Papa Francesco e la Messa di canonizzazione di sette nuovi Santi

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Papa Francesco – Domenica sarà un’altra giornata importante per la Chiesa con l’evento di canonizzazione.
Saranno infatti oltre 70 mila le persone che domenica prossima prenderanno parte a San Pietro alla Messa di canonizzazione di sette nuovi Santi, Paolo VI, Oscar Arnulfo Romero Galdamez, Francesco Spinelli, Vincenzo Romano, Maria Caterina Kasper, Nazaria Ignazia di Santa Teresa di Gesù, Nunzio Sulprizio.

Ma andiamo a riassumere il loro cammino di vita che li ha portati ad essere un esempio per tutti.

Giovanni Battista Montini, nato a Concesio (Brescia), compì gli studi fino alla licenza ginnasiale presso il collegio “Arici” dei padri Gesuiti a Brescia, per lunghi periodi come alunno esterno, causa la salute delicata. Ottenne la licenza liceale come privatista presso il Liceo classico statale “Arnaldo da Brescia”. Avvertita la vocazione sacerdotale, entrò nel Seminario di Brescia, e seguì i corsi come esterno: fu ordinato sacerdote nella cattedrale bresciana il 29 maggio 1920. Indirizzato alla carriera diplomatica, ebbe numerosi incarichi di rilievo nella Curia Romana e fu assistente ecclesiastico degli universitari cattolici italiani. Diventato arcivescovo di Milano, compì il suo ingresso solenne il 6 gennaio 1955, impegnandosi ad ascoltare la società che cambiava e indicandole Dio come unico riferimento. Fu creato cardinale dal Papa san Giovanni XXIII il 15 dicembre 1958. Eletto Papa col nome di Paolo VI il 21 giugno 1963, dichiarò immediatamente di voler portare avanti il Concilio Ecumenico Vaticano II. Alla sua conclusione, cominciò quindi a metterne in opera le deliberazioni con grande coraggio, in mezzo a ostacoli di ogni segno. In particolare pubblicò il rinnovato Messale Romano. Fu importante e profonda la sua azione ecumenica, con proficui scambi e incontri con la Chiesa anglicana e la Chiesa ortodossa. Scrisse sette encicliche e compì nove viaggi apostolici fuori dall’Italia. L’ultimo periodo della sua vita fu segnato dalla contestazione ecclesiale, cui reagì con fortezza e carità, e dall’uccisione del suo amico, l’onorevole Aldo Moro. Morì nella residenza pontificia di Castel Gandolfo il 6 agosto 1978. È stato beatificato da papa Francesco il 19 ottobre 2014. Lo stesso Pontefice ha riconosciuto, il 6 marzo 2018, il secondo miracolo valido per la canonizzazione, la cui data è stata fissata, nel Concistoro ordinario pubblico del 19 maggio 2018, al 14 ottobre dello stesso anno. La memoria liturgica di papa Montini cade il 26 settembre, giorno del suo compleanno, tranne per la diocesi di Milano, che la celebra il 30 maggio, anniversario della sua Prima Messa. I suoi resti mortali sono venerati nelle Grotte Vaticane sotto la Basilica di Sann Pietro a Roma.

Óscar Arnulfo Romero y Galdámez nacque il 15 marzo 1917 a Ciudad Barrios, nello Stato di El Salvador. Approfondì gli studi in vista del sacerdozio a Roma e venne ordinato lì il 4 aprile 1942. Dopo vari incarichi diocesani, divenne vescovo ausiliare della diocesi di El Salvador. Nel 1974, quattro anni dopo, fu nominato vescovo titolare di Santiago de María. Quell’esperienza segnò l’inizio del suo impegno a favore degli oppressi del suo Paese. L’uccisione del padre gesuita Rutilio Grande, unita ad altri eventi, lo condusse a schierarsi apertamente per i poveri: non solo tramite la parola scritta e le omelie, diffuse tramite i mezzi di comunicazione sociale, ma anche con la presenza fisica. Il 24 marzo 1980, monsignor Romero stava celebrando la Messa nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza di San Salvador, dove viveva. Al momento dell’Offertorio, un sicario gli sparò un solo proiettile, che l’uccise. È stato beatificato il 23 maggio 2015, a San Salvador, sotto il pontificato di papa Francesco. Lo stesso Pontefice, il 6 marzo 2018, ha autorizzato la promulgazione del decreto relativo a un miracolo considerato valido per la sua canonizzazione, la cui data è stata fissata, nel Concistoro ordinario pubblico del 19 maggio dello stesso anno, al 14 ottobre successivo. La memoria liturgica di monsignor Romero cade il 24 marzo, giorno della sua nascita al Cielo, in cui ricorre, dal 1992, la Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri. I suoi resti mortali sono venerati nella cripta della cattedrale del Divino Salvatore del Mondo, a El Salvador.

