Papa Francesco sottolinea: Per Gesù siamo amici e ci chiede di vivere nel suo amore

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Papa Francesco al Regina Coeli ci pone una domanda: Qual è l’amore in cui Gesù ci dice di rimanere per avere la sua gioia?
«Come il Padre mi ha amato me, anche io ho amato voi» (Gv 15,9). L’amore che Gesù ci dona è lo stesso con il quale il Padre ama Lui: amore puro, incondizionato, amore gratuito. Non si può comprare, è gratuito. Donandolo a noi, Gesù ci tratta da amici – con questo amore -, facendoci conoscere il Padre, e ci coinvolge nella sua stessa missione per la vita del mondo.


Come si fa, a rimanere in questo amore? La risposta, ricorda il Pontefice, si lega al comandamento che ci ha lasciato Gesù: “Che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”. Ecco le risposte del Papa.
Nel Vangelo di questa domenica (Gv 15,9-17) Gesù, dopo aver paragonato Sé stesso alla vite e noi ai tralci, spiega qual è il frutto che portano coloro che rimangono uniti a Lui: questo frutto è l’amore. Riprende ancora il verbo-chiave: rimanere. Ci invita a rimanere nel suo amore perché la sua gioia sia in noi e la nostra gioia sia piena (vv. 9-11). Rimanere nell’amore di Gesù.
Ci chiediamo: qual è questo amore in cui Gesù ci dice di rimanere per avere la sua gioia? Qual è questo amore? È l’amore che ha origine nel Padre, perché «Dio è amore» (1 Gv 4,8). Questo amore di Dio, del Padre, come un fiume scorre nel Figlio Gesù e attraverso di Lui arriva a noi sue creature. Egli dice infatti: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi» (Gv 15,9). L’amore che Gesù ci dona è lo stesso con il quale il Padre ama Lui: amore puro, incondizionato, amore gratuito. Non si può comprare, è gratuito. Donandolo a noi, Gesù ci tratta da amici – con questo amore –, facendoci conoscere il Padre, e ci coinvolge nella sua stessa missione per la vita del mondo.
E poi, possiamo farci la domanda, come si fa a rimanere in questo amore? Dice Gesù: «Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore» (v. 10). I suoi comandamenti Gesù li ha riassunti in uno solo, questo: «Che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (v. 12). Amare come ama Gesù significa mettersi al servizio, al servizio dei fratelli, così come ha fatto Lui nel lavare i piedi ai discepoli. Significa anche uscire da sé, distaccarsi dalle proprie sicurezze umane, dalle comodità mondane, per aprirsi agli altri, specialmente di chi ha più bisogno. Significa mettersi a disposizione, con ciò che siamo e ciò che abbiamo. Questo vuol dire amare non a parole ma con i fatti.
Amare come Cristo significa dire di no ad altri “amori” che il mondo ci propone: amore per il denaro – chi ama il denaro non ama come ama Gesù –, amore per il successo, la vanità, per il potere…. Queste strade ingannevoli di “amore” ci allontanano dall’amore del Signore e ci portano a diventare sempre più egoisti, narcisisti, prepotenti. E la prepotenza conduce a una degenerazione dell’amore, ad abusare degli altri, a far soffrire la persona amata. Penso all’amore malato che si trasforma in violenza – e quante donne sono vittime oggigiorno di violenze. Questo non è amore. Amare come ci ama il Signore vuol dire apprezzare la persona che ci sta accanto, rispettare la sua libertà, amarla così com’è, non come noi vogliamo che sia; come è, gratuitamente. In definitiva, Gesù ci chiede di rimanere nel suo amore, abitare nel suo amore, non nelle nostre idee, non nel culto di noi stessi. Chi abita nel culto di sé stesso, abita nello specchio: sempre a guardarsi. Ci chiede di uscire dalla pretesa di controllare e gestire gli altri. Non controllare, servirli. Aprire il cuore agli altri, questo è amore, e donarci agli altri.
Cari fratelli e sorelle, dove conduce questo rimanere nell’amore del Signore? Dove ci conduce? Ce lo ha detto Gesù: «Perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (v. 11). E la gioia che il Signore possiede, perché è in totale comunione col Padre, vuole che sia anche in noi in quanto uniti a Lui. La gioia di saperci amati da Dio nonostante le nostre infedeltà ci fa affrontare con fede le prove della vita, ci fa attraversare le crisi per uscirne migliori. È nel vivere questa gioia che consiste il nostro essere veri testimoni, perché la gioia è il segno distintivo del vero cristiano. Il vero cristiano non è triste, sempre ha quella gioia dentro, anche nei momenti brutti.
Ci aiuti la Vergine Maria a rimanere nell’amore di Gesù e a crescere nell’amore verso tutti, testimoniando la gioia del Signore risorto.
Dopo il Regina Coeli saluti ed appelli: “Seguo con particolare preoccupazione gli eventi che stanno accadendo a Gerusalemme. Prego affinché essa sia luogo di incontro e non di scontri violenti, luogo di preghiera e di pace. Invito tutti a cercare soluzioni condivise affinché l’identità multireligiosa e multiculturale della Città Santa sia rispettata e possa prevalere la fratellanza. La violenza genera solo violenza. Basta con gli scontri”.
