Da questa mattina in India, i cristiani del Jharkhand insieme a musulmani e sikh manifesteranno insieme in maniera pacifica contro la legge anti-conversione approvata dall’Assemblea statale. Lo riferisce padre Michael Kerketta, teologo indiano e professore a Ranchi, dove si svolge l’evento. Il gesuita riporta che alle minoranze religiose si uniranno anche alcuni indù, per denunciare che la legge viola la libertà religiosa dei cittadini e rischia di portare il Paese verso una deriva settaria. La norma, sottolinea, “è uno strumento per restringere la libertà di culto e continuare ad esacerbare e polarizzare la società indiana”.
Le “leggi-anti conversione”, che di fatto sono strumenti per coartare la libertà religiosa, continuano a destare preoccupazione e polarizzare la società indiana:
Il Jharkhand è diventato di recente il nono stato dell’India ad approvare e far entrare in vigore un provvedimento “contro le conversioni religiose”, quando il suo governatore, Draupadi Murmu, ha firmato il 5 settembre un disegno di legge “Freedom of Religion Bill” (che paradossalmente si intitola “Legge sulla libertà di religione”).
“Il provvedimento colpisce le comunità religiose non indù come cristiani, musulmani, sikh, e altre comunità locali. E’ nostro compito denunciare un’ingiustizia che viola la libertà di coscienza e di religione ed è contro la Costituzione. Per questo abbiamo deciso di riunirci in un incontro pubblico a Ranchi, come membri di diverse comunità religiose, inclusi gli indù, per manifestare pacificamente il nostro dissenso”, informa il gesuita.
“Il governo del Jharkhand è in mano al Baratya Janata Party, il partito nazionalista indù che governa anche l’esecutivo nazionale, con il Premier Narendra Modi. I gruppi estremisti indù nello stato di Jharkhand sono forti e hanno ampio spazio nella società. Nei giorni scorsi a Ranchi cortei anticristiani e di militanti violenti hanno agitato la città. Alcuni cristiani sono in carcere per false accuse di aver promosso conversioni”.
Padre Kerketta ricorda inoltre la lettera aperta scritta nei giorni scorsi dal Vescovo Theodore Mascarenhas, Segretario generale della Conferenza episcopale indiana (Cbci) al Premier indiano Narendra Modi, in cui si nota la campagna di odio e ostilità verso le minoranze religiose, promossa dal Primo Ministro del Jharkhand, Raghubar Das, e dal suo esecutivo. “Se non sarà messa immediatamente sotto controllo, potrebbe portare lo stato e la sua popolazione su un sentiero di violenza e di odio”, avverte il Vescovo. La lettera ricorda che “la Chiesa cattolica si oppone con forza alle conversioni forzate. Ma allo stesso tempo essa afferma il suo diritto di predicare, praticare e diffondere la fede”. I cristiani, se pur vittime di violenza, nota la missiva, “non risponderanno con la violenza” ma continueranno a lavorare per i poveri e gli emarginati con “l’istruzione , l’assistenza medica e altre attività sociali”.
“Attualmente a Ranchi non si registra violenza sociale o religiosa, ma il clima sociale resta teso e come comunità di minoranze siamo preoccupati per le aggressioni di gruppi radicali induisti”.
A partire dall’anno 2000, una legislazione “anti-conversioni” è stata adottata da sei stati indiani: in Chhattisgarh nel 2000; in Tamil Nadu nel 2002 (poi abrogata nel 2004); in Gujarat nel 2003; e in Rajasthan nel 2006 (non firmata dal governatore, dunque non in vigore); in Himachal Pradesh nel 2007, Jharkhand nel 2017. In passato primi provvedimenti di tale risma furono adottati in Odisha (o Orissa) nel 1967, in Madhya Pradesh nel 1968 e Arunachal Pradesh nel 1978 (ma qui non vi sono regolamenti applicativi). Attualmente una legge anti conversione è dunque in vigore ed è esecutiva in sei stati su nove (uno l’ha abrogata, in due non è esecutiva). In Gujarat è necessario un permesso scritto prima che un individuo possa convertirsi a una nuova fede religiosa, mentre in altri casi si richiede una “notifica” alle autorità civili o alla magistratura.
