Papa Francesco ed il basket

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Papa – Papa Francesco ha ricevuto in udienza una delegazione della Federazione italiana pallacanestro. Un invito a fare squadra, con disciplina. Poi un compito: insegnare ai giovani ad alzare lo sguardo, specialmente a quelli che guardano in basso. Perché chi gioca a basket ha gli occhi rivolti verso il cielo.
il Papa ha ricordato la partita di pallacanestro disputata in piazza San Pietro nel 1955, alla presenza di Pio XII. Era il 10 ottobre di quell’anno e a giocare furono due squadre di Serie A: la Stella Azzurra Roma e la Vis Benelli Pesaro. “Nella memoria della vostra storia è ancora vivo il ricordo di una partita giocata nel 1955 in Piazza San Pietro, davanti a Papa Pio XII; e anche negli anni a seguire – ha detto Francesco – la relazione tra la Chiesa e il mondo dello sport è stata sempre coltivata nella consapevolezza che entrambi, in modi diversi, sono a servizio della crescita integrale della persona e possono offrire un prezioso contributo alla nostra società”.
Francesco ha dunque voluto sottolineare due elementi importanti dell’attività sportiva. “Il primo è fare squadra. Ci sono alcuni sport che vengono chiamati individuali; tuttavia – ha affermato – lo sport aiuta sempre a far entrare le persone in contatto tra di loro, a far nascere relazioni anche tra persone diverse, spesso sconosciute, che pur provenendo da contesti differenti si uniscono e lottano per un traguardo comune”. Il Papa ha quindi evidenziato: “Sono due le cose importanti, l’essere uniti ed avere un obiettivo. In questo senso, lo sport è una medicina per l’individualismo delle nostre società”.

“Attraverso l’impegno sportivo – ha proseguito – voi ricordate il valore della fraternità, che è anche al cuore del Vangelo”. Papa Francesco si è quindi soffermato sul secondo aspetto: “Un’attitudine dello sportivo è la disciplina. Tanti giovani e adulti che sono appassionati allo sport e vi seguono tifando per voi, a volte non riescono a immaginare quanto lavoro e quanto allenamento ci sia dietro una gara. E questo richiede tanta disciplina non solo fisica, ma anche interiore: l’esercizio fisico, la costanza, l’attenzione a una vita ordinata negli orari e nell’alimentazione, il riposo alternato alla fatica dell’allenamento”. Il Papa ha quindi definito la disciplina “una scuola di formazione e di educazione, specialmente per i ragazzi e per i giovani. Li aiuta a capire quanto è importante – e scusate se cito Sant’Ignazio di Loyola – imparare a mettere ordine nella propria vita. Questa disciplina non ha lo scopo di farci diventare rigidi, ma di renderci responsabili: di noi stessi, delle cose che ci sono affidate, degli altri, della vita in generale”. Una disciplina interiore necessaria anche nella vita spirituale, perché “senza allenamento interiore costante, la fede rischia di spegnersi”.

“Vorrei dire un’ultima cosa – ha aggiunto Francesco – proprio pensando alla pallacanestro. Il vostro è uno sport che eleva verso il cielo perché, come disse un ex giocatore famoso, è uno sport che guarda in alto, verso il canestro e, perciò, è una vera e propria sfida per tutti coloro che sono abituati a vivere con lo sguardo sempre rivolto a terra. Vorrei che questa fosse per voi anche un nobile compito: promuovere il gioco sano tra i bambini e i ragazzi, aiutare i giovani a guardare in alto, a non arrendersi mai, a scoprire che la vita è un cammino fatto di sconfitte e di vittorie, ma che l’importante è non perdere la voglia di giocarsi la partita”. Quindi il Papa ha concluso con l’immagine di “un tiro” sempre a disposizione: “Quando nella vita non hai fatto canestro, non hai perso per sempre. Puoi sempre scendere in campo nuovamente, puoi ancora fare squadra con gli altri e puoi tentare un altro tiro”.




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