoria e non si rendeva conto che ci fosse la guerra. Quel 7 febbraio 1945 giaceva nella sua cameretta ammalato di tifo. Gli ufficiali comunisti ordinarono di portare fuori anche lui, e così fecero trasportandolo su una coperta. Quindi fu ucciso e buttato nel fuoco.

Fra Jozo Bencun,  76 anni. Era stato parroco a Humac e a Široki Brijeg.

Fra Marko Dragicevic, 43 anni. Laureato in storia, greco e latino, non poteva concepire che alcuno dei suoi allievi fosse respinto, quindi trovava modo di esaltarne i lati positivi.

Fra Miljenko Ivankovic, 21 anni. Era molto devoto e umile. Suo fratello e suo nipote oggi sono frati francescani.

Fra Andrija Jelcic, 41 anni. Era padre guardiano a Široki Brijeg. Ha costruito la chiesa di Capljina. Il popolo lo ricorda come un buon pastore e un vero padre.

Fra Rudo Juric, 20 anni. Era chierico con voti semplici.

Fra Fabijan Kordic, 55 anni. Era molto devoto e bravo, confezionava gli abiti per i frati e si è preparato così a ricevere l’abito che non si consuma: quello del martirio.

Fra Viktor Kosir, 21 anni. Quando tutti i più giovani seminaristi, pur non volendo lasciare il monastero, furono obbligati dal Rettore a tornare nei propri villaggi, ben sapendo che sarebbero arrivati i comunisti per ucciderli, Fra Viktor fece più resistenze degli altri, ma per obbedienza tornò a casa. Si fermò però solo poche ore, nonostante le suppliche dei genitori che sentivano il rombo degli aerei che bombardavano. Morì con gli altri, come aveva desiderato. La mamma ebbe un altro bambino e lo chiamò come lui. Però spesso piangeva guardando la foto del figlio morto. Ma il piccolo la tranquillizzava dicendole che avrebbe preso lui il posto del fratello. Oggi infatti è un francescano che svolge il ministero sacerdotale nella chiesa di Medjugorje, specialmente nel confessionale.

Fra Tadija Kozul, 36 anni. Professore di filosofia, greco e latino, era educatore dei chierici che lo amavano molto e preferirono morire insieme a lui piuttosto che lasciarlo.

Fra Krsto Kraljevic, 50 anni. Aveva dato un grande esempio al popolo per come aveva portato la croce di una sua malattia, preparando così l’animo al martirio.

Fra Stanko Kraljevic; 74 anni. Predicatore, professore, educatore dei chierici a Široki Brijeg.

Fra Zarko Leventic, 26 anni. Confessava i malati e portando l’Eucarestia si ammalò di tifo. Fu preso anche lui dal letto e ucciso. Era Cappellano a Široki Brijeg.

Fra Bonifacije Majic, 62 anni. Professore e catechista, si alzava di notte per rimboccare le coperte ai ragazzi. Era molto amato dalla gente come frate, professore e pedagogo.

Fra Stjepan Majic, 20 anni, aveva da poco terminato il noviziato e pronunciato i voti temporanei.

Fra Arkandeo Nuic, 49 anni. Laureato alla Sorbona (Università di Parigi) insegnava latino, greco, tedesco e francese. Era chiamato “pecorella di Dio” per la sua mitezza.

Fra Borislav Pandzic, 35 anni. Professore di religione, era un frate di vera e semplice vita francescana.

Fra Kresimir Pandzic, 53 anni. Era plurilaureato, era stato per tre anni Provinciale. Professore di lingua classica e direttore della scuola, molto attivo, esigeva il massimo dai suoi alunni. Ebbe grandi incarichi ma rimase sempre umile.

Fra Fabijan Paponja, 48 anni. Era responsabile del convitto, molto sensibile verso i suoi studenti ai quali dava sempre dei piccoli regali.

Fra Nenad Venancije Pehar, 35 anni, professore di filosofia. Amato dagli alunni perché non faceva differenze fra di loro.

Fra Melhior Prlic, 53 anni. Era solo frate, non sacerdote, e svolgeva lavori di falegnameria, Era rispettoso della Regola, mai assente alla preghiera comunitaria, era molto amato dagli altri frati.

Fra Ludovik Rados, 20 anni. Aveva appena terminato il noviziato e pronunciato i voti temporanei.

Fra Leonard Rupcic, 38 anni. Professore di francese, dava un tal esempio di umiltà e bontà che gli alunni si vergognavano, più che con gli altri professori, quando non avevano studiato.

Fra Mariofil Sivric, 32 anni. Cappellano ed educatore, nonché vicario del convento. Era un classico esempio di frate umile  fedele al voto francescano.

Fra Ivo Sliskovic, 68 anni. Dopo aver lavorato in varie parrocchie era giunto a Široki Brijeg per passare gli ultimi anni della sua vita.

Fra Kornelije Susac, 20 anni. Aveva dato solo i primi voti.

Fra Dobroslav Simovic, 38 anni. Era diventato dottore in teologia a Parigi, poi professore ed educatore dei seminaristi, ha scritto in francese una dissertazione sul Padre nostro.

Fra Radoslav Vuksic, 51 anni. Ha studiato a Vienna, fu professore di matematica e fisica,nonché direttore del ginnasio per sei anni. La ex Jugoslavia imponeva ai docenti di essere esaminati anche dai governanti di Belgrado. Quando Fra  Radoslav fu davanti ai suoi esaminatori, questi rimasero stupefatti dalla sapienza e cultura del frate. Un suo alunno, oggi famoso filosofo in America, ha scritto di lui che è stato l’uomo e il professore più intelligente che abbia incontrato.

Fra Roland Zlopasa, 33 anni. Professore di filosofia, insegnava più con la vita che con le parole. Era conosciuto per le sue profonde meditazioni.

Fra Leopold Augustin Zubac, 55 anni. Ottimo sacerdote e professore, era assistente all’idrocentrale che produceva energia elettrica, costruita dai frati per il loro fabbisogno e per quello della zona.

 




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