Il Papa incontra i membri del Corpo Diplomatico

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Papa – Papa Francesco è estremamente chiaro con il personale diplomatico presso la Santa Sede: soffermando il suo discorso sulle conseguenze sanitarie, economiche e sociali della pandemia. Sottolinea anche la necessità di fare presto per risolvere la crisi ambientale e sviscera le ragioni della persistente crisi politica in varie parti del mondo. Crisi che aumenta le disparità, le emergenze umanitarie ed i conflitti.

PROSPETTIVE
Dopo i consueti saluti il Papa ha esordito parlando del 2020 e delle prospettive auspicabili per l’anno da poco iniziato: “l’anno da poco conclusosi ha lasciato dietro a sé un carico di paura, sconforto e disperazione, insieme con molti lutti. Esso ha posto le persone in una spirale di distacco e di sospetto reciproco e ha spinto gli Stati a erigere barriere. Il mondo interconnesso a cui eravamo abituati ha ceduto il passo ad un mondo nuovamente frammentato e diviso. Ciononostante, le ricadute della pandemia sono davvero globali, sia perché essa coinvolge di fatto tutta l’umanità e i Paesi del mondo, sia perché incide su molteplici aspetti della nostra vita, contribuendo ad aggravare «crisi tra loro fortemente interrelate, come quelle climatica, alimentare, economica e migratoria».[Alla luce di questa considerazione, ho ritenuto opportuno dare vita alla Commissione Vaticana Covid-19, con lo scopo di coordinare la risposta della Santa Sede e della Chiesa alle sollecitazioni giunte dalle diocesi di tutto il mondo, per far fronte all’emergenza sanitaria e alle necessità che la pandemia ha fatto emergere.

PANDEMIA
Fin dall’inizio è parso infatti evidente che la pandemia avrebbe inciso notevolmente sullo stile di vita cui eravamo abituati, facendo venire meno comodità e certezze consolidate. Essa ci ha messo in crisi, mostrandoci il volto di un mondo malato non solo a causa del virus, ma anche nell’ambiente, nei processi economici e politici, e più ancora nei rapporti umani. Ha messo in luce i rischi e le conseguenze di un modo di vivere dominato da egoismo e cultura dello scarto e ci ha posto davanti un’alternativa: continuare sulla strada finora percorsa o intraprendere un nuovo cammino.
Vorrei allora soffermarmi su alcune delle crisi provocate o evidenziate dalla pandemia, guardando nel contempo alle opportunità che da esse derivano per edificare un mondo più umano, giusto, solidale e pacifico.

CRISI SANITARIA
Il Papa prende in esame ogni aspetto della crisi a partire da quella sanitaria, ribadendo il valore di ogni singola vita dal concepimento alla morte naturale ma constatando altresì che, “con il pretesto di garantire presunti diritti soggettivi, un numero crescente di legislazioni nel mondo appare allontanarsi dal dovere imprescindibile di tutelare la vita umana in ogni sua fase”.

Papa Francesco sottolinea l’importanza del diritto alla cura, la responsabilità di soccorre i poveri, gli emarginati, chiede soprattutto che non sia “la logica del profitto a guidare un campo così delicato quale quello dell’assistenza sanitaria e della cura”.

TEMPO DI AGIRE
È questo il tempo di agire, poiché possiamo già toccare con mano gli effetti di una protratta inazione. Le parole chiare del Pontefice guardano alla crisi ambientale, alla terra che proprio in tempo di pandemia ha mostrato quanto sia fragile e bisognosa di cure. La crisi ambientale richiede soluzioni a lungo termine e collaborazione internazionale per questo si guarda con fiducia alla Conferenza delle Nazioni Unite sul clima (COP26), prevista a Glasgow nel novembre prossimo.
La preoccupazione del Papa è per l’eventuale sparizione di numerose isole dell’Oceano Pacifico e la possibilità che interi villaggi e tradizioni scompaiano. Ma anche per il Vietnam e le Filippine colpiti da pesanti inondazioni e per gli incendi in Australia e California dovuti al surriscaldamento globale.
Il Papa non dimentica l’Africa, il suo pensiero va al Burkina Faso, Mali e Niger, con milioni di persone che soffrono la fame, al rischio di carestia in Sud-Sudan.

