Papa – A luglio la prima Giornata mondiale dei nonni

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Nonni – Si terrà, a partire da quest’anno, la quarta domenica di luglio in prossimità della festa dei Santi Gioacchino ed Anna, i nonni di Gesù. La Giornata permetterà, come annunciato da Papa Francesco al termine della preghiera dell’Angelus, di celebrare il dono della vecchiaia e di ricordare coloro che, prima di noi e per noi, custodiscono e tramandano la vita e la fede.

La nostra memoria, le radici dei popoli, l’anello di congiunzione tra le generazioni, un tesoro da custodire. Questo sono gli anziani e i nonni nel pensiero del Papa, un vero e proprio “dono” la cui ricchezza spesso dimentichiamo. Per questo motivo Papa Francesco ha scelto di dedicare a loro, a partire dal prossimo luglio, una Giornata a livello mondiale. Lo spunto da cui prende le mosse il Pontefice è la Festa della Presentazione di Gesù al Tempio, il prossimo 2 febbraio, quando proprio due anziani, Simeone ed Anna, “illuminati dallo Spirito Santo, riconobbero in Gesù il Messia”. E questa è la prima grandezza di chi, nel cammino della vita, ci ha preceduto:

Lo Spirito Santo ancora oggi suscita negli anziani pensieri e parole di saggezza: la loro voce è preziosa perché canta le lodi di Dio e custodisce le radici dei popoli. Essi ci ricordano che la vecchiaia è un dono e che i nonni sono l’anello di congiunzione tra le diverse generazioni, per trasmettere ai giovani l’esperienza di vita e di fede.

Oggi, più che mai a causa della pandemia che li ha messi a rischio per primi e ne ha sacrificati tanti, gli anziani restano spesso soli e lontani dalle rispettive famiglie, e invece andrebbero custoditi come nostre radici. Per questo la decisione del Papa:

I nonni, tante volte sono dimenticati e noi dimentichiamo questa ricchezza di custodire le radici e di trasmettere. E per questo ho deciso di istituire la Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, che si terrà in tutta la Chiesa ogni anno la quarta domenica di luglio, in prossimità della ricorrenza dei Santi Gioacchino e Anna, i nonni di Gesù.

Dai nonni ai giovani: il legame è strettissimo e il dialogo deve essere costante. Il Papa lo ha ribadito più volte nel tempo, dicendo persino di sognare “un mondo che viva proprio del loro abbraccio”. È quanto torna a sottolineare in questa speciale circostanza:

È importante che i nonni incontrino i nipoti e che i nipoti si incontrino con i nonni, perché – come dice il profeta Gioele – i nonni davanti ai nipoti sogneranno, avranno l’illusione e i giovani, prendendo forza dai nonni, andranno avanti, profetizzeranno. E proprio il 2 febbraio è la festa dell’incontro dei nonni con i nipoti.

 

“Ciò che l’albero ha di fiorito, vive di ciò che ha sepolto”

I versi del poeta argentino Francisco Luis Bernárdez è come se si fossero depositati nell’animo del Papa e anche essi avessero fiorito e illuminato la sua visione sulla terza età, alla quale Francesco non nasconde di appartenere. All’udienza generale dell’11 marzo 2015, ricordava che nelle Filippine veniva chiamato “Lolo Kiko”, nonno Francesco.

Una fase della vita che non va sprecata, perché “non è il momento di tirare i remi in barca”, ma va percorsa, suggeriva il Papa, come “una vocazione” fatta di “grazia” e di “missione”. Una via che si è chiamati ad “inventare” anche “per riempire il vuoto dell’ingratitudine” che circonda l’anzianità e per “dare dignità alla memoria e ai sacrifici” delle generazioni passate.

“Noi possiamo ricordare ai giovani ambiziosi che una vita senza amore è una vita arida. Possiamo dire ai giovani paurosi che l’angoscia del futuro può essere vinta. Possiamo insegnare ai giovani troppo innamorati di sé stessi che c’è più gioia nel dare che nel ricevere”

Insegnare quindi con la vita, con la vicinanza, con la presenza come fece nonna Rosa con Francesco diventando la radice dell’albero della sua fede. Di “radici”, il Papa parla spesso quando spiega, soprattutto ai giovani, che i loro nonni sono “alberi” anche da curare con gesti di tenerezza, da sorprendere usando “la fantasia dell’amore”, da visitare e cercare perché senza la loro “memoria” non si fiorisce. “Poeti della preghiera”, “uomini e donne, padri e madri – affermava Francesco il 4 marzo 2015 all’udienza generale – che sono stati prima di noi sulla nostra stessa strada, nella nostra stessa casa, nella nostra quotidiana battaglia per una vita degna”.

