Papa – All’udienza generale Francesco invita a guardare alla vecchiaia come una risorsa e a scoprire nei ritmi lenti degli anziani la bellezza della vita nelle diverse stagioni dell’esistenza.
È la longevità il tema che Francesco sviluppa nella sua seconda catechesi dedicata alla vecchiaia. Lo spunto è la narrazione, nella Genesi, della secolare vita di Adamo e della sua discendenza, che il Papa richiama per parlare poi del confronto fra padri, figli e nonni. Al centro di tutto è “la vita umana, immersa nella tensione fra la sua origine ‘a immagine e somiglianza’ di Dio e la fragilità della sua condizione mortale”, una relazione da scoprire che richiede tempo, “in cui è indispensabile il sostegno reciproco tra le generazioni, per decifrare le esperienze e confrontarsi con gli enigmi della vita”.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Nel racconto biblico delle genealogie dei progenitori colpisce subito la loro enorme longevità: si parla di secoli! Quando incomincia, qui, la vecchiaia? Ci si domanda. E che cosa significa il fatto che questi antichi padri vivono così a lungo dopo aver generato i figli? Padri e figli vivono insieme, per secoli! Questa cadenza secolare dei tempi, narrata con stile rituale, conferisce al rapporto fra longevità e genealogia un significato simbolico forte, molto forte.
È come se la trasmissione della vita umana, così nuova nell’universo creato, chiedesse una lenta e prolungata iniziazione. Tutto è nuovo, agli inizi della storia di una creatura che è spirito e vita, coscienza e libertà, sensibilità e responsabilità. La nuova vita – la vita umana –, immersa nella tensione fra la sua origine “a immagine e somiglianza” di Dio e la fragilità della sua condizione mortale, rappresenta una novità tutta da scoprire. E chiede un lungo tempo di iniziazione, in cui è indispensabile il sostegno reciproco tra le generazioni, per decifrare le esperienze e confrontarsi con gli enigmi della vita. In questo lungo tempo, lentamente, viene coltivata anche la qualità spirituale dell’uomo.
In un certo senso, ogni passaggio d’epoca, nella storia umana, ci ripropone questa sensazione: è come se dovessimo riprendere da capo e con calma le nostre domande sul senso della vita, quando lo scenario della condizione umana appare affollato di esperienze nuove e di interrogativi inediti. Certo, l’accumulo della memoria culturale accresce la dimestichezza necessaria ad affrontare i passaggi inediti. I tempi della trasmissione si riducono; ma i tempi dell’assimilazione chiedono sempre pazienza. L’eccesso di velocità, che ormai ossessiona tutti i passaggi della nostra vita, rende ogni esperienza più superficiale e meno “nutriente”. I giovani sono vittime inconsapevoli di questa scissione fra il tempo dell’orologio, che vuole essere bruciato, e i tempi della vita, che richiedono una giusta “lievitazione”. Una vita lunga permette di sperimentare questi tempi lunghi, e i danni della fretta.
La vecchiaia, certamente, impone ritmi più lenti: ma non sono solo tempi di inerzia. La misura di questi ritmi apre, infatti, per tutti, spazi di senso della vita sconosciuti all’ossessione della velocità. Perdere il contatto con i ritmi lenti della vecchiaia chiude questi spazi per tutti. È in questo orizzonte che ho voluto istituire la festa dei nonni, nell’ultima domenica di luglio. L’alleanza tra le due generazioni estreme della vita – i bambini e gli anziani – aiuta anche le altre due – i giovani e gli adulti – a legarsi a vicenda per rendere l’esistenza di tutti più ricca in umanità. Ci vuole dialogo fra le generazioni: se non c’è dialogo tra giovani e anziani, tra adulti, se non c’è dialogo, ogni generazione rimane isolata e non può trasmettere il messaggio. Un giovane che non è legato alle sue radici, che sono i nonni, non riceve la forza – come l’albero ha la forza dalle radici – e cresce male, cresce ammalato, cresce senza riferimenti. Per questo bisogna cercare, come un’esigenza umana, il dialogo tra le generazioni. E questo dialogo è importante proprio tra nonni e nipoti, che sono i due estremi.
