Papa Francesco: “Il Vangelo non è riservato a pochi eletti”

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Papa – Dio chiama tutti, Per il Signore non ci sono persone escluse, tutti sono considerati da Lui “degni del suo amore”. Lo ha detto Papa Francesco all’Angelus di oggi. La Chiesa deve rinnovare le sue modalità di evangelizzazione e di carità per raggiungere i più lontani e aprire a chiunque le porte.

Commentando il brano del Vangelo di oggi e cioè la parabola del banchetto nuziale, all’Angelus di una domenica piovosa, Papa Francesco ricorda che per due volte, nel racconto, i servi del re vengono mandati a chiamare gli invitati “ma questi rifiutano, non vogliono andare alla festa, perché hanno altro a cui pensare: i campi e gli affari”.

Tante volte anche noi anteponiamo i nostri interessi e le cose materiali al Signore che ci chiama. Ma il re della parabola non vuole che la sala resti vuota, perché desidera donare i tesori del suo regno.

Il Signore non si arrende al rifiuto e anzi allarga l’invito anche ai più lontani, “senza escludere nessuno”, perchè “nessuno è escluso dalla casa di Dio”. I servi escono dalla città e raggiungono le strade di campagna, i luoghi “dove la vita è precaria”. Ad accettare l’invito sono dunque gli “esclusi”, “coloro che non erano mai sembrati degni di partecipare a una festa”. E il Papa aggiunge a braccio:

Anzi: il padrone, il re, dice ai messaggeri: “Chiamate tutti, buoni e cattivi. Tutti!”. Dio chiama i cattivi, pure. “No, io sono cattivo, ne ho fatte tante …”. Ti chiama: “Vieni, vieni, vieni!”. E Gesù andava a pranzo con i pubblicani, che erano i peccatori pubblici, lì, erano i cattivi … Gesù, Dio non ha paura della nostra anima ferita da tante cattiverie, perché ci ama, ci invita.

Come il Signore anche la Chiesa, afferma Papa Francesco, “è chiamata a raggiungere i crocicchi odierni, cioè le periferie geografiche ed esistenziali dell’umanità”, tutti quei luoghi dove vivono “brandelli di umanità senza speranza”. E prosegue.

Si tratta di non adagiarsi sui comodi e abituali modi di evangelizzazione e di testimonianza della carità, ma di aprire le porte del nostro cuore e delle nostre comunità a tutti, perché il Vangelo non è riservato a pochi eletti. Anche quanti stanno ai margini, perfino coloro che sono respinti e disprezzati dalla società, sono considerati da Dio degni del suo amore.   

E Francesco confida che ieri sera è riuscito a parlare al telefono con un anziano sacerdote italiano, da anni missionario in Brasile accanto agli esclusi e ai poveri e che ora vive nella pace la sua vecchiaia. “Ha bruciato la sua vita con i poveri – dice il Papa-. Questa è la nostra Madre Chiesa, questo è il messaggero di Dio che va agli incroci dei cammini”.

Dio dunque apparecchia per tutti, ma pone ai suoi invitati una condizione, quella di indossare l’abito nuziale, ai tempi di Gesù una specie di mantellina che ogni invitato riceveva in dono all’entrata. Tra i seduti al banchetto della parabola uno non la indossa: rifiutando il dono si è escluso da solo e il re non può che gettarlo fuori.

Quest’uomo ha accolto l’invito, ma poi ha deciso che esso non significava nulla per lui: era una persona autosufficiente, non aveva alcun desiderio di cambiare o di lasciare che il Signore lo aiutasse. Questa mantellina, l’abito nuziale simboleggia la misericordia che Dio ci dona gratuitamente. La grazia. L’invito di Dio, anche che ti porti Dio alla festa, è una grazia. Senza grazia tu non puoi fare un passo nella vita cristiana. Tutto è grazia. Non basta accettare l’invito a seguire il Signore, occorre essere disponibili a un cammino di conversione, che cambia il cuore.

La misericordia di Dio è un dono del suo amore, afferma Francesco, è la grazia che va accolta “con stupore e con gioia”. Il Papa conclude rivolgendo una preghiera a Maria Santissima perché aiuti tutti noi a fare come i servi della parabola, ad “uscire dai nostri schemi e dalle nostre vedute ristrette” per annunciare a tutti l’amore gratuito del Signore.

