Vaticano – Il caso Mary Collins

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Mary Collins si è dimessa dalla commissione internazionale contro gli abusi del clero voluta da papa Francesco, di cui faceva parte dalla sua fondazione. Nella sua lettera di dimissioni inviata a Papa Francesco, la Collins ha parlato di “frustrazione per la mancanza di cooperazione con la Commissione da altri uffici della Curia romana”.
“A nome dei membri della commissione – ha commentato in una nota il cardinale Sean Patrick ÒMalley, presidente della commissione – ho espresso a Marie Collins i nostri più sinceri ringraziamenti per lo straordinario contributo che apportato da membro fondatore della commissione. Ascolteremo sicuramente con attenzione le preoccupazioni che Marie ha voluto condividere con noi, questioni che la raccoglie commissione – specifica – avrà l’opportunità di discutere durante la riunione plenaria il mese prossimo”.
Dal canto suo Zollner ha così commentato quanto accaduto: “A mio avviso non c’è un motivo specifico che ha portato Collins alle dimissioni, piuttosto si tratta di un insieme di molteplici delusioni, la frustrazione per un lavoro che procede troppo a rilento”.
Hans Zollner, gesuita, preside dell’Istituto di psicologia dell’Università Gregoriana, direttore del Centro per la protezione dell’infanzia e membro della Pontificia commissione per la protezione dei minori istituita da papa Francesco, ha lavorato per tre anni a stretto contatto con Marie Collins, la vittima di abusi sessuali commessi da un prete che si è dimessa dalla Commissione Pontificia istituita da papa Francesco per combattere la pedofilia ed ha commentato con chiarezza quanto accaduto.
“Credo che il problema sia maggiormente relativo a una certa lentezza del lavoro vaticano rispetto alle aspettative della Collins. Per questo ha deciso di farsi da parte. Per lei era intollerabile che i tempi si facessero lunghi, che a certe domande non vi fossero risposte. Ma nelle stesse dichiarazioni che ha fatto si capisce come il suo non sia un atto di diniego verso il Vaticano”.
Infatti ha aggiunto il prelato: “la stessa Collins crede ancora in questo lavoro, nel lavoro della Commissione, tant’è che si è resa disponibile a girare il mondo, e gli stessi dicasteri vaticani, per parlare della sua esperienza. Continuerà a collaborare con noi, lei stessa lo vuole. E questo è un dato importante”.
Poi però le dimissioni. “Ha comunicato la propria intenzione al presidente della Commissione, il cardinale Sean O’Malley, lo scorso 13 febbraio, annunciando che le dimissioni sarebbero partite dal primo marzo. Ieri O’Malley ha diffuso una dichiarazione in cui, a nome di tutti i membri dell’organismo voluto da papa Bergoglio per rafforzare la tutela dei minori dagli abusi, esprime “ringraziamento sincero per lo straordinario contributo da lei dato come membro fondatore della Commissione”. O’Malley ha anche detto che certamente ascolteremo attentamente tutto ciò che Marie desidera condividere con noi circa le sue preoccupazioni e ci mancherà moltissimo il suo contributo come membro della Commissione”.

Una commissione fortemente voluta dallo stesso papa Francesco che nel febbraio 2015 così scriveva una lettera indirizzata ai presidenti delle conferenze episcopali ed ai superiori degli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica: “Nel marzo dell’anno scorso ho istituito la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori,
annunciata già nel dicembre 2013, con lo scopo di offrire proposte e iniziative orientate a
migliorare le norme e le procedure per la protezione di tutti i minori e degli adulti vulnerabili, e ho
chiamato a farne parte personalità altamente qualificate e note per il loro impegno in questo
campo. Nel luglio successivo, l’incontro con alcune persone che hanno subito abusi sessuali da parte di sacerdoti mi ha offerto l’occasione di essere diretto e commosso testimone dell’intensità delle loro
sofferenze e della solidità della loro fede. Ciò mi ha ulteriormente confermato nella convinzione
che occorre continuare a fare tutto il possibile per sradicare dalla Chiesa la piaga degli abusi
sessuali sui minori e aprire una via di riconciliazione e di guarigione in favore di coloro che sono
stati abusati.
Per questi motivi, lo scorso dicembre ho aggiunto alla Commissione alcuni nuovi membri, in
rappresentanza delle Chiese particolari di tutto il mondo. E fra pochi giorni, tutti i membri si
incontreranno a Roma per la prima volta.
In questo contesto, ritengo che la Commissione potrà essere un nuovo, valido ed efficace
strumento per aiutarmi ad animare e a promuovere l’impegno dell’intera Chiesa — ai vari livelli:
Conferenze Episcopali, Diocesi, Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica, ecc. — a
mettere in atto le azioni necessarie per garantire la protezione dei minori e degli adulti vulnerabili e
dare risposte di giustizia e di misericordia.
