Pakistan: 13enne cristiana stuprata in casa sua, mentre i genitori erano al lavoro

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Pakistan – In Pakistan le violenze contro i cristiani sembrano non voler mai avere fine. Il caso che andiamo a rivisitare riguarda la violenza contro una 13enne di Karachi che ha lasciato rabbia e sgomento.
Sheeza Waris, una ragazza cristiana di 13 anni, è stata stuprata a casa sua mentre i suoi genitori erano fuori a lavorare. La famiglia di Sheeza abita in una casa in affitto a Bhittaiabad, vicino all’aeroporto di Karachi. Con Sheeza, vi sono anche altri due figli. Sheeza è la maggiore ed è stata stuprata da tre giovani musulmani che abitano nell’area.
Warris, il padre di Sheeza, racconta che lui e sua moglie lavorano come spazzini e hanno lasciato casa alle 8 di mattina. Al momento dell’incidente essi erano entrambi al lavoro. Quando sono ritornati, attorno alle 16, i bambini li hanno informati che alcuni giovani erano entrati in casa con la forza e mentre uno stava a controllare la porta, gli altri hanno stuprato la ragazza.
Warris afferma che i tre giovani – Muhammad Noman, Zaheer e Zain – andandosene via hanno minacciato Sheeza di serie conseguenze se osava parlarne con i genitori e con la polizia. Zain, uno degli aggressori, che era stato a guardia della porta, in seguito è stato arrestato dalla polizia; gli altri due si sono nascosti sfuggendo all’arresto.
Intanto Sheeza è ricoverata al Jinnah Medical Center dove è sottoposta a diversi esami.
La violenza è stata condannata con forza da Dilawar Bhatti, presidente dell’Alleanza popolare cristiana, che ha chiesto al governo di prendere una posizione chiara contro tutte le violenze verso le minoranze. E
Bhatti ha anche espresso il sospetto che la fama di uno dei colpevoli rallenti l’opera della polizia e dei medici. Uno dei due assalitori, infatti, appartiene al partito al governo nel Sindh, e sta facendo pressioni sull’ospedale e sulla polizia. Per Bhatti, è questo il motivo per cui la famiglia di Sheeza non riesce, anche dopo 24 ore a ricevere il responso legale del medico.
Bhatti ha sottolineato che “in un mese, questo è il secondo caso di stupro a Karachi, dopo quello di Jamaima, una ragazza cristiana anch’essa abusata. Le minori cristiane sono sempre prese di mira”.
Kashif Anthony, di Giustizia e pace di Karachi, condannando l’accaduto, ha chiesto al governo che arresti “questi mostri e li consegni alla giustizia”. La Commissione nazionale di Giustizia e pace è pronta a sostenere la famiglia con aiuti anche legali.


I contorni della vicenda, purtroppo, non sono poi così dissimili a tanti altri episodi del genere avvenuti in Pakistan. Il copione è più o meno identico: donne, ragazze o addirittura bambine cristiane vengono rapite e violentate da assalitori fanatici. Molte vittime sono costrette a convertirsi all’islam, salvo poi sposare persone che non hanno mai incontrato prima. Altre vengono stuprate se non uccise.
Violenze e sofferenze di ogni genere hanno portato ad un calo importante dei cristiani in Pakistan che sono scesi all’1,27% della popolazione. E’ quanto attestato dal censimento chiuso lo scorso 18 Maggio.
Prevedibile l’incremento di popolazione, sebbene con un ritmo inferiore al passato che ha portato i pachistani ad essere 207,68 milioni. Prevedibile per alcuni, frutto di manipolazioni per altri, il calo dei cristiani, scesi all’1,27 per cento della popolazione contro l’1,59 per cento del censimento precedente, quello del 1998 quando gli abitanti registrati furono 132,35 milioni.
Le analisi di questo dato vedono opinioni discordanti, ma un elemento di continuità valido sia per i cristiani, sia per l’altra consistente minoranza, quella indù, riguarda l’emigrazione all’estero, con un gran numero di espatriati o rifugiati in numerosi Paesi (sono almeno 5mila i cristiani profughi nella sola capitale thailandese Bangkok, molte migliaia in diverse nazioni asiatiche e altrove).


Sicuramente un peso hanno le difficili condizioni di vita segnate dalla segregazione ma anche dalla povertà, con più dell’80 per cento dei cristiani raccolto in famiglie da sei a otto componenti in abitazioni di due sole stanze.
Molti battezzati – in particolare nella provincia del Punjab dove, indica il censimento, sono l’1,8 per cento degli abitanti – si aggregano in colonie-ghetto dove la maggior parte degli adulti ricava di che vivere dalla pulizia delle fognature. I già limitati progetti di sviluppo delle comunità avanzano lentamente, quando non sono del tutto bloccati dalla mancanza di fondi o dall’opposizione di altri interessi, mentre persino i cimiteri sono in condizioni di forte degrado. Se tra le opere fondate o condotte dai battezzati vi sono iniziative educative riconosciute per la loro qualità, il 65 per cento dei cristiani resta analfabeta o semi-analfabeta. Il dato della contrazione della presenza cristiana nel Paese ha provocato reazioni di sdegno ma anche inquietante indifferenza.
Diversi osservatori citano come causa prima le conversioni all’islam, forzate o scelte per migliorare le proprie condizioni di vita, mentre altri segnalano la crescente «invisibilità» della comunità.


In Pakistan peggiora la situazione dei diritti umani legati alla libertà di professare il proprio credo religioso se diverso da quello islamico.
Il Paese asiatico è diventato uno dei più temibili per chi non si dichiara musulmano, con un allarme di massimo livello soprattutto per le donne.
Da una parte ci sono le leggi sulla blasfemia, che continuano a essere utilizzate per perseguitare individui e consentire violazioni gravi delle libertà.
La persecuzione religiosa in Pakistan allunga la lista di atrocità compiute nel mondo contro la libertà di fede.




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