CRISI ECONOMICA
La riflessione di Papa Francesco si sposta poi sui vari aspetti della crisi economica e sociale analizzandone le ricadute sulle piccole e medie imprese con la perdita del posto di lavoro, le difficoltà delle famiglie. Ricorda che la stessa crisi ha messo in luce un sistema basato “sullo sfruttamento e sullo scarto sia delle persone sia delle risorse naturali”, che si è persa di vista la solidarietà. E rilancia così il messaggio di Economy of Francesco.
Serve una sorta di “nuova rivoluzione copernicana” che riponga l’economia a servizio dell’uomo e non viceversa, «iniziando a studiare e praticare un’economia diversa, quella che fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depreda.
L’altra faccia della medaglia della crisi economica è il mondo della disperazione che apre le porte al “lavoro nero o forzato, la prostituzione e varie attività criminali, tra cui la tratta delle persone”. Sono conseguenze di una mancanza di stabilità economica che portano all’usura e alla corruzione e a “tante altre ingiustizie che si consumano ogni giorno di fronte agli occhi stanchi e distratti della nostra società contemporanea”. Altro pericolo è il cybercrime che prende di mira le persone più vulnerabili, facili prede anche della pedopornografia.

EMERGENZE UMANITARIE
Immancabile il capitolo sulle emergenze umanitarie, “Penso particolarmente – afferma – al Sudan, dove si sono rifugiate migliaia di persone in fuga dalla regione del Tigray, come pure ad altri Paesi dell’Africa subsahariana, o alla regione di Cabo Delgado in Mozambico, dove tanti sono stati costretti ad abbandonare il proprio territorio e si trovano ora in condizioni assai precarie”.

YEMEN E SIRIA

Nel cuore di Francesco anche lo Yemen e la Siria, “dove, oltre ad altre gravi emergenze, l’insicurezza alimentare affligge gran parte della popolazione e i bambini sono stremati dalla malnutrizione”. Tornando a ribadire la necessità di condonare il debito dei Paesi poveri, il Papa chiarisce che le crisi umanitarie spesso sono aggravate dalle sanzioni economiche delle quali auspica un allentamento.
I corridoi umanitari, implementati nel corso degli ultimi anni, contribuiscono certamente ad affrontare alcune delle suddette problematiche, salvando numerose vite. Tuttavia, la portata della crisi rende sempre più urgente affrontare alla radice le cause che spingono a migrare, come pure esige uno sforzo comune per sostenere i Paesi di prima accoglienza, che si fanno carico dell’obbligo morale di salvare vite umane.
La crisi profonda per Papa Francesco ha radici nella crisi politica, con la crescita delle contrapposizioni e l’incapacità di trovare soluzioni comuni, mentre “lo sviluppo di una coscienza democratica esige che si superino i personalismi e prevalga il rispetto dello stato di diritto”. Il suo pensiero va al Myanmar, scosso da un colpo di Stato che ha interrotto il cammino del Paese verso la democrazia.

POLITICA E DEMOCRAZIA
Esso ha portato all’incarcerazione di diversi leader politici, che auspico siano prontamente liberati, quale segno di incoraggiamento a un dialogo sincero per il bene del Paese.
Ricordando anche la crisi del multilateralismo, Papa Francesco invita a guardare alla pandemia come all’occasione per riformare le organizzazioni internazionali “pensate per favorire la pace e lo sviluppo”, vincendo la reticenza che si incontra nei percorsi di cambiamento.
In questo scenario, il Papa guarda con speranza all’entrata in vigore “del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari, come pure l’estensione per un ulteriore quinquennio del Nuovo Trattato sulla Riduzione delle Armi Strategiche (il cosiddetto New START) fra la Federazione Russa e gli Stati Uniti d’America”. Uno sforzo che andrebbe intensificato anche riguardo alle armi chimiche e quelle convenzionali. “Troppe armi – afferma – ci sono nel mondo”.
Il Papa Aggiunge a tal proposito: “Come vorrei che il 2021 fosse l’anno in cui si scrivesse finalmente la parola fine al conflitto siriano, iniziato ormai dieci anni fa!
Da qui l’appello per “un rinnovato interesse” della comunità internazionale ad affrontare “con coraggio” le cause del conflitto, cercando soluzioni attraverso le quali tutti, “indipendentemente dall’appartenenza etnica e religiosa, possano contribuire come cittadini al futuro del Paese”. Nel cuore del Papa c’è la Terra Santa e anche qui l’invito alla comunità internazionale perché favorisca il dialogo tra le parti, “senza pretendere di dettare soluzioni che non abbiano come orizzonte il bene di tutti”.