Francesco Spinelli, nato a Milano il 14 aprile 1853 da genitori bergamaschi, fu educato dalla madre alla carità verso i poveri e i malati. Divenne sacerdote nel 1875, dopo aver compiuto la necessaria formazione come alunno esterno del Seminario di Bergamo. Una visione avuta sul finire del 1875, mentre pregava nella basilica romana di Santa Maria Maggiore nel corso del Giubileo, gli fece intuire che avrebbe dovuto fondare una congregazione femminile, dedita all’adorazione perpetua dell’Eucaristia. Il progetto iniziò dopo l’incontro con Caterina Comensoli, che desiderava fondare anche lei una realtà simile. Il 15 dicembre 1882 cominciò quindi la vita delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento. Nel 1899, per equivoci di natura economica, don Francesco dovette abbandonare Bergamo e stabilirsi a Rivolta d’Adda, in diocesi di Cremona. Dall’unica casa non coinvolta nel fallimento economico sorsero le Suore Adoratrici del SS. Sacramento di Rivolta d’Adda, che finalizzarono il loro impegno nel servizio ai più poveri, nei quali ravvisavano il volto di Cristo adorato nell’Eucaristia. Caterina Comensoli, in religione suor Geltrude del SS. Sacramento (canonizzata nel 2009), portò avanti autonomamente il cammino delle Suore Sacramentine di Bergamo. Don Francesco morì il 6 febbraio 1913, per un carcinoma allo stomaco. Fu beatificato dal Papa san Giovanni Paolo II il 21 giugno 1992, nel santuario di Santa Maria alla Fonte in Caravaggio. La sua canonizzazione è stata fissata al 14 ottobre 2018. I suoi resti mortali sono venerati nella casa madre delle Suore Adoratrici di Rivolta d’Adda, mentre la sua memoria liturgica cade il 6 febbraio, giorno della sua nascita al Cielo.

Vincenzo Romano fu beatificato nel 1963 da Paolo VI, che lo definì “precursore della carità sociale nella Chiesa dei nostri giorni” e la canonizzazione di Vincenzo Romano avviene contemporaneamente a quella di Paolo VI.
Quella di Romano è una figura molto ricca, possiamo scoprire tutti i tratti della personalità spirituale che al giorno d’oggi chiede Papa Francesco -in lui troviamo l’immagine del pastore in mezzo al suo popolo, aveva una grande attenzione per la gente e si deve a lui la figura del cappellano di bordo sulle navi. Volle che a bordo delle imbarcazioni che partivano da Torre del Greco per la pesca del corallo sulle coste della Tunisia o della Sardegna ci fosse un prete e un medico a prendersi cura dei suoi parrocchiani”. Dopo le guarigioni miracolose di due donne la terza a favore di un uomo è stata determinante per concludere il processo di canonizzazione. “Raimondo Formisano era un commerciante di frutti di mare vissuto nel 1989 – racconta Don Franco Ricciardi vice Postulatore della causa di canonizzazione – l’uomo cominciò a stare male, inizialmente si pensò ad un appendicite, invece era un tumore di 4 chili e mezzo. I suoi 14 figli conoscendo la devozione del padre per Vincenzo Romano cominciarono a pregare anche otto ore di fila. I medici alzarono le mani e non diedero alcuna cura. Raimondo, infatti, ricevette anche gli ultimi sacramenti ma improvvisamente guarì. Dopo quel miracolo ha vissuto per 15 anni e ogni anno ha eseguito dei controlli medici. Tutto era sparito e non si è mai ripresentato. Così nel 2015 si è chiuso il processo diocesano e finalmente possiamo pregare il nostro Santo”.
Don Vincenzo morì il 20 dicembre 1831 per una polmonite, ma il suo impegno per avvicinare il popolo alla chiesa non è mi stato dimenticato. Due esempi sono il Rosario Meditato e la Messa Pratica ovvero un libretto nel quale aiutava la gente a partecipare in maniera attiva alle celebrazioni in un tempo in cui la messa veniva celebrata in latino, non comprensibile quindi a tutti. “Il suo motto programmatico era fare bene il bene con fede viva e con gioia noi lo veneriamo”