Nella notte tra domenica e lunedì sono avvenuti disordini e scontri tra palestinesi e polizia israeliana all’ingresso della Città Vecchia di Gerusalemme, con almeno 100 persone che sono rimaste ferite e 14 sono state portate in ospedale. La polizia israeliana ha riferito che ci sono stati una ventina di soldati e almeno un agente feriti. Le autorità islamiche stimano che ci fossero 90.000 persone radunate per le preghiere notturne nella moschea di al-Aqsa, il terzo luogo più sacro dell’Islam, per festeggiare Laylat al-Qadr, che commemora la notte in cui il Corano fu rivelato per la prima volta al profeta Maometto. Un razzo è stato lanciato da Gaza nel sud di Israele. Non si hanno notizie di danni o vittime. In risposta l’aviazione ha colpito una postazione militare di Hamas nella Striscia.
Quindi Papa Francesco ha ricordato l’Afghanistan: “E preghiamo anche per le vittime dell’attentato terroristico avvenuto ieri a Kabul: un’azione disumana che ha colpito tante ragazzine mentre uscivano da scuola. Preghiamo per ognuna di loro e per le loro famiglie. E che Dio doni pace all’Afghanistan”.
Sono almeno 50 le persone che hanno perso la vita nelle esplosioni in una scuola femminile nella zona occidentale di Kabul. A fornire l’aggiornamento rispetto al primo dato di 30 vittime è stato il portavoce del ministero degli Interni, che ha specificato che altre due bombe sono state fatte esplodere dopo la prima: le studentesse, impaurite per l’improvvisa deflagrazione, sono fuggite dall’edificio in preda al panico rimanendo uccise proprio dalle successive”.
Il presidente afghano Ashraf Ghani ha comunque accusato i talebani di essere responsabili dell’escalation di violenza che sta attraversando il Paese: “Dimostrano – ha detto – di non aver alcun interesse per una soluzione pacifica della crisi attuale”. L’obiettivo e l’orario sono stati scelti proprio per massimizzare il numero di vittime: le studentesse stavano uscendo dalla scuola, e i residenti erano in strada a fare acquisti per la festa musulmana di Eid al-Fitr, che, settimana prossima, segnerà la fine del mese di digiuno del Ramadan.
“Inoltre”, ha aggiunto Papa Francesco, “voglio esprimere la mia preoccupazione per le tensioni e gli scontri violenti in Colombia, che hanno provocato morti e feriti. Sono tanti i colombiani qui, preghiamo per la vostra patria”.
Per concludere l’omaggio ad Angelo Livatino: “Oggi, ad Agrigento, è stato beatificato Rosario Angelo Livatino, martire della giustizia e della fede. Nel suo servizio alla collettività come giudice integerrimo, che non si è lasciato mai corrompere, si è sforzato di giudicare non per condannare ma per redimere. Il suo lavoro lo poneva sempre “sotto la tutela di Dio”; per questo è diventato testimone del Vangelo fino alla morte eroica. Il suo esempio sia per tutti, specialmente per i magistrati, stimolo ad essere leali difensori della legalità e della libertà. Un applauso al nuovo Beato!”,
“Una giustizia sostenuta dalla credibilità di chi per la giustizia si spende fino a dare la vita”, ha detto il cardinale Semeraro in una intensa omelia per celebrare Livatino. Ricordando quelle tre lettere “STD, Sub Tutela Dei”, che Livatino “scriveva in pagine particolari e qualche volta ha scritto sovrastato dal segno della Croce”, il cardinale ha affermato: “Livatino è morto perdonando, come Gesù, i suoi uccisori. È il valore autentico delle sue ultime parole dove risentiamo l’eco del lamento di Dio: popolo mio, che cosa ti ho fatto”. Non “un rimprovero”, né “una sentenza di condanna”, ma “un invito sofferto a riflettere sulle proprie azioni, a ripensare la propria vita, cioè a convertirsi”.
Saluto di cuore tutti voi, romani e pellegrini. Grazie per la vostra presenza! In particolare, saluto le persone affette da fibromialgia: esprimo loro la mia vicinanza e auspico che cresca l’attenzione a questa patologia a volte trascurata.
E non possono mancare le mamme! In questa domenica, in numerosi Paesi si celebra la festa della mamma. Salutiamo tutte le mamme del mondo, anche quelle che non ci sono più. Un applauso alle mamme!
Come non ricordare, in quest’occasione, le parole pronunciate da Papa Francesco all’udienza generale del 7 gennaio del 2015,
“Noi non siamo orfani, abbiamo una madre! La Madonna, la madre Chiesa, e la nostra mamma. Non siamo orfani, siamo figli della Chiesa, siamo figli della Madonna, e siamo figli delle nostre madri”.
Quindi aggiunse: “Un saluto affettuoso alle mamme, autentiche “colonne” che spesso hanno un ruolo cruciale nella trasmissione della fede e di valori fondamentali. Un augurio anche alle “mamme delle mamme”, alle nonne che sono “un prolungamento” delle madri. Un bacio grande a tutte le mamme.




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