Papa Francesco in visita a Roma: il discorso all’assemblea capitolina

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Papa a Roma – Una giornata storica quella di ieri per Roma Capitale. Il Campidoglio ha accolto Papa Francesco, quarto Pontefice a recarsi al colle capitolino per una visita ufficiale al Comune di Roma.

La storia millenaria della “Città eterna”, “enorme scrigno di tesori spirituali, storico-artistici e istituzionali”; il dialogo, “nel reciproco rispetto”, tra il “potere temporale e quello spirituale”; la questione del servizio, soprattutto reso a quanti sono “ai margini”, quasi scartati e dimenticati o “che sperimentano la sofferenza della malattia, dell’abbandono o della solitudine”. Sono questi i temi al centro del discorso che Papa Francesco ha scandito nell’aula Giulio Cesare all’amministrazione capitolina, durante la sua visita al Campidoglio.
“Da tempo desideravo venire in Campidoglio per incontrarvi e portarvi di persona il mio ringraziamento per la collaborazione prestata dalle Autorità cittadine a quelle della Santa Sede in occasione del Giubileo Straordinario della Misericordia, così come per la celebrazione di altri eventi ecclesiali. Essi, infatti, per il loro ordinato svolgimento e la loro buona riuscita hanno bisogno della disponibilità e dell’opera qualificata di voi, amministratori di questa Città, testimone di una storia plurimillenaria e che, accogliendo il Cristianesimo, è divenuta nel corso dei secoli il centro del Cattolicesimo” ha esordito Papa Francesco.
“Roma è la patria di una originale concezione del diritto, modellata sulla sapienza pratica del suo popolo e attraverso la quale ha irraggiato il mondo con i suoi principi e le sue istituzioni. È la Città che ha riconosciuto il valore e la bellezza della filosofia, dell’arte e in genere della cultura prodotta dall’Ellade antica e l’ha accolta e integrata al punto che la civiltà che ne è scaturita è stata giustamente definita greco-romana. Al tempo stesso, per una coincidenza che è difficile non chiamare disegno, qui hanno coronato col martirio la loro missione i santi Apostoli Pietro e Paolo, e il loro sangue, unito a quello di tanti altri testimoni, si è trasformato in seme di nuove generazioni di cristiani. Essi hanno contribuito a dare all’Urbe un nuovo volto, che, pur nel groviglio delle alterne vicissitudini storiche, con i loro drammi, luci e ombre, risplende ancora oggi per la ricchezza dei monumenti, delle opere d’arte, delle chiese e dei palazzi, il tutto disposto in maniera inimitabile sui sette colli, dei quali questo è il primo.
Roma, lungo i suoi quasi 2.800 anni di storia, ha saputo accogliere e integrare diverse popolazioni e persone provenienti da ogni parte del mondo, appartenenti alle più varie categorie sociali ed economiche, senza annullarne le legittime differenze, senza umiliare o schiacciare le rispettive peculiari caratteristiche e identità. Piuttosto ha prestato a ciascuna di esse quel terreno fertile, quell’humus adatto a far emergere il meglio di ognuna e a dar forma – nel reciproco dialogo – a nuove identità.
Questa Città ha accolto studenti e pellegrini, turisti, profughi e migranti provenienti da ogni regione d’Italia e da tanti Paesi del mondo. È diventata polo d’attrazione e cerniera. Cerniera tra il nord continentale e il mondo mediterraneo, tra la civiltà latina e quella germanica, tra le prerogative e le potestà riservate ai poteri civili e quelle proprie del potere spirituale. Si può anzi affermare che, grazie alla forza delle parole evangeliche, si è qui inaugurata quella provvida distinzione, nel rispetto reciproco e collaborativo per il bene di tutti, tra l’autorità civile e quella religiosa, che meglio si conforma alla dignità della persona umana e le offre spazi di libertà e di partecipazione.
Roma è quindi divenuta meta e simbolo per tutti coloro che, riconoscendola come capitale d’Italia e centro del Cattolicesimo, si sono incamminati verso di essa per ammirarne i monumenti e le tracce del passato, per venerare le memorie dei Martiri, per celebrare le principali feste dell’anno liturgico e per i grandi pellegrinaggi giubilari, ma anche per prestare la loro opera al servizio delle Istituzioni della Nazione italiana o della Santa Sede.
Roma, perciò, in un certo senso obbliga il potere temporale e quello spirituale a dialogare costantemente, a collaborare stabilmente nel reciproco rispetto; e richiede anche di essere creativi, tanto nella tessitura quotidiana di buone relazioni, come nell’affrontare i numerosi problemi, che la gestione di un’eredità così immensa porta necessariamente con sé.
La “Città eterna” è come un enorme scrigno di tesori spirituali, storico-artistici e istituzionali, e nel medesimo tempo è il luogo abitato da circa tre milioni di persone che qui lavorano, studiano, pregano, si incontrano e portano avanti la loro storia personale e familiare, e che sono nel loro insieme l’onore e la fatica di ogni amministratore, di chiunque si impegni per il bene comune della città.
Essa è un organismo delicato, che necessita di cura umile e assidua e di coraggio creativo per mantenersi ordinato e vivibile, perché tanto splendore non si degradi, ma al cumulo delle glorie passate si possa aggiungere il contributo delle nuove generazioni, il loro specifico genio, le loro iniziative, i loro buoni progetti.
Il Campidoglio, insieme alla Cupola michelangiolesca e al Colosseo – che da qui si possono vedere – ne sono in un certo senso gli emblemi e la sintesi. Infatti l’insieme di queste vestigia ci dice che Roma possiede una vocazione universale, portatrice di una missione e di un ideale adatto a valicare i monti e i mari e ad essere narrato a tutti, vicini e lontani, a qualsiasi popolo appartengano, qualsiasi lingua parlino e qualunque sia il colore della loro pelle. Quale Sede del Successore di San Pietro, è punto di riferimento spirituale per l’intero mondo cattolico. Ben si spiega perciò che l’Accordo di Revisione del Concordato tra Italia e Santa Sede – di cui quest’anno si celebra il 35° anniversario – affermi che «la Repubblica Italiana riconosce il particolare significato che Roma, sede vescovile del Sommo Pontefice, ha per la cattolicità» (art. 2 § 4).
Questa peculiare identità storica, culturale e istituzionale di Roma postula che l’Amministrazione capitolina sia posta in grado di governare questa complessa realtà con strumenti normativi appropriati e una congrua dotazione di risorse.
Ancora più decisivo, però, è che Roma si mantenga all’altezza dei suoi compiti e della sua storia, che sappia anche nelle mutate circostanze odierne essere faro di civiltà e maestra di accoglienza, che non perda la saggezza che si manifesta nella capacità di integrare e far sentire ciascuno partecipe a pieno titolo di un destino comune.
La Chiesa che è a Roma vuole aiutare i romani a ritrovare il senso dell’appartenenza a una comunità tanto peculiare e, grazie alla rete delle sue parrocchie, scuole e istituzioni caritative, come all’ampio ed encomiabile impegno del volontariato, collabora con i poteri civili e con tutta la cittadinanza per mantenere a questa città il suo volto più nobile, i suoi sentimenti di amore cristiano e di senso civico.
Roma esige e merita la fattiva, saggia, generosa collaborazione di tutti; merita che tanto i privati cittadini come le forze sociali e le pubbliche istituzioni, la Chiesa Cattolica e le altre Comunità religiose, tutti si pongano al servizio del bene della città e delle persone che la abitano, specialmente di quelle che per qualsiasi ragione si trovano ai margini, quasi scartate e dimenticate o che sperimentano la sofferenza della malattia, dell’abbandono o della solitudine.
Sono trascorsi 45 anni da quel Convegno che ebbe per titolo: «Le responsabilità dei cristiani di fronte alle attese di carità e di giustizia nella Diocesi di Roma», meglio noto come il Convegno “sui mali di Roma”. Esso si impegnò a tradurre in pratica le indicazioni del Concilio Vaticano II e consentì di affrontare con maggiore consapevolezza le reali condizioni delle periferie urbane, dove erano giunte masse di immigrati provenienti da altre parti d’Italia. Oggi quelle e altre periferie hanno visto l’arrivo, da tanti Paesi, di numerosi migranti fuggiti dalle guerre e dalla miseria, i quali cercano di ricostruire la loro esistenza in condizioni di sicurezza e di vita dignitosa.
Roma, città ospitale, è chiamata ad affrontare questa sfida epocale nel solco della sua nobile storia; ad adoperare le sue energie per accogliere e integrare, per trasformare tensioni e problemi in opportunità di incontro e di crescita. Roma, fecondata dal sangue dei Martiri, sappia trarre dalla sua cultura, plasmata dalla fede in Cristo, le risorse di creatività e di carità necessarie per superare le paure che rischiano di bloccare le iniziative e i percorsi possibili. Questi potrebbero far fiorire la città, affratellare e creare occasioni di sviluppo, tanto civico e culturale, quanto economico e sociale. Roma città dei ponti, mai dei muri!
Non si temano la bontà e la carità! Esse sono creative e generano una società pacifica, capace di moltiplicare le forze, di affrontare i problemi con serietà e con meno ansia, con maggiore dignità e rispetto per ciascuno e di aprirsi a nuove occasioni di sviluppo.

