Papa contrario al modello di sviluppo che privilegia gli affari
Lo sviluppo agricolo è fondamentale eppure oggi viene orientato verso modelli che guardano solo agli affari. E’ il monito levato da Papa Francesco nell’udienza ai partecipanti alla riunione dell’ICRA, l’Associazione Internazionale Rurale Cattolica. Il Papa ha messo in guardia da una produzione che mette a rischio i ritmi della vita agricola. Ha quindi auspicato che si usi “tenerezza” anche nel rapporto con il Creato. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Un lavoro a volte molto faticoso, ma compiuto nella consapevolezza di fare qualcosa per gli altri, coltivando con passione la terra per garantirne i frutti”. Papa Francesco ha sottolineato così l’importanza di chi lavora nel settore rurale.
Ha così rilevato il paradosso di “un’agricoltura non più considerata settore primario dell’economia, ma che mantiene una evidente rilevanza nelle politiche di sviluppo” e anche “negli squilibri della sicurezza alimentare come pure nella vita delle comunità rurali”. Francesco non ha mancato quindi di rilevare che molti disagi sono causati da “cambiamenti climatici, purtroppo aggravati dalla negligenza umana”.
In alcune aree geografiche, infatti, ha sottolineato il Papa, “lo sviluppo agricolo resta la principale risposta possibile alla povertà e alla scarsità di cibo”. Questo però, è il suo ammonimento, “significa rimediare” all’“iniqua acquisizione di terre la cui produzione è sottratta ai legittimi beneficiari, ad ingiusti metodi speculativi o alla mancanza di politiche specifiche, nazionali e internazionali”:
“Guardando il mondo rurale oggi, emerge il primato della dimensione del mercato, che orienta azioni e decisioni. Gli affari, anzitutto! Gli affari, anzitutto … Anche a costo di sacrificare i ritmi della vita agricola, con i suoi momenti di lavoro e di tempo libero, del riposo settimanale e della cura della famiglia. Per quanti vivono la realtà rurale questo significa constatare che lo sviluppo non è uguale per tutti, come se la vita delle comunità dei campi avesse un valore più basso”.
“La stessa solidarietà, largamente invocata come rimedio – ha proseguito – è insufficiente se non è accompagnata dalla giustizia nell’attribuzione delle terre, nei salari agricoli o nell’accesso al mercato”. Per i piccoli contadini, ha aggiunto con rammarico, “la partecipazione alle decisioni resta lontana, per l’assenza delle istituzioni locali e la mancanza di regole certe che riconoscano come valori l’onestà, la correttezza e soprattutto la lealtà”.
Quindi, ha incoraggiato le organizzazioni di ispirazione cattolica ad avere “un ruolo propositivo” che “aiuti il mondo rurale a non rimanere ai margini delle decisioni politiche, dei piani normativi o dell’azione nei diversi settori della vita sociale e dell’economia”. Ed ha sostenuto la posizione dei membri dell’ICRA “giustamente critici sul modello orientato all’agribusiness”, ma ponendo “l’accento piuttosto sui bisogni reali, secondo le condizioni delle persone e dei luoghi”:
“Questo permette di evitare non solo perdite e sprechi nella produzione, ma anche l’incauto ricorso a tecniche che, in nome di un abbondante raccolto, possono eliminare la varietà delle specie e la ricchezza della biodiversità, anche… non si sa le conseguenze sulla salute umana. Quando vediamo tante cosiddette ‘malattie rare’ che non si sa da dove vengono, dobbiamo pensare …”.
Il Papa ha concluso il suo discorso raccontando un “aneddoto personale”, un colloquio con un contadino che gli raccontava della potatura degli olivi:
“Un contadino semplice che coltivava le olive. E quando mi raccontava il modo come lo faceva, vi assicuro che io ho visto lì tenerezza; aveva quel rapporto con la natura. E potava i suoi alberi come se fosse il papà: con tenerezza. Che non si perda questo rapporto con la natura, con il Creato. Questo ci dignifica tutti”.
Parlando ai seminaristi ha poi detto: ” Il primo ostacolo da superare è dunque il narcisismo. È la tentazione più pericolosa. Non tutto inizia e finisce con me, posso e devo guardare oltre me stesso, fino ad accorgermi della bellezza e della profondità del mistero che mi circonda, della vita che mi supera, della fede in Dio che sostiene ogni cosa e ogni persona.
Non bisogna quindi avere paura di risparmiarsi o di perdere qualcosa di noi. Senza vigilare sul rischio di essere narcisisti, “nessun cammino vocazionale è realmente possibile”. Appartenere significa anche “saper entrare in relazione”. Papa Francesco chiede quindi ai futuri sacerdoti di prepararsi a essere uomini di relazione e che questa sia la prima meta formativa. Man mano che l’ordinazione si avvicina, bisogna verificare se la propria capacità relazionale sta crescendo, perché la costruzione della comunità che un giorno i sacerdoti guideranno, “inizia nella vita di tutti i giorni in seminario”: “Non sentitevi diversi dai vostri coetanei, non ritenete di essere migliori degli altri giovani, imparate a stare con tutti, non abbiate paura di sporcarvi le mani. Se domani sarete preti che vivono in mezzo al popolo santo di Dio, oggi iniziate ad essere giovani che sanno stare con tutti, che sanno imparare qualcosa da ogni persona che incontrano, con umiltà e intelligenza. E alla base di tutte le relazioni ci sia la relazione con Cristo: man mano che lo conoscete, che lo ascoltate, che vi legate a Lui nella fiducia e nell’amore, fate vostro il suo amore, mettetelo nei rapporti con gli altri, diventate ‘canali’ del suo amore attraverso la vostra maturità relazionale”.