Le famiglie devono sapere che la Chiesa non risparmia sforzi per tutelare i loro figli e hanno il
diritto di rivolgersi ad essa con piena fiducia, perché è una casa sicura. Non potrà, pertanto, venire
accordata priorità ad altro tipo di considerazioni, di qualunque natura esse siano, come ad
esempio il desiderio di evitare lo scandalo, poiché non c’è assolutamente posto nel ministero per
coloro che abusano dei minori.
Occorre altresì vigilare con attenzione affinché si dia piena attuazione alla Lettera circolare
emanata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, il 3 maggio 2011, per aiutare le
Conferenze Episcopali nel preparare linee-guida per il trattamento dei casi di abuso sessuale nei
confronti di minori da parte di chierici. E’ importante che le Conferenze Episcopali si dotino di uno
strumento per la revisione periodica delle norme e per la verifica del loro adempimento.
Al Vescovo diocesano e ai Superiori maggiori spetta il compito di verificare che nelle parrocchie e
nelle altre istituzioni della Chiesa venga garantita la sicurezza dei minori e degli adulti vulnerabili.
Come espressione del dovere della Chiesa di manifestare la compassione di Gesù verso coloro
che hanno subito abusi sessuali e verso le loro famiglie, le Diocesi e gli Istituti di vita consacrata e
le Società di vita apostolica sono esortati ad individuare programmi di assistenza pastorale, che
potranno avvalersi dell’apporto di servizi psicologici e spirituali. I Pastori e i responsabili delle
comunità religiose siano disponibili all’incontro con le vittime e i loro cari: si tratta di occasioni
preziose per ascoltare e per chiedere perdono a quanti hanno molto sofferto.
Per tutti questi motivi, chiedo la vostra collaborazione piena e attenta con la Commissione per la
Tutela dei Minori. Il lavoro che ho affidato loro comprende l’assistenza a voi e alle vostre
Conferenze, attraverso il reciproco scambio di “prassi virtuose” e di programmi di educazione,
formazione e istruzione per quanto riguarda la risposta da dare agli abusi sessuali.
Il Signore Gesù infonda in ciascuno di noi, ministri della Chiesa, quell’amore e quella predilezione
per i piccoli che ha caratterizzato la Sua presenza fra gli uomini e che si traduce in una speciale
responsabilità per il bene dei minori e degli adulti vulnerabili. Ci aiuti Maria Santissima, Madre
della tenerezza e della misericordia, a compiere con generosità e rigore il nostro dovere di
riconoscere umilmente e di riparare le ingiustizie del passato e ad essere sempre fedeli al compito
di proteggere coloro che Gesù predilige”.

Tutto questo non deve essere bastato alla Collins che si è così espressa: “Ho inviato la mia lettera di dimissioni dalla pontificia commissione per la protezione dei minori a Papa Francesco (per conoscenza al cardinale O’Malley) il nove febbraio del 2017, con effetto dal primo marzo 2017”, da quando la commissione ha iniziato i suoi lavori a marzo del 2014 sono stata impressionata dall’impegno dei miei colleghi e dal genuino desiderio di Papa Francesco di avere assistenza nell’affrontare il tema degli abusi sessuali del clero. Credo che costituire la commissione e coinvolgere esperti esterni per consigliarlo su cosa fosse necessario per rendere più sicuri i minori sia stata una mossa sincera”.
“Tuttavia – prosegue Collins – nonostante che il Santo Padre abbia approvato tutte le raccomandazioni fattegli dalla commissione, vi sono stati costanti ostacoli. Ciò è stata la causa diretta della resistenza da alcuni membri della Curia vaticana al lavoro della commissione. La mancanza di cooperazione, in particolare da parte del dicastero più direttamente coinvolto nell’affrontare i casi di abuso è stata vergognosa”, afferma Collins in trasparente riferimento alla congregazione per la Dottrina della fede, il dicastero incaricato dei dossier sui preti pedofili.
“Alla fine dell’anno scorso, una semplice raccomandazione, approvata da Papa Francesco, è andata a questo dicastero per un piccolo cambiamento di procedura nel contesto della cura delle vittime e dei sopravvissuti. Al tempo stesso è stata rifiutata anche una richiesta di cooperazione si un tema fondamentale del lavoro della commissione in merito alla salvaguardia. Mentre penso che la commissione riuscirà a superare questa resistenza, per quanto mi riguarda è la goccia che fa traboccare il vaso”.
