Papa Francesco in Iraq: stop alle violenze ed alle intolleranze

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Papa Francesco, nel primo discorso di una visita “a lungo attesa e desiderata”, a 150 rappresentanti delle autorità irachene, società civile, e corpo diplomatico, nel salone del Palazzo presidenziale di Baghdad, ribadisce i grandi temi del Documento sulla fratellanza umana di Abu Dhabi, della più recente enciclica Fratelli tutti, per “costruire il futuro” del Paese, dopo guerre e pandemia, “più su quanto ci unisce che su quanto ci divide”.
Il Papa, accolto dal volo di centinaia di colombe nel grande piazzale del “Palazzo della Repubblica”, prende la parola dopo il presidente iracheno Barham Ahmed Salih Qassim, e ricorda come in Iraq sia nata la civiltà “strettamente legata, attraverso il Patriarca Abramo e numerosi profeti, alla storia della salvezza”. Nel salutare tutti i presenti, sottolinea prima di tutto, di venire “come pellegrino” per incoraggiare pastori, religiosi e fedeli della Chiesa Cattolica “nella loro testimonianza di fede, speranza e carità in mezzo alla società irachena”.
l Pontefice ricorda poi la lotta mondiale contro la crisi della pandemia da Covid-19, “che non ha solo colpito la salute di tante persone, ma ha anche provocato il deterioramento di condizioni sociali ed economiche già segnate da fragilità e instabilità”. Una crisi che richiede “sforzi comuni” per i “tanti passi necessari”, come “un’equa distribuzione dei vaccini per tutti”. E citando la Fratelli tutti, ribadisce la necessità di “ripensare i nostri stili di vita, il senso della nostra esistenza” per “uscire da questo tempo di prova migliori di come eravamo prima” e “costruire il futuro più su quanto ci unisce che su quanto ci divide”.
Guarda poi alle sofferenze dell’Iraq, Papa Francesco, che, negli scorsi decenni, “ha patito i disastri delle guerre, il flagello del terrorismo e conflitti settari” spesso causati da “un fondamentalismo” che non accetta “la pacifica coesistenza di vari gruppi etnici e religiosi, di idee e culture diverse”. Ai frutti avvelenati di “morte, distruzione, macerie tuttora visibili”, si aggiungono le “ferite dei cuori di tante persone e comunità, che avranno bisogno di anni per guarire”. Il Papa ricorda il dramma degli yazidi, vittime innocenti “di insensata e disumana barbarie”, “perseguitati e uccisi” per la loro appartenenza religiosa, mettendo a rischio la loro “stessa identità e sopravvivenza”. L’invito pressante di Papa Francesco è a riuscire “a guardarci tra noi, con le nostre differenze, come membri della stessa famiglia umana”, unico modo per poter “avviare un effettivo processo di ricostruzione e lasciare alle future generazioni un mondo migliore, più giusto e più umano”.
A questo riguardo, la diversità religiosa, culturale ed etnica, che ha caratterizzato la società irachena per millenni, è una preziosa risorsa a cui attingere, non un ostacolo da eliminare. Oggi l’Iraq è chiamato a mostrare a tutti, specialmente in Medio Oriente, che le differenze, anziché dar luogo a conflitti, devono cooperare in armonia nella vita civile.