Da sottolineare che la sfida dell’estremismo di marca induista che attraversa la nazione è uno dei temi presenti nel dibattito politico e sociale che in India tocca da vicino la vita delle minoranze religiose, soprattutto musulmani e cristiani. Gruppi radicali, fiancheggiatori del partito al governo, il Baratiya Janata Party del Premier Narendra Modi, continuano a promuovere violenza,a diffondere odio e intolleranza, secondo l’ideologia dell’ “hindutva” (“induità”) che vorrebbe una nazione solo per cittadini di religione indù. In tale quadro torna prepotentemente alla ribalta la situazione e le ferite della popolazione cristiana nello stato di Orissa (o Odisha), nell’India orientale, teatro di una delle ondate di violenza religiosa più imponenti della storia nazionale: i massacri anticristiani del 2008.
Ad agosto il Jharkhand è diventato il nono Stato indiano ad approvare e rendere effettiva una legge che punisce tutte le conversioni verso religioni diverse dall’induismo. La prima Assemblea statale ad passare una simile misura è stata quella dell’Orissa nel 1967, seguita da Madhya Pradesh (1968) e Arunachal Pradesh (1978). Più di recente, gli Stati del Chhattisgarh (nel 2000), Tamil Nadu (nel 2002, poi abrogata nel 2004), Gujarat (2003), Rajasthan (2006, non firmata dal governatore, quindi non in vigore) e Himachal Pradesh (2007).
Al momento a Ranchi, ha aggiunto padre Kerketta, “non c’è violenza, ma il clima sociale rimane teso. Noi, come minoranza, temiamo le aggressioni dei gruppi radicali indù”.
Va aggiunto che nei giorni scorsi ci sono state dichiarazioni forti e di allarme: “ Noi, come cristiani indiani, siamo preoccupati per la svolta che vediamo in atto nel nostro paese che, da democrazia pluralista, si sta quasi trasformando in una sorta di regno dominato da una ideologia induista. C’è un disegno sistematico per minare la Costituzione democratica. Le istituzioni sembrano spesso fiancheggiare i gruppi radicali. Quelle che sono le vittime diventano persone sotto accusa, i processi sono controllati e prevale una narrazione basata sulla propria identità religiose e castale. I media sembrano silenziosi, per autocensura, costretti dallo stato, o spinti da interessi aziendali. Nel paese si assiste all’erosione di principi come libertà e uguaglianza, mentre si afferma una nuova cultura coercitiva, che sta distruggendo la società”: lo afferma una lettera aperta – pervenuta all’Agenzia Fides – indirizzata ai capi delle Chiese e ad altri leader cristiani, firmata da 101 noti attivisti e intellettuali cristiani, tra i quali educatori, attivisti, avvocati, giornalisti, teologi, filosofi, accademici, Pastori.
Il sorgere spontaneo in molte città del movimento pubblico #NotInMyName mostra “il comune sentire indiano contro l’ideologia dell’odio” e invita tutti a non tacere, afferma il testo, mentre la società è ancora scossa dal recente omicidio della giornalista Gauri Lankesh, nota voce critica contro le politiche dei nazionalisti indù.
La lettera rileva “il doppio binario del governo”: da un lato si dice in prima linea nella sfida globale del terrorismo internazionale, ma poi “minimizza l’impatto di quei movimenti nazionalisti e violenti che attaccano soprattutto i deboli e gli emarginati. Le vittime, infatti, sono soprattutto dalit, tribali e le minoranze religiose”.
Il numero di atti violenti contro i soli cristiani negli ultimi tre anni (2014-2016) – nota il testo – tocca quota 600, mentre “crescono boicottaggio e discriminazione sociale che incidono sul diritto alla vita, al cibo e al sostentamento”. Il National Crime Records Bureau ha documentato 47.064 atti di violenza nei confronti dei dalits nel 2014, mentre anche la violenza contro i musulmani sta raggiungendo un picco allarmante.
La lettera nota con preoccupazione che “l’odio viene propagato anche da deputati del Parlamento e talvolta da ministri del governo, che rappresentano la cornice istituzionale di questa violenza”. Insomma ancora una volta intolleranza ed atti di violenza in nome della propria identità religiosa ed i cristiani sono sempre quelli maggiormente colpiti tra l’indifferenza dei più.
Home RELIGIONE India, i cristiani del Jharkhand insieme a musulmani e sikh insieme contro la legge anti-conversione
RELIGIONEVATICANO
India, i cristiani del Jharkhand insieme a musulmani e sikh insieme contro la legge anti-conversione
By RaffaeleSet 23, 2017, 12:29 pm0
420
TAGagenzia fides cristiani Draupadi Murmu india indù induisti Jharkhand National Crime Records Bureau Ranchi sikh violenze religiose
Messaggio precedenteEuropei di volley femminile: azzurre felici e vincenti
Next PostCome agire e quale strada seguire per restituire un futuro all'umanità’?