Il cardinale O’Malley “mi ha invitato a continuare ad essere parte dei progetti di formazione compresi quelli per la Curia e i nuovi vescovi, e sono contenta di accettare. Questa sarà l’area sulla quale mi concentrerò. Auguro alla pontificia commissione per la protezione dei minori il meglio per il futuro”. Marie Collins era stata invitata, già durante il pontificato di Benedetto XVI, ad un seminario sulla pedofilia del clero organizzato dalla Pontificia università Gregoriana.
La Collins (ricordiamo vittima di abusi da parte di un sacerdote) appare amareggiata ed è ben lontana da quando nel 2012 piena di entusiasmo aveva esternato ai media il suo ottimismo sul simposio con bene altre parole.
“Il fatto stesso che la Chiesa abbia deciso di svolgere un simposio del genere è così importante!” aveva dichiarato poi aggiungendo: “In quanto vittima, ho molto criticato la Chiesa, ho – se così vuole – sofferto per mano della mia stessa diocesi quando ho voluto portare la persona che aveva abusato di me davanti alla giustizia. Ma noi non possiamo vivere nel passato: dobbiamo andare avanti. E la cosa più importante – l’unica cosa importante – è la sicurezza dei bambini. E da un simposio come questo, io spero che i leader della Chiesa possano trarre maggiore conoscenza e comprensione dell’argomento, e imparare come far sì che tutto questo possa non accadere, come mettere in atto strategie che possano prevenire tutto questo… Non sarà mai ripetuto abbastanza spesso quanto questo sia importante. Ho una grande preoccupazione, ed è che le linee-guida messe in pratica non siano sufficienti. E’ indispensabile che ci siano conseguenze per ogni membro della gerarchia ecclesiastica che non faccia mettere in pratica queste linee-guida. Non serve a nulla avere le parole sulla carta, se a queste poi non segue l’azione. E’ evidente che la questione degli abusi non è limitata alla Chiesa: è nella società. Ma se la Chiesa potesse indicare alla gerarchia come prevenire questo male terribile, questo darebbe un grande contributo alla guarigione e aiuterebbe le persone che hanno perso tanto – che sono state ferite profondamente dal modo in cui la Chiesa ha trattato questo fenomeno fino ad oggi – a ritrovare il rispetto.
Non è tanto quello che chi commette l’abuso ti fa fisicamente: è piuttosto come ti fa sentire psicologicamente. Mi feci un’opinione brutta di me stessa e per questo ho sviluppato una visione di me come di una persona cattiva, una persona indegna. Non volevo che nessuno ne sapesse niente. La gente si chiede: ma perché i bambini non raccontano quello che accade loro? E’ perché pensano che siano proprio loro ad aver fatto qualcosa di male, per questo non possono raccontare. Cresce dentro di loro la consapevolezza che c’è qualcosa in loro che è molto cattivo, che non va. Nel mio caso, questo ha portato a una forma grave di depressione: sono diventata fobica, mi sono venuti gli attacchi di panico, non riuscivo a rimanere al lavoro, non riuscivo a lavorare, ero continuamente ricoverata in ospedali psichiatrici… Ci ho messo 30 anni per riuscire a raccontare tutto ad un medico e a farmi aiutare. Quando sono stata capace di raccontare, di tornare indietro e affrontare questa faccenda, quindi da 15 anni a questa parte, non sono più caduta in depressione, non ho avuto stati di ansia. Quindi, secondo me, quanto prima si riesce a capire che un bambino è stato vittima di abuso – e quanto prima si riesce ad aiutarlo, facendolo parlare, aiutandolo con la terapia – tanto prima si riesce a salvare il resto della sua vita.
Mi sono impegnata tanto a lavorare con la Chiesa, a casa, ho collaborato con il Comitato che ha steso le linee-guida per la tutela dei bambini, ho lavorato nella diocesi di Dublino per organizzare l’Ufficio per la tutela dei bambini… Eppure, ancora oggi, praticare la mia religione mi riesce molto, molto difficile. Io voglio essere cattolica, voglio rimanere nella Chiesa, mi ci attacco con le unghie e con i denti e voglio venire a termini con questa storia. Perché la mia speranza è che alla fine, la mia Chiesa riuscirà a rimediare. C’è tanta mancanza di rispetto e di fiducia a casa, nel mio Paese, è stato tutto così devastante… E quello che è stato tanto devastante non è stato scoprire che all’interno della Chiesa ci sono persone che commettono abusi: nella società succede ovunque, nelle squadre di calcio, tra gli allenatori di nuoto, tra gli insegnanti… E’ stato scoprire che queste persone erano protette da uomini che avrebbero dovuto proteggere i bambini: questo è quello che ha arrecato tanto danno alla fede e alla fiducia della gente ed è questo che ha fatto tanto male alla mia fede e alla mia fiducia. Ma non ho perso la mia fede in Dio e in Gesù: questo non è cambiato in alcuna maniera……




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