La Santa Sede desidera collaborare sempre più e meglio per il bene della Città, al servizio di tutti, specialmente dei più poveri e svantaggiati, per la cultura dell’incontro e per un’ecologia integrale. Essa incoraggia tutte le sue istituzioni e strutture, come pure tutte le persone e le comunità che ad essa fanno riferimento, ad impegnarsi attivamente per testimoniare l’efficacia e l’attrattiva di una fede che si fa opera, iniziativa, creatività al servizio del bene.
Formulo perciò i migliori auspici affinché tutti si sentano pienamente coinvolti per raggiungere questo obiettivo, per confermare con la chiarezza delle idee e la forza della testimonianza quotidiana le migliori tradizioni di Roma e la sua missione, e perché questo favorisca una rinascita morale e spirituale della Città.
Sindaco, cari amici, al termine di questo mio intervento, voglio affidare alla protezione di Maria Salus Populi Romani e dei santi Patroni Pietro e Paolo ognuno di voi, il vostro lavoro e i propositi di bene che vi animano. Possiate essere concordi al servizio di questa amata Città, nella quale il Signore mi ha chiamato a svolgere il ministero episcopale. Su ciascuno di voi invoco di cuore l’abbondanza delle benedizioni divine e per tutti assicuro un ricordo nella preghiera. E voi pregate per me e se qualcuno di voi non prega, almeno pensatemi bene! Grazie tante!”.

Una giornata indimenticabile per Roma, la città dei Papi che troppo spesso si impegna a dimenticare le sue origini.




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