Papa Francesco: “giovani fate un gesto di tenerezza verso gli anziani”

I memoriosi

Riconoscere il percorso e la storia di nonni e anziani significa condividere i loro sogni, contrastare nell’incontro la “cultura dello scarto” e richiamare i giovani ad una nuova alleanza. Proprio quest’ultimo è  il pensiero “del cuore” che Francesco confessa di avere, come si legge nella prefazione al volume: “La saggezza del tempo” di padre Antonio Spadaro nel quale sono raccolte circa 250 interviste di anziani in più̀ di 30 Paesi dei 5 continenti. Un legame che si costruisce richiamando gli anziani ad essere “memoriosi della storia” mentre per i giovani il Papa invoca “uno sguardo verso l’orizzonte e verso l’alto, per scorgere le stelle”, ma anche “quel sano spirito di utopia che porta a raccogliere le energie per un mondo migliore”.

Affido questo libro ai giovani perché dai sogni degli anziani traggano le loro visioni per un futuro migliore. Per camminare verso il futuro serve il passato, servono radici profonde che aiutano a vivere il presente e le sue sfide. Serve memoria, serve coraggio, serve sana utopia. Ecco cosa vorrei: un mondo che viva un nuovo abbraccio tra i giovani e gli anziani. 

L’abbraccio di un nonno o di una nonna di certo non si dimentica. Un nuovo abbraccio, scriveva il Papa in Amoris Laetitia, che sfida “il virus della morte”, la cultura dello scarto, dominante nel mondo di oggi ma alla quale la Chiesa deve rispondere, sottolineava Francesco, non conformandosi “ad una mentalità di insofferenza, e tanto meno di indifferenza e di disprezzo, nei confronti della vecchiaia”. L’invito era allora, come oggi, di risvegliare “il senso collettivo di gratitudine, di apprezzamento, di ospitalità, che facciano sentire l’anziano parte viva della sua comunità. Francesco, ricordando la memoria dei santi Gioacchino e Anna, in un tweet del 2018, parlava dei nonni come di un “tesoro nella famiglia” ed esortava ad amarli e farli parlare con i bambini.

Una famiglia che non rispetta e non ha cura dei suoi nonni, che sono la sua memoria viva, è una famiglia disintegrata; invece una famiglia che ricorda è una famiglia che ha futuro. (Amoris Laetitia,193)

Papa Francesco: “preghiamo oggi per gli anziani”

La paura negli occhi dei nonni

Ad allontanare le famiglie, in questo periodo, è stata anche la pandemia con l’impossibilità di scambiarsi abbracci e carezze per tutelare la salute dei più fragili. Altissimo è stato il prezzo pagato dagli anziani con case di cura diventati focolai di coronavirus, con nonni morti in solitudine, isolati dal resto della comunità che spesso però ha risposto generosamente provvedendo alle cose più essenziali. E l’affetto, che cosa essenziale è, invece è mancato. Francesco, nelle Messe del mattino a Casa Santa Marta, ha avuto questa umanità silenziosa e sofferente sempre presente.

Preghiamo oggi per gli anziani, specialmente per coloro che sono isolati o nelle case di riposo. Loro hanno paura, paura di morire da soli. Sentono questa pandemia come una cosa aggressiva per loro. Loro sono le nostre radici, la nostra storia. Loro ci hanno dato la fede, la tradizione, il senso di appartenenza a una patria. Preghiamo per loro perché il Signore sia loro vicino in questo momento. (Papa Francesco, Messa Casa Santa Marta, 15 aprile 2020)

Che non ci dimentichiamo degli anziani morti per mancanza di respiratori, in parte come effetto di sistemi sanitari smantellati anno dopo anno. Che un così grande dolore non sia inutile, che facciamo un salto verso un nuovo modo di vivere e scopriamo una volta per tutte che abbiamo bisogno e siamo debitori gli uni degli altri, affinché l’umanità rinasca con tutti i volti, tutte le mani e tutte le voci, al di là delle frontiere che abbiamo creato.

E’ un rifiorire che passa dalla riconoscenza dei figli ai genitori, nel passaggio del testimone della vita.

“E dentro questa riconoscenza per chi ti ha trasmesso la vita, c’è – aveva detto Papa Francesco nella Messa con gli anziani, 28 settembre 2014 – anche la riconoscenza per il Padre che è nei cieli”.

Figure e ruolo dei nonni nell’Antico Testamento

<< Ascolta, Israele,: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le tue forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai>> ( Dt 6,4-7)

Nell’antico Testamento la storia viene scritta attraverso lo schema delle genealogie, che sono le lunghe catene di padri e di figli e quindi di nonni e di nipoti, attraverso i quali si compie la trasmissione della fede e della tradizione e, in senso più ampio, si attua la storia della salvezza.