Al termine della preghiera mariana dell’Angelus, Francesco questa domenica prega per quanti da giorni sono in pericolo a causa del conflitto nella regione del Nagorno-Karabakh dove la tregua raggiunta risulta troppo fragile.

E’ forte il dolore che Francesco esprime nella sua riflessione al termine dell’Angelus, per la fragilità della tregua per motivi umanitari tra Armenia e Azerbaigian che, da ieri, avevano avviato un cessate il fuoco a mezzogiorno dopo la ripresa delle ostilità, lo scorso 27 settembre, a causa dello status della regione contesa del Nagorno-Karabakh.

La speranza espressa è sempre quella del raggiungimento di un accordo di pace: Ho apprezzato che tra Armenia e Azerbaigian sia stato concordato un cessate il fuoco per motivi umanitari, in vista del raggiungimento di un sostanziale accordo di pace. Nonostante la tregua si dimostri troppo fragile, incoraggio a riprenderla ed esprimo partecipazione al dolore per la perdita di vite umane, per le sofferenze patite, nonché per la distruzione di abitazioni e luoghi di culto. Prego e invito a pregare per le vittime e per tutti coloro la cui vita è in pericolo.

Papa Francesco esprime poi la sua vicinanza alle popolazioni colpite dagli incendi che stanno devastando “tante regioni del pianeta”, come la costa occidentale degli Stati Uniti, in particolare la California, come anche le regioni centrali del Sud America,”la zona del Pantanal, il Paraguay, le rive del fiume Paraná, l’Argentina”. Il pensiero del Papa va quindi ai volontari e ai vigili del fuoco che rischiano la vita per estinguere i roghi, da qui il suo appello:

Molti incendi sono causati dalla persistente siccità, ma non mancano quelli provocati dall’uomo. Il Signore sostenga quanti stanno soffrendo le conseguenze di queste catastrofi e ci renda attenti a preservare la Creazione.

Parte dall’intenzione di preghiera per il mese di ottobre è  per rinnovare la richiesta che “i fedeli laici, specialmente le donne, partecipino maggiormente nelle istituzioni di responsabilità della Chiesa”.

Perché nessuno di noi è stato battezzato prete né vescovo: siamo stati tutti battezzati come laici e laiche. I laici sono protagonisti della Chiesa. Oggi, prosegue, “c’è ancora bisogno di allargare gli spazi di una presenza femminile più incisiva nella Chiesa, e di una presenza laica, si intende, ma sottolineando l’aspetto femminile, perché in genere le donne vengono messe da parte”:

Dobbiamo promuovere l’integrazione delle donne nei luoghi in cui si prendono le decisioni importanti. Preghiamo affinché, in virtù del battesimo, i fedeli laici, specialmente le donne, partecipino maggiormente nelle istituzioni di responsabilità nella Chiesa, senza cadere nei clericalismi che annullano il carisma laicale e rovinano anche il volto della Santa Madre Chiesa.

Papa Francesco è poi andato col pensiero alla beatificazione, ieri ad Assisi, di Carlo Acutis, “ragazzo 15.enne innamorato dell’Eucaristia” che non si “è adagiato in un comodo immobilismo, ma ha colto i bisogni del suo tempo, perché nei più deboli vedeva il volto di Cristo”. La testimonianza di Carlo Acutis, che il Papa definisce “nuovo giovane beato millennial”, è quindi un esempio per i ragazzi tutti ai quali indica che “la vera felicità si trova mettendo Dio al primo posto e servendolo nei fratelli, specialmente gli ultimi”.

Il Papa ha concluso la sua riflessione al termine dell’Angelus, con l’incoraggiamento alla iniziativa per l’unità e la pace promossa dalla Fondazione ‘Aiuto alla Chiesa che soffre’ che si svolgerà domenica prossima, 18 ottobre. ‘Un milione di bambini recita il Rosario’ questo il titolo della manifestazione che, ha spiegato il Papa, “coinvolge i bambini di tutto il mondo, i quali pregheranno specialmente per le situazioni di criticità causate dalla pandemia”.




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