Papa Francesco chiarisce che “la coesistenza fraterna ha bisogno del dialogo paziente e sincero, tutelato dalla giustizia e dal rispetto del diritto” e questo richiede l’impegno di tutti “per superare rivalità e contrapposizioni, e parlarsi” a partire dall’identità più profonda e comune “quella di figli dell’unico Dio e Creatore”, come sottolineava il Concilio Vaticano II. E qui Papa Francesco ricorda che la Santa Sede continua ad appellarsi alle autorità, in Iraq come altrove “perché concedano a tutte le comunità religiose riconoscimento, rispetto, diritti e protezione”. Guardando poi ai più vulnerabili e bisognosi della società, il Papa chiede di sviluppare la virtù della solidarietà, “che ci porta a compiere gesti concreti di cura e di servizio”, e pensa “a coloro che, a causa della violenza, della persecuzione e del terrorismo hanno perduto familiari e persone care, casa e beni primari”. Ma penso a tutta la gente che lotta ogni giorno in cerca di sicurezza e di mezzi per andare avanti, mentre aumentano disoccupazione e povertà. Il “saperci responsabili della fragilità degli altri” dovrebbe ispirare ogni sforzo per creare concrete opportunità sia sul piano economico sia nell’ambito dell’educazione, come pure per la cura del creato, nostra casa comune.
Una solidarietà fraterna che i responsabili politici e diplomatici sono “chiamati a promuovere”, contrastando “la piaga della corruzione, gli abusi di potere e l’illegalità”, ma anche edificando la giustizia, facendo crescere l’onestà e la trasparenza. Solo così “può crescere la stabilità e svilupparsi una politica sana” che offra a tutti, specialmente ai tanti giovani iracheni, “la speranza di un avvenire migliore”.
Il Papa si dice quindi pellegrino “penitente”, che chiede perdono “per tante distruzioni e crudeltà” e ricorda le tante preghiere “in questi anni, per la pace in Iraq!”. Parla di san Giovanni Paolo II, che “non ha risparmiato iniziative, e soprattutto ha offerto preghiere e sofferenze per questo”, che “Dio ascolta sempre! Sta a noi ascoltare Lui, camminare nelle sue vie”.
Tacciano le armi! Se ne limiti la diffusione, qui e ovunque! Cessino gli interessi di parte, quegli interessi esterni che si disinteressano della popolazione locale. Si dia voce ai costruttori, agli artigiani della pace! Ai piccoli, ai poveri, alla gente semplice, che vuole vivere, lavorare, pregare in pace. Basta violenze, estremismi, fazioni, intolleranze! “Si dia spazio – chiede il Pontefice – a tutti i cittadini che vogliono costruire insieme questo Paese”, nel dialogo e nel confronto sincero e costruttivo, a coloro che si impegnano “per la riconciliazione e per il bene comune”, mettendo da parte i propri interessi. Grazie a loro, in questi anni, “l’Iraq ha cercato di mettere le basi per una società democratica”.
È indispensabile in tal senso assicurare la partecipazione di tutti i gruppi politici, sociali e religiosi e garantire i diritti fondamentali di tutti i cittadini. Nessuno sia considerato cittadino di seconda classe. Incoraggio i passi compiuti finora in questo percorso e spero che rafforzino la serenità e la concordia.
Una promozione della pace nella quale, sottolinea Papa Francesco, “la comunità internazionale ha un ruolo decisivo”, in Iraq e in tutto il Medio Oriente, anche nella vicina Siria, per un conflitto che in questi giorni “compie ben 10 anni”. Serve “una cooperazione su scala globale” per affrontare anche le “disuguaglianze economiche e le tensioni regionali” che mettono a rischio la stabilità dei Paesi. E ringrazia gli Stati e le Organizzazioni internazionali, che si stanno adoperando per la ricostruzione dell’Iraq, per “l’assistenza ai rifugiati, agli sfollati interni” e a chi sta cercando di “ritornare nelle proprie case”. Per questo ricorda anche le tante agenzie, molte cattoliche, “che da anni assistono con grande impegno le popolazioni civili”.
Venire incontro ai bisogni essenziali di tanti fratelli e sorelle è atto di carità e di giustizia, e contribuisce a una pace duratura. Auspico che le nazioni non ritirino dal popolo iracheno la mano tesa dell’amicizia e dell’impegno costruttivo, ma continuino a operare in spirito di comune responsabilità con le Autorità locali, senza imporre interessi politici o ideologici.
In conclusione il Papa torna a citare il Documento di Abu Dhabi, per ribadire che “il nome di Dio non può essere usato” per “giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione”. Perché Dio Creatore “ci chiama a diffondere amore, benevolenza, concordia”. La Chiesa Cattolica, anche in Iraq, “desidera essere amica di tutti e, attraverso il dialogo, collaborare in modo costruttivo con le altre religioni, per la causa della pace”.
L’antichissima presenza dei cristiani in questa terra e il loro contributo alla vita del Paese costituiscono una ricca eredità, che vuole poter continuare al servizio di tutti. La loro partecipazione alla vita pubblica, da cittadini che godano pienamente di diritti, libertà e responsabilità, testimonierà che un sano pluralismo religioso, etnico e culturale può contribuire alla prosperità e all’armonia del Paese.
L’Onnipotente vi guidi sulla via della sapienza e della verità
Le parole conclusive del Papa nel Palazzo Presidenziale sono di “gratitudine” alle autorità irachene per l’impegno volto ad “edificare una società improntata all’unità fraterna, alla solidarietà e alla concordia”. Con la preghiera all’Onnipotente “di sostenervi nelle vostre responsabilità e di guidarvi tutti sulla via della sapienza, della giustizia e della verità”.n




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