LIBANO
Poi il Libano, dove si rischia il fallimento del Paese con conseguenze di possibili derive fondamentaliste, dove ancora si rischia di perdere la propria identità unica, che invece assicura “un Medio Oriente plurale, tollerante e diversificato, nel quale la presenza cristiana – afferma il Papa – possa offrire il proprio contributo e non sia ridotta a una minoranza da proteggere”. I cristiani costituiscono il tessuto connettivo storico e sociale del Libano e ad essi, attraverso le molteplici opere educative, sanitarie e caritative, va assicurata la possibilità di continuare a operare per il bene del Paese, del quale sono stati fondatori. Indebolire la comunità cristiana rischia di distruggere l’equilibrio interno e la stessa realtà libanese. In quest’ottica va affrontata anche la presenza dei profughi siriani e palestinesi.

LIBIA
La pace auspicata dal Papa è anche per la Libia e per la speranza generata dal recente “Forum del dialogo politico libico”, tenutosi in Tunisia nel novembre scorso sotto l’egida delle Nazioni Unite. Pace pure per la Repubblica Centrafrica e in generale l’America Latina, attraversata da profonde disuguaglianze, ingiustizie e povertà, “che offendono la dignità delle persone”. “Seguo con particolare attenzione – prosegue Francesco – il deterioramento dei rapporti nella Penisola coreana, culminato con la distruzione dell’ufficio di collegamento inter-coreano a Kaesong”, ma anche la situazione nel Caucaso meridionale con minacce alla stabilità dell’intera regione.
Altra ferita è quella del terrorismo, un “male” che ha investito ogni parte del mondo: dagli Stati Uniti all’Africa subsahariana, ma anche Asia e Europa e con molti luoghi di culto colpiti. A tale riguardo, vorrei sottolineare che la protezione dei luoghi di culto è una conseguenza diretta della difesa della libertà di pensiero, di coscienza e di religione ed è un dovere per le Autorità civili, indipendentemente dal colore politico e dall’appartenenza religiosa.

GIOVANI
Il Papa non nasconde che la pandemia ha provocato un profondo disagio tra i giovani, costretti all’isolamento e alcuni ancora più messi in disparte per l’impossibilità di accedere alle piattaforme educative. Un ritardo anche dal punto di vista dello sviluppo pedagogico. Necessario rilanciare il Patto globale educativo: Assistiamo a una sorta di “catastrofe educativa”, davanti alla quale non si può rimanere inerti, per il bene delle future generazioni e dell’intera società. «Oggi c’è bisogno di una rinnovata stagione di impegno educativo, che coinvolga tutte le componenti della società», poiché l’educazione è «il naturale antidoto alla cultura individualistica, che a volte degenera in vero e proprio culto dell’io e nel primato dell’indifferenza. Il nostro futuro non può essere la divisione, l’impoverimento delle facoltà di pensiero e d’immaginazione, di ascolto, di dialogo e di mutua comprensione».

RELIGIONE
La pandemia ha limitato anche la dimensione del culto e le attività educative:. “La libertà di culto non costituisce peraltro un corollario della libertà di riunione, ma deriva essenzialmente dal diritto alla libertà religiosa, che è il primo e fondamentale diritto umano”.
Infine il Pontefice rivolge un pensiero affettuoso all’Italia, il primo Paese in Europa colpito duramente dalla pandemia, esortando i suoi cittadini a non lasciarsi abbattere dalle difficoltà, “ma a lavorare unito per costruire una società in cui nessuno sia scartato o dimenticato”.
Papa Francesco conclude il suo discorso con un invito a percorrere nuove vie di solidarietà e comunione per l’intera famiglia umana




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