Gli anelli generazionali che vanno dal nonno al padre e da questi al figlio, conferiscono certezza al passato e danno un orientamento al futuro di questo popolo, presso il quale i rapporti di famiglia e di sangue sono i legami interpersonali di valenza prioritaria.

La storia delle origini, nel libro della Genesi, si svolge attraverso la concatenazione di generazioni che conducono da Adamo ad Abramo. Egli è il primo dei tre Patriarchi, riceve da Dio la promessa della terra e della discendenza (n15 ), è padre di Isacco e nonno di Giacobbe, figlio di Isacco e di Rebecca, da lui discenderanno le dodici tribù di Israele.

Nello schema delle genealogie è impossibile prescindere dal figura del nonno, ruolo che al tempo giusto verrà assunto da ogni singolo anello della catena generazionale. Questo può fare capire la gravità della sterilità e della mancanza di discendenza, che vengono vissute come una punizione o come un disonore. Infatti, le conseguenze di tale condizione non sembrano riguardare la singola famiglia ristretta, ma tutta la stirpe di appartenenza, che in quel ramo si estingue e, quindi, non è più in grado di partecipare al naturale dispiegarsi della storia del proprio popolo.

I nonni nella famiglia ebraica, come tutti gli anziani nella società, avevano il compito di testimoniare, di custodire e di tramandare l’alleanza con il Signore attraverso l’osservanza delle sue leggi. L’essere nonno, inoltre, rafforzava la paternità con il dono dell’anzianità.

Attraverso questa fedele trasmissione dei precetti ricevuti e dei principi accolti, si attuava di padre in figlio, il processo educativo che è conservazione e innovazione, dono ricevuto e trasmesso.

I padri e i padri dei padri sono testimoni, quindi, di un amore che non passa e che vogliono trasmettere ai figli ed ai figli dei figli. Perciò nella società biblica ogni uomo è più di un semplice educatore, perché è un tramite attraverso cui si compie il progetto di salvezza di Dio e gli eventi, da fatti singolari, si fanno storia. Noemi dal Libro di Rut ( I^ parte) A causa di una carestia abbattutasi sulla terra di Israele.

<< Un uomo da Betlemme di Giuda lasciò la sua terra e andò ad abitare nei campi di Moab insieme con la moglie e con i suoi due figli>> ( Rt 1,1).

L’uomo morì e Noemi, sua moglie, rimase con i due figli che, più tardi, sposarono due donne del posto. Ma dopo dieci anni morirono anche i figli di Noemi. Allora la donna decise di partire con le due nuore e di tornare nelle terre di Giuda, ma desiderando lasciare libere le due giovani, le esortò di tornare nelle case delle rispettive madri, per cercare lì in nuovo consorte. Una delle due nuore acconsentì e, dopo aver baciato la suocera, tornò al suo popolo, mentre Rut non volle staccarsi da Noemi e così l’implorò:  << Non insistere con me che ti abbandoni e torni indietro senza di te, perché dove tu andrai, andrò anch’io e dove ti fermerai, anch’io mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio. Dove tu morirai, morirò anch’io e lì sarò sepolta. Il Signore mi faccia questo male e altro ancora, se altra cosa, che non sia la morte mi separerà da te>> (Rt 1, 16-17).

Così Noemi e Rut la moabita, tornarono insieme a Betlemme proprio al tempo della mietitura. E Rut andò a spigolare nei campi di Booz, un ricco parente di Noemi da parte del marito. Egli fu attratto da questa giovane vedova straniera, di cui conosceva la storia e che stimava, come rivelano le parole che le rivolse:  << Mi è stato riferito quanto hai fatto per tua suocera dopo la morte di tuo marito e come hai abbandonato tuo padre, tua madre e la tua patria per venire presso genti che prima non conoscevi. Il Signore ti ripaghi questa tua buona azione e sia davvero piena la ricompensa da parte del Signore, Dio di Israele, sotto le cui ali sei venuta a rifugiarti>> ( Rt , 11-12).

Infine Booz, che aveva esercitato il diritto di riscatto*, sposò Rut e da lei ebbe un figlio che fu chiamato Obed che sarà:  << Il padre di Jesse, il padre di Davide>> ( Rt 44, 13-22), da cui discenderà il Messia.  L’atto di obbedienza di Rut nei confronti della suocera che desiderava per lei seconde nozze al fine di avere una discendenza, appare molto gradito a Dio, che benedisse l’unione fra Booz e Rut, dando loro un figlio, Obed, che a sua volta diventerà il nonno di Davide, aprendo così la genealogia messianica.  Le donne che assistono ai fatti dissero a Noemi  :<< Benedetto il Signore che oggi non ti ha fatto mancare uno che esercitasse il diritto di riscatto*.

