Papa Francesco: “Davanti alle prove dure della vita, sembra la fede vacilli”

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Papa Francesco fa ancora un appello per l’Ucraina, chiede che la “folle guerra” finisca, auspica dialogo. Dopo l’Angelus, il Papa riprende l’appello, specialmente a seguito dell’attacco al centro commerciale di Kremenchuk. Poi, un appello per la cura del creato, la promozione del primo numero dell’Osservatore di Strada, il nuovo mensile dell’Osservatore Romano fatto con i senza tetto, la menzione del patriarcato ecumenico. Ma prima, al commento del Vangelo, Papa Francesco aveva chiesto a tutti di guardare nei loro cuori e comprendere perché la loro fede a volte vacilla.

Cari fratelli e sorelle!

Il Vangelo della Liturgia odierna, solennità dei Santi Patroni di Roma, riporta le parole che Pietro rivolge a Gesù: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). È una professione di fede, che Pietro pronuncia non sulla base della sua comprensione umana, ma perché Dio Padre gliel’ha ispirata (cfr v. 17). Per il pescatore Simone, detto Pietro, fu l’inizio di un cammino: dovrà in effetti passare molto tempo prima che la portata di quelle parole entri a fondo nella sua vita, coinvolgendola interamente. C’è un “apprendistato” della fede, che ha riguardato anche gli apostoli Pietro e Paolo, simile a quello di ognuno di noi. Anche noi crediamo che Gesù è il Messia, il Figlio del Dio vivente, ma occorrono tempo, pazienza e tanta umiltà perché il nostro modo di pensare e di agire aderisca pienamente al Vangelo.

Di questo, l’apostolo Pietro fece esperienza immediatamente. Proprio dopo aver dichiarato a Gesù la propria fede, quando Lui annuncia che dovrà soffrire ed essere condannato a morte, rifiuta questa prospettiva, che considera incompatibile con il Messia. Si sente addirittura in dovere di rimproverare il Maestro, il quale a sua volta lo apostrofa: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» ( v. 23).

Pensiamoci: non succede lo stesso anche a noi? Noi ripetiamo il Credo, lo diciamo con fede; ma davanti alle prove dure della vita sembra che tutto vacilli. Siamo portati a protestare col Signore, dicendogli che non è giusto, che ci devono essere altre vie, più diritte, meno faticose. Viviamo la lacerazione del credente, che crede in Gesù, si fida di Lui; ma nello stesso tempo sente che è difficile seguirlo ed è tentato di cercare strade diverse da quelle del Maestro. San Pietro ha vissuto questo dramma interiore, ed ha avuto bisogno di tempo e di maturazione. All’inizio inorridiva al pensiero della croce; ma alla fine della vita testimoniò il Signore con coraggio, fino al punto di farsi crocifiggere – secondo la tradizione – a testa ingiù, per non essere uguale al Maestro.

Anche l’apostolo Paolo ha il proprio percorso, anche lui è passato attraverso una lenta maturazione della fede, sperimentando momenti di incertezza e di dubbio. L’apparizione del Risorto sulla via di Damasco, che da persecutore lo rese cristiano, va vista come l’avvio di un percorso durante il quale l’Apostolo ha fatto i conti con le crisi, i fallimenti e i continui tormenti di quella che chiama “spina nella carne” (cfr 2 Cor 12,7). Il cammino di fede non è mai una passeggiata, per nessuno, né per Pietro né per Paolo, per nessun cristiano. Il cammino di fede non è una passeggiata, ma è impegnativo, a volte arduo: anche Paolo, divenuto cristiano, dovette imparare ad esserlo fino in fondo in maniera graduale, soprattutto attraverso i momenti di prova.

Alla luce di questa esperienza dei santi apostoli Pietro e Paolo, ognuno di noi può domandarsi: quando professo la mia fede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio, lo faccio con la consapevolezza di dover sempre imparare, oppure presumo di “aver già capito tutto”? E ancora: nelle difficoltà e nelle prove mi scoraggio, mi lamento, oppure imparo a farne occasione per crescere nella fiducia verso il Signore? Egli infatti – scrive Paolo a Timoteo – ci libera da ogni male e ci porta in salvo nei cieli (cfr 2 Tm 4,18). La Vergine Maria, Regina degli Apostoli, ci insegni ad imitarli avanzando giorno per giorno nella via della fede.

Dopo l’Angelus

Porto ogni giorno nel cuore la cara e martoriata Ucraina, che continua ad essere flagellata da barbari attacchi, come quello che ha colpito il centro commerciale di Kremenchuk. Prego perché questa folle guerra possa vedere presto la fine, e rinnovo l’invito a perseverare, senza stancarsi, nella preghiera per la pace: che il Signore apra quelle vie di dialogo che gli uomini non vogliono o non riescono a trovare! E non trascuriamo di soccorrere la popolazione ucraina, tanto sofferente.

In questi giorni, a Roma, sono scoppiati diversi incendi, favoriti dalle temperature molto alte, mentre in tanti luoghi la siccità rappresenta ormai un problema grave, che sta causando seri danni alle attività produttive e all’ambiente. Auspico che si attuino le misure necessarie a fronteggiare queste urgenze e a prevenire le emergenze future. Tutto questo deve farci riflettere sulla tutela del creato, che è responsabilità nostra, di ciascuno di noi. Non è una moda, è una responsabilità: il futuro della terra è nelle nostre mani e con le nostre decisioni!

Oggi viene distribuito qui in piazza il primo numero de “L’Osservatore di strada”, il nuovo mensile de “L’Osservatore Romano”. In questo giornale gli ultimi diventano protagonisti: infatti, persone povere ed emarginate partecipano al lavoro di redazione, scrivendo, lasciandosi intervistare, illustrando le pagine di questo mensile, che viene offerto gratuitamente. Se qualcuno vuole dare qualcosa la può dare volontariamente, ma prendetelo liberamente perché è un bel lavoro che viene dalla base, dai poveri, come espressione di quelli che sono emarginati.

In questa festa dei santi apostoli Pietro e Paolo, Patroni principali di Roma, formulo i miei auguri ai romani e a quanti soggiornano in questa città, auspicando che tutti possano trovare in essa un’accoglienza decorosa e degna della sua bellezza. Roma è bella!

Rinnovo la mia gratitudine alla Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, inviata da Sua Santità Bartolomeo, caro fratello, e invio a Lui un cordiale e fraterno saluto.

Saluto con affetto i pellegrini venuti per festeggiare gli Arcivescovi Metropoliti, per i quali stamattina ho benedetto i Palli.

Saluto tutti voi, cari pellegrini, in particolare quelli provenienti dagli Stati Uniti d’America e dalla Repubblica Ceca, da Berlino e da Londra. Saluto i ragazzi della Cresima di Barbara, presso Ancona, e quelli del Grest di Zagarolo; come pure i partecipanti al pellegrinaggio partito da Aquileia e promosso dall’Associazione Europea Romea Strata e saluto i ragazzi dell’Immacolata.

A tutti auguro una buona festa. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!




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