Caterina Kasper nacque nel villaggio di Dernbach, in Germania, il 26 maggio 1820. Per aiutare la sua numerosa famiglia, trascorse l’adolescenza in lavori umili come quelli dei campi, oppure spaccando le pietre che servivano per lastricare le strade. Nel 1842 perse il padre e un fratello: insieme alla madre, iniziò a compiere lavori di tessitura e, nel frattempo, aveva dovuto vendere la casa. Intanto continuava ad avere in cuore il desiderio di consacrarsi a Dio, sebbene non volesse entrare in nessuna famiglia religiosa esistente. Ne fondò una lei, appoggiata dai suoi parrocchiani. Cominciò la vita comune con alcune compagne nel 1845: tre anni dopo, il giorno dell’Assunta, aprì la loro casa ai poveri del paese. Al nuovo sodalizio diede il nome di Povere Ancelle di Gesù Cristo, mentre lei, con la vestizione religiosa, aggiunse al proprio quello di Maria. Con la stessa tenacia degli anni giovanili, madre Maria Caterina seguì la formazione delle novizie e l’apertura di nuove case, anche all’estero, per aiutare gli immigrati tedeschi. Un infarto la raggiunse il 27 gennaio 1898: morì il 2 febbraio, all’alba. È stata beatificata da Paolo VI il 16 aprile 1978. Il 6 marzo 2018 papa Francesco ha riconosciuto un ulteriore miracolo per sua intercessione, aprendo la via alla canonizzazione, la cui data è stata fissata, nel Concistoro ordinario pubblico del 19 maggio dello stesso anno, al 14 ottobre successivo.

Nazaria Ignazia March Mesa – nata a Madrid nel 1889 – presto si trasferì con la numerosa famiglia (aveva dieci fratelli) in Messico per ragioni economiche. Sulla stessa nave viaggiavano alcune Piccole Suore degli Anziani Abbandonati: lei si fece religiosa proprio in quella Congregazione. Per il noviziato tornò in patria, ma nel 1908 riprese la via delle Americhe, destinata alla missione di Oruro, in Bolivia. Qui si spese per dodici anni nelle opere di carità. Nel 1920, dopo un corso di esercizi spirituali incentrati sul Regno di Dio, concepì una nuova Congregazione, intesa come «crociata di amore che abbraccia tutta la Chiesa». La fondò il 16 di giugno del 1925 con il nome di Suore Missionarie della Crociata Pontificia, poi Missionarie Crociate della Chiesa. La nuova famiglia religiosa era all’avanguardia nella situazione della Bolivia di allora, sostenendo in particolare la promozione sociale e lavorativa delle donne. Nel 1938 la fondatrice passò in Argentina dove diede vita a molte istituzioni in favore delle giovani e dei poveri. Morì a Buenos Aires nel 1943 ed è stata beatificata da san Giovanni Paolo II il 27 settembre 1992. Il 26 gennaio 2018 papa Francesco, promulgando il decreto relativo a un secondo miracolo ottenuto per sua intercessione, ha aperto la via alla sua canonizzazione, la cui data è stata fissata, nel Concistoro ordinario pubblico del 19 maggio dello stesso anno, al 14 ottobre successivo.

Nunzio Sulprizio nacque a Pescosansonesco, in provincia di Pescara, il 13 aprile 1817. Fin dalla prima infanzia perse entrambi i genitori; a nove anni, poi, morì anche la nonna materna, Anna Rosaria Del Rosso, che lo aveva cresciuto. A quel punto uno zio lo prese con sé nella sua officina di fabbro ferraio. Ma il lavoro troppo pesante per l’età minò il suo fisico: colpito nel 1831 da una grave malattia ossea, fu ricoverato in ospedale prima a L’Aquila e poi a Napoli. Qui il colonnello Felice Wochinger si prese cura di lui e iniziò a trattarlo come un figlio. Nonostante i dolori terribili, Nunzio affrontò la malattia: la sua capacità di offrire il proprio dolore colpiva chi gli stava vicino. Morì il 5 maggio 1836, a diciannove anni. È stato beatificato da san Paolo VI il 1° dicembre 1963, durante il Concilio Vaticano II. La sua canonizzazione è stata fissata al 14 ottobre 2018. La maggior parte dei suoi resti mortali è venerata nella chiesa di san Domenico Soriano a Napoli, in un’urna sotto l’altare maggiore, ma altre reliquie sono custodite nel santuario a lui dedicato, a Pescosansonesco.




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