Il suo nome sarà ricordato in Israele! Egli sarà il tuo consolatore, il sostegno della tua vecchiaia, perché lo ha partorito tua nuora, che ti ama e che vale per te più di sette figli>> ( Rt 4, 14-15).  E’ molto nobile e significativo il legame di amore e di fedeltà fra le due donne: Rut non è figlia di Noemi, ma è nuora, eppure viene dall’anziana considerata come figlia per amore e per elezione. L’esempio di Noemi, la sua fedeltà di figlia di Israele alle leggi del suo popolo e al Dio dei suoi Padri, sono state una scuola di vita per Rut, che non esita a seguirla come vera madre, sino a darle, con la sua obbedienza, una posterità, mettendo al mondo il piccolo Obed. Narra il testo biblico che: << Noemi prese il bambino e se lo pose in grembo e gli fece da nutrice. Le vicine gli cercavano un nome e dicevano:” E’ nato un figlio a Noemi! “. E lo chiamarono Obed. Egli fu il padre di Jesse, padre di Davide>>(Rt4,16).

E’ molto importante osservare il comportamento di Noemi, che prese in braccio il bambino e gli fece da nutrice, non perché volesse imporsi con autorità sulla giovane Rut o, ancor peggio, sostituirsi a lei nell’amore del figlio, ma perché essendo Rut straniera, il bambino poteva non essere riconosciuto dalla comunità ebreo a pieno titolo. Ecco che il gesto di assunzione del bambino da parte dell’anziana Noemi, è un riconoscimento del bambino come figlio del popolo ebreo.( cfr.G.Ravasi, op.cit. p.77). Pertanto il gesto di Noemi non indica una prevaricazione dell’anziano sul giovane, quasi a sottrarne l’autorità, ma è piuttosto una forma di tutela della maternità della nuora.

Con questo gesto Noemi, garantisce al piccolo la piena appartenenza al popolo ebreo, come se già, profeticamente, ella avesse saputo che da lui sarebbe disceso il Salvatore. Si svela così il suo ruolo principale: farsi docile strumento di Dio, perché i suoi piani divini si compiano. Ed il Signore sceglie gli umili: un’anziana vedova vissuta nella fedeltà e nell’amore reciproco, una giovane vedova straniera che partorisce un precursore di Cristo.

Il libro di Rut si chiude con la genealogia di Davide che prende le mosse da Peres, ritenuto capostipite di una numerosa discendenza: << …Salmon generò Booz, Booz generò Obed, Oben generò Jesse e Jesse generò Davide>>(Rt4,21-22) • Tale diritto consentiva l’acquisto della terra venduta da un parente povero da parte del suo parente più prossimo Nel testo di Rut ci sono due parenti prossimi, uno più stretto, di cui non si fa il nome che rifiuta perché avrebbe dovuto sposare contestualmente Rut per la Legge del Levitico e poi Booz, che subentra al parente rinunciatario. Booz compra il campo e sposa Rut al fine di dare una discendenza alla famiglia di Noemi. ?

Per meditare su tutto usto come non ricordare il Discorso di Benedetto XVI, pronunciato nell’Udienza ai partecipanti all’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, il 05-04-200, Il Magistero di Benedetto XVI  I nonni, la loro testimonianza e presenza nella famiglia << Chi non ricorda i suoi nonni? Chi può dimenticare la loro presenza e la loro testimonianza nel focolare domestico?…Quanti tra di noi ne portano il nome in segno di continuità e di riconoscenza? …La Chiesa ha sempre avuto nei riguardi dei nonni un’attenzione particolare, riconoscendo loro una grande ricchezza sotto il profilo umano e sociale, come pure sotto quello religioso e spirituale. Anche quando l’età avanza, essi continuavano ad essere presenti con i loro figli, con i nipoti e magari i pronipoti, dando viva testimonianza di premura, di sacrificio e di un quotidiano donarsi senza riserve. Erano testimoni di una storia personale e comunitaria che continuava a vivere nei loro ricordi e nella loro saggezza>>.

Per concludere il discorso pronunciato dal Santo Padre a Valencia, durante il V Incontro Mondiale delle Famiglie: ” I nonni sono testimoni di un amore che non passa e rappresentano il fondamento saldo della famiglia, in cui i legami di affetto e di rispetto contribuiscono alla conservazione del bene di tutti, che è l’armonia familiare. E quant’anche questa non fosse possibile e si riscuotesse il fallimento delle proprie attese, bisogna farsi umile strumento nelle mani di Dio, che è fonte di misericordia e di perdono, continuando a credere che a Lui nulla è impossibile!”.




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