Papa – Messa del venerdì santo – Tutto passa tranne Dio

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Papa – È il giorno della Passione del Signore. Domina il silenzio fra i circa 3500 fedeli radunati nella Basilica di San Pietro, mentre il Papa incede lentamente verso l’altare della Confessione. Francesco prende poi posto di fronte alla statua di San Pietro e ha inizio la liturgia della Parola.

Le pagine del Vangelo di Giovanni raccontano l’arresto di Gesù e tutti gli eventi che seguono, fino alla morte sulla croce e alla sepoltura. Ma è sul colloquio con Pilato che si sofferma il cardinale Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, al quale è affidata l’omelia del Venerdì Santo.

Gesù: la Verità

“Cos’è la verità?”, aveva chiesto il governatore della Giudea a Gesù che gli aveva rivelato di essere venuto nel mondo “per dare testimonianza alla verità”. Il procuratore romano è scettico di fronte alle parole del Nazareno, ne scansa il significato. Anche oggi, come in passato, l’uomo continua a domandarsi cosa sia la verità, commenta padre Cantalamessa, ma, come Pilato, volta distrattamente le spalle a colui che ha detto “Io sono la Verità!”. Sviluppando la sua riflessione, il predicatore della Casa Pontificia guarda poi all’oggi e afferma: “Quest’anno celebriamo la Pasqua non al suono gioioso di campane, ma con il rumore sinistro di bombe ed esplosioni devastanti che avvengono non lontano da qui. Ricordiamo quello che rispose un giorno Gesù alla notizia del sangue fatto scorrere da Pilato, e del crollo della torre di Siloe: “Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo”. Se non cambiate le vostre lance in falci, le vostre spade in aratri, i vostri missili in fabbriche e case, perirete tutti allo stesso modo!”.

La vera Pasqua

E ancora, riguardo agli ultimi eventi di cronaca, il porporato avverte che “gli assetti del mondo possono cambiare da un giorno all’altro”, che “tutto passa, tutto invecchia” e aggiunge: “C’è un solo modo di sottrarsi alla corrente del tempo che trascina tutto dietro di sé: passare a ciò che non passa! Mettere i piedi sulla terra ferma! Pasqua significa passaggio: facciamo tutti quest’anno una vera Pasqua, Venerabili Padri, fratelli e sorelle: passiamo a Colui che non passa. Passiamo ora con il cuore, prima di passare anche con il corpo!”.

Il discorso su Dio

Padre Cantalamessa osserva che negli odierni dibattiti su religione e scienza, su fede e ateismo, non viene mai fatto il nome di Gesù, come se nel mondo non fosse mai esistito. Ne consegue che “la parola ‘Dio’ diventa un contenitore vuoto che ognuno può riempire a proprio piacimento. E Gesù, “la Verità che si è fatta carne”, viene lasciato fuori dal discorso su Dio, perché “toglie all’orgoglio umano ogni pretesto per decidere, lui, che cos’è Dio”. Si dubita persino della sua esistenza. E a tal proposito, il predicatore della Casa Pontificia prende in prestito una lettera dello scrittore John Ronald Tolkien al figlio, per obiettare che “occorre una stupefacente volontà di non credere per supporre che Gesù non è mai esistito o che non abbia detto lui le parole che gli vengono attribuite, tanto esse sono impossibili a inventarsi da nessun altro essere al mondo, come: ‘Prima che Abramo fosse, Io sono’; e ‘Chi vede me vede il Padre’”.

La Risurrezione di Cristo è la promessa del trionfo del bene

Oggi, prosegue padre Cantalamessa, c’è chi pensa, persino, che la verità non esiste, che tutto è relativo e nulla e certo, che “non c’è più spazio per ‘le grandi narrazioni sul mondo e sulla realtà’, comprese quelle su Dio e su Cristo. Ma è sprecata la vita di quell’uomo che non si rende conto dell’esistenza di Dio, sottolinea il predicatore della Casa Pontificia citando Søeren Kierkegaard. E se si dice che c’è troppa ingiustizia e troppa sofferenza nel mondo per credere in Dio, padre Cantalamessa considera:

“È vero, ma pensiamo a quanto più assurdo e intollerabile diventa il male che ci circonda, senza la fede in un trionfo finale della verità e del bene. La Risurrezione di Gesù dai morti che celebreremo fra due giorni è la promessa e la garanzia che quel trionfo ci sarà, perché è già cominciato con lui”.

Piangere dei propri peccati

Per il predicatore della Casa Pontificia, infine, il dialogo di Gesú con Pilato offre anche una riflessione per i credenti. E sono ancora considerazioni dello scrittore Tolkien a suggerire risposte. Pensando a quegli uomini di Chiesa e a quei sacerdoti che hanno squalificato il nome di Cristo con orrendi misfatti, abbandonare la fede sarebbe una soluzione di comodo “perché ci spinge a distogliere lo sguardo da noi stessi e dalle nostre colpe e trovare un capro espiatorio”, e invece c’è da “piangere con le vittime e per le vittime dei nostri peccati”.




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