Papa Francesco a Santa Marta è tornato a ricordare ai pastori l’importanza di dare il buon esempio.
Commentando il Vangelo di Marco dedicato a Gesù che insegnava “come uno che ha autorità”, il pontefice ha spiegato dell’incisività di quello che ha definito un “insegnamento nuovo”: la “novità” di Cristo è proprio il “dono dell’autorità” ricevuto dal Padre. Di fronte agli insegnamenti degli scribi, dei dottori della legge, che pure “dicevano la verità”, la gente “pensava a un’altra cosa”, perché quello che dicevano “non arrivava al cuore”: insegnavano “dalla cattedra e non si interessavano alla gente”. “L’insegnamento di Gesù provoca lo stupore, movimento al cuore”, perché ciò che “dà autorità” è proprio la vicinanza e Gesù “aveva autorità perché si avvicinava alla gente”, capendo problemi, dolori e peccati e tutto ciò è importantissimo e va sempre ricordato
Perché era vicino, capiva; ma, accoglieva, guariva e insegnava con vicinanza. Quello che a un pastore dà autorità o risveglia l’autorità che è data dal Padre, è la vicinanza: vicinanza a Dio nella preghiera – un pastore che non prega, un pastore che non cerca Dio ha perso parte – e la vicinanza alla gente. Il pastore staccato dalla gente non arriva alla gente con il messaggio. Vicinanza, questa doppia vicinanza. Questa è l’unzione del pastore che si commuove davanti al dono di Dio nella preghiera, e si può commuovere davanti ai peccati, al problema, alle malattie della gente: lascia commuovere il pastore.
Gli scribi avevano perso la “capacità” di commuoversi proprio perché “non erano vicini né alla gente né a Dio”. E quando si perde tale vicinanza il pastore finisce “nell’incoerenza di vita”.
Gesù è chiaro in questo: “Fate quello che dicono” – dicono la verità – “ma non quello che fanno”. La doppia vita. E’ brutto vedere pastori di doppia vita: è una ferita nella Chiesa. I pastori ammalati, che hanno perso l’autorità e vanno avanti in questa doppia vita. Ci sono tanti modi diportare avanti la doppia vita: ma è doppia … E Gesù è molto forte con loro. Non solo dice alla gente di ascoltarli ma non fare quello che fanno, ma a loro cosa dice? “Ma voi siete sepolcri imbiancati”: bellissimi nella dottrina, da fuori. Ma dentro, putredine. Questa è la fine del pastore che non ha vicinanza con Dio nella preghiera e con la gente nella compassione.
Il Vescovo di Roma ha poi tiproposto le figure di Anna, che prega il Signore di avere un figlio maschio, e del sacerdote, il “vecchio Eli”, che “era un debole, aveva perso la vicinanza, a Dio e alla gente”: aveva ritenuto Anna un’ubriaca. Ella invece stava pregando nel suo cuore, muovendo soltanto le labbra. Fu lei a spiegare ad Eli di essere “amareggiata” e che a parlare era stato “l’eccesso” del proprio “dolore” e della propria “angoscia”. E mentre lei parlava, Eli fu “capace di avvicinarsi a quel cuore”, fino a dirle di andare in pace: “il Dio di Israele ti conceda quello che gli hai chiesto”. Si rese conto, osserva il Papa, “di avere sbagliato” facendo uscire dal suo cuore “la benedizione e la profezia”, perché poi Anna partorì Samuele.
Io dirò ai pastori che hanno vissuto la vita staccati da Dio e dal popolo, dalla gente: “Ma, non perdere la speranza. Sempre c’è la possibilità. A questo è stato sufficiente guardare, avvicinarsi a una donna, ascoltarla e risvegliare l’autorità per benedire e profetizzare; quella profezia è stata fatta e il figlio alla donna è venuto”. L’autorità: l’autorità, dono di Dio. Solo viene da Lui. E Gesù la dà ai suoi. Autorità nel parlare, che viene dalla vicinanza con Dio e con la gente, sempre tutti e due insieme. Autorità che è coerenza, non doppia vita. E’ autorità, e se un pastore la perde almeno non perda la speranza, come Eli: sempre c’è tempo di avvicinarsi e risvegliare l’autorità e la profezia.