Immaginiamo una città in cui la convivenza delle diverse età faccia parte integrante del progetto globale del suo habitat. Pensiamo al formarsi di rapporti affettuosi tra vecchiaia e giovinezza che si irradiano sullo stile complessivo delle relazioni. La sovrapposizione delle generazioni diventerebbe fonte di energia per un umanesimo realmente visibile e vivibile. La città moderna è tendenzialmente ostile agli anziani (e non per caso lo è anche per i bambini). Questa società che ha questo spirito dello scarto e scarta tanti bambini non voluti, scarta i vecchi: li scarta, non servono e li mette alla casa per anziani, al ricovero… L’eccesso di velocità ci mette in una centrifuga che ci spazza via come coriandoli. Si perde completamente lo sguardo d’insieme. Ciascuno si aggrappa al proprio pezzetto, che galleggia sui flussi della città-mercato, per la quale i ritmi lenti sono perdite e la velocità è denaro. L’eccesso di velocità polverizza la vita, non la rende più intensa. E la saggezza richiede di “perdere tempo”. Quando tu torni a casa e vedi il tuo figlio, tua figlia bambina e “perdi tempo”, ma questo colloquio è fondamentale per la società. E quando tu torni a casa e c’è il nonno o la nonna che forse non ragiona bene o, non so, ha perso un po’ la capacità di parlare, e tu stai con lui o con lei, tu “perdi tempo”, ma questo “perdere tempo” fortifica la famiglia umana. È necessario spendere il tempo – un tempo che non è reddituale – con i bambini e con i vecchi, perché loro ci danno un’altra capacità di vedere la vita.
La pandemia, nella quale siamo ancora costretti ad abitare, ha imposto – molto dolorosamente, purtroppo – una battuta d’arresto al culto ottuso della velocità. E in questo periodo i nonni hanno fatto da argine alla “disidratazione” affettiva dei più piccoli. L’alleanza visibile delle generazioni, che ne armonizza i tempi e i ritmi, ci restituisce la speranza di non abitare la vita invano. E restituisce a ciascuno l’amore per la nostra vita vulnerabile, sbarrando la strada all’ossessione della velocità, che semplicemente la consuma. La parola chiave qui è “perdere tempo”. A ognuno di voi chiedo: tu sai perdere il tempo, o tu sei sempre affrettato dalla velocità? “No, sono di fretta, non posso …”? Sai perdere il tempo con i nonni, con i vecchi? Sai perdere il tempo giocando con i tuoi figli, con i bambini? Questa è la pietra di paragone. Pensate un po’. E questo restituisce a ciascuno l’amore per la nostra vita vulnerabile, sbarrando – come ho detto – la strada all’ossessione della velocità, che semplicemente la consuma. I ritmi della vecchiaia sono una risorsa indispensabile per cogliere il senso della vita segnata dal tempo. I vecchi hanno i loro ritmi, ma sono ritmi che ci aiutano. Grazie a questa mediazione, si fa più credibile la destinazione della vita all’incontro con Dio: un disegno che è nascosto nella creazione dell’essere umano “a sua immagine e somiglianza” ed è sigillato nel farsi uomo del Figlio di Dio.
Oggi si verifica una maggiore longevità della vita umana. Questo ci offre l’opportunità di accrescere l’alleanza tra tutti i tempi della vita. Tanta longevità, ma dobbiamo fare più alleanza. E anche ci aiuta a crescere l’alleanza con il senso della vita nella sua interezza. Il senso della vita non è soltanto nell’età adulta, da 25 anni a 60. Il senso della vita è tutto, dalla nascita alla morte e tu dovresti essere capace di interloquire con tutti, anche avere rapporti affettivi con tutti, così la tua maturità sarà più ricca, più forte. E anche ci offre questo significato della vita, che è tutta intera. Lo Spirito ci conceda l’intelligenza e la forza per questa riforma: ci vuole una riforma. La prepotenza del tempo dell’orologio dev’essere convertita alla bellezza dei ritmi della vita. Questa è la riforma che dobbiamo fare nei nostri cuori, nella famiglia e nella società. Ripeto: riformare, cosa? Che la prepotenza del tempo dell’orologio diventi convertita alla bellezza dei ritmi della vita. Convertire la prepotenza del tempo, che sempre ci affretta, ai ritmi propri della vita. L’alleanza delle generazioni è indispensabile. In una società dove i vecchi non parlano con i giovani, i giovani non parlano con i vecchi, gli adulti non parlano con i vecchi né con i giovani, è una società sterile, senza futuro, una società che non guarda all’orizzonte ma guarda sé stessa. E diventa sola. Dio ci aiuti a trovare la musica adatta per questa armonizzazione delle diverse età: i piccoli, i vecchi, gli adulti, tutti insieme: una bella